29/10/10

Le atomiche tutte in Italia

di Tommaso Di Francesco, Manlio Dinucci

L'Alleanza atlantica non smantella le testate Usa in Europa come promesso da Obama e le ridisloca ad Aviano
«Finché vi saranno armi nucleari, la Nato rimarrà un'alleanza nuclearizzata»: è questa la direttiva di Washington che il segretario generale dell'Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen sta trasmettendo e che gli alleati europei hanno approvato alla riunione dei ministri della difesa, svoltasi a Bruxelles il 14 ottobre, in preparazione del vertice dei capi di stato e di governo il 19-20 novembre a Lisbona. In altre parole, gli Stati uniti manterranno in Europa un arsenale nucleare. Eppure nello «storico» discorso di Praga del 5 aprile 2009, il presidente Barack Obama dichiarava che gli Stati uniti faranno passi concreti verso un mondo senza armi nucleari, rafforzando il Trattato di non-proliferazione che impegna i paesi nucleari ad eliminarle e quelli non-nucleari a non acquisirle. Lasciava quindi intendere di essere favorevole alla rimozione delle armi nucleari statunitensi dall'Europa. Su questa base, cinque membri europei della Nato - Germania, Belgio, Lussemburgo, Norvegia e Olanda - avevano espresso l'intenzione di sollevare la questione al summit di Lisbona.
Moderne e iper-penetranti
Come stanno invece le cose emerge dal rapporto U.S. non-strategic nuclear weapons in Europe: a fundamental Nato debate, presentato in questo fine ottobre da un comitato dell'Assemblea parlamentare della Nato. Anzitutto esso conferma che non si conosce quante siano esattamente le armi nucleari non-strategiche (con gittata inferiore ai 5500 km) che gli Usa mantengono in quattro paesi europei della Nato - Italia, Belgio, Germania, Olanda - e in Turchia. Secondo una stima al ribasso, citata nel rapporto, sarebbero 150-200, di cui 70-90 in Italia (ad Aviano e Ghedi-Torre). Secondo altre stime, almeno il doppio. Sono bombe B-61 in diverse versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore della bomba di Hiroshima). Tra queste, probabilmente, la B61-11 che può penetrare nel terreno così da creare, con l'esplosione nucleare, un'onda d'urto capace di distruggere obiettivi sotterranei. Tutte queste bombe sono tenute in speciali hangar insieme ai cacciabombardieri F-15, F-16 e Tornado, pronti per l'attacco nucleare.
Il rapporto conferma che esistono «accordi nucleari bilaterali» segreti, in base ai quali una parte di queste armi può essere usata dalle forze armate dei paesi ospitanti una volta che gli Usa ne abbiano deciso l'impiego. Ma, si ricorda nel rapporto, i fautori del controllo degli armamenti sostengono che «la Nato ha la responsabilità di porre fine a tale pratica di condivisione nucleare», poiché viola il Trattato di non-proliferazione: esso vieta agli stati in possesso di armi nucleari di trasferirle ad altri (Art. 1) e a quelli non-nucleari di riceverle da chicchessia (Art. 2).
Il silenzio del governo italiano
Tra l'opzione di mantenere le armi nucleari Usa in Europa così come sono e quella di ritirarle completamente, vi sono delle proposte intermedie. La più accreditata, secondo il rapporto, è quella della US Air Force di «raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche». Secondo la maggior parte degli esperti, «le località più probabili per tale ridislocazione sono le basi sotto controllo Usa di Aviano, in Italia, e Incirlik, in Turchia». Significativo, rileva il rapporto, è che alla riunione dei ministri degli esteri della Nato nell'aprile 2010, la questione delle armi nucleari Usa in Europa è stata sollevata da Germania, Belgio e Olanda, mentre Italia e Turchia sono rimaste in silenzio. Ciò lascia presupporre che il governo italiano abbia già dato segretamente il suo consenso al piano di rimuovere le armi nucleari Usa da Germania, Belgio e Olanda per raggrupparle ad Aviano, dove verrebbero trasferite anche quelle di Ghedi-Torre.
Ad Aviano è dislocato il 31st Fighter Wing, composto di due squadriglie di cacciabombardieri F-16 - 510th Fighter Squadron e 555th Fighter Squadron. La sua missione è quella di «fornire potenza di combattimento da un capo all'altro del globo per conseguire gli obiettivi degli Usa e della Nato». Potenza anche nucleare, come mostra l'emblema del 510th Fighter Squadron in cui, accanto all'aquila imperiale, vi è il simbolo dell'atomo con tre fulmini che colpiscono la terra.

13/10/10

IL CORAGGIO DELLA VERITÀ

«Mi sono rotto», aveva scritto su Facebook uno dei militari feriti, e ieri uno dei parenti all'arrivo delle bare a Ciampino si è rivolto così al ministro La Russa: «Godetevi lo spettacolo». Se sulla tragedia afghana i diretti interessati hanno avuto parole così disperate e irrituali, che dire dell'ansia monumentale di Piero Fassino che vuole un mausoleo per i militari italiani caduti in «missione di pace»?
È possibile che Fassino dopo anni di guerre definite spudoratamente missioni di pace, non abbia ancora capito. Il fatto è che le guerre giustificate per «salvare i civili» e «la pace», sono uno degli assi portanti del Partito democratico che così appare adeguato a governare, con assunzione della guerra in un'ottica di legittimità «costituente». All'interno di quell'asse bipolare che fa sì ormai che le guerre, come quella in Afghanistan, siano votate da entrambi gli schieramenti e sostenute anche dai governi di centrosinistra, basta ricordare la guerra jugoslava. Allora il responsabile esteri del Pd ripete che in Afghanistan le truppe italiane non stanno facendo la guerra, contro ogni evidenza. Contro quel che avviene sul campo, contro le dichiarazioni dei nostri soldati, contro i ringraziamenti del comandante in capo, il generale Petraeus, e in contraddizione con i ministri in carica che ora, di fronte alle troppe disfatte, avvertono la necessità «elettorale» del ritiro.
Sarebbe utile sapere dalla sinistra in guerra quali risultati abbia raggiunto finora di quelli dichiarati in partenza. I talebani dilagano nei due terzi del paese, rioccupano le aree da poco conquistate dalle truppe Usa e Nato, Karzai - che tratta separatamente con i talebani - è stato eletto con i brogli e le ultime elezioni sono state disertate, i soldati afghani sono impreparati e infiltrati, il conflitto si è esteso al Pakistan, i signori della guerra comandano, l'obiettivo attuale è comprare i talebani, i civili sono il target dei raid aerei e dei droni. A proposito di vigliaccheria degli agguati talebani, come definire l'azione di scaricare sui villaggi, in anonimato d'alta quota, tonnellate di Cruise e cluster bomb intelligenti perché rientrano nei target definiti a migliaia di chilometri di distanza, nel centro di comando di Tampa in Arizona? Il politically correct degli «italiani brava gente» non funziona più. Il ministro La Russa chiede al parlamento che gli aerei Amx siano armati di bombe, ma la verità è che noi già siamo protagonisti della guerra aerea afghana con il ruolo degli alti ufficiali italiani che decidono i raid aerei nel comando unificato di Tampa.
In effetti, di un mausoleo ci sarebbe bisogno: per le vittime civili. Fin dalla guerra «umanitaria» jugoslava, dove i raid della Nato provocarono 3.500 vittime civili secondo il nuovo governo di Belgrado. Fassino le ha dimenticate, La Russa si fa forte di questa dimenticanza. E la moltiplica, con le vittime civili della guerra «cattiva» all'Iraq, e con quelle bipartisan in Afghanistan. Sono decine e decine di migliaia dicono le stime degli organismi umanitari e dell'Onu. È la consapevolezza oggettiva di questo crimine che terrà lontano il terrorismo da casa nostra o non è piuttosto il contrario, come avverte lo stesso Obama? Non sono ormai in sopravanzo la conta dei morti e il principio di vendetta che hanno ispirato l'attacco all'Afghanistan dopo l'11 settembre?
Il rispetto che dobbiamo ai militari italiani caduti è reale solo se esercitiamo il coraggio della verità. Sono morti per salvare un'alleanza militare che non ha più ragione di esistere ma che rappresenta, dentro la crisi, l'unica consistenza materiale dell'Occidente dopo l'89. E noi dichiariamo che non voteremo più per partiti di sinistra o per una coalizione di centrosinistra che non rispetti, non solo a parole, l'articolo 11 della Costituzione.

di Tommaso Di Francesco