24/06/08

No al Nucleare, Sì all'Energia Pulita

L'alternativa 'onesta', 'sana', di rispetto! ENERGIA PULITA
La verità, unica è che con l'impennata del prezzo del petrolio rende conveniente e 'dovrebbe' far rifiorire l'energia pulita! Tra i progetti più cretivi: trappole per l'aria, isole d'energia, serpenti marini ...

Ricavare energia dal Sole dei deserti africani:
è l'obiettivo di Desertec, progetto da 400 milirdi di euro promosso dal fisico tedesco Gerhard Knies e dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia.
Sei ore. Costruendo un migliaio di impianti a torre solare da 100 MW sullo o,3% dell'area sahariana, si potrebbe fornire energia non solo al Nord Africa ma anche all'Europa.
Secondo Knies, in meno di 6 ore arriva sui deserti una quantità di energia pari a quella consumata in un anno in tutto il mondo.

Così il mare può darci l'elettricità.
L'energia del mare si può ricavare in 5 modi: dalle correnti, dalle onde, dalle maree, dalle correnti di marea e sfruttando la differenza di calore tra superfice e fondali.
Correnti. L'Unione Europea ha identificato circa 100 siti adatti per ricavare energia elettrica dalle correnti marine: si stima che così si possono produrre 75 Gigawatt (75 miliardi di Watt), abbastanza da soddisfare le esigenze della comunità europea. In Italia, uno dei luoghi più promettenti (per la presenza di forti correnti) è lo stretto di Messina.


Soledotti euroafricani
La super rete energetica immaginata dal progetto Desertec: ogni stato mette a disposizione di tutti le proprie energie rinnovabili.











Ecologica dal tetto in giù
Casa a Taos (Usa): costruita con plastica, vetro e carta riciclati e alimentata da pannelli solari.
















Imbuto per correnti.
Lago Lagoda (Russia): il progetto "diga del vento" (2,5 milioni di $).
E' una vela di 75 x 75 m: posta in una valle, indirizza il vento verso le pale eoliche.














Le Centrali galleggianti.
Isole artificiali che producono elettricità, acqua potabile e cibo, sfruttando le calde acque tropicali: sono le "energy islands" ideate dall'architetto britannico Alex Michaells.
Di tutto. Sulla superfice sono previsti impianti eolici e una torre solare; al centro, un impianto idroelettrico converte il calore delle acque tropicali in elettricità e acqua potabile; turbine sottomarine catturano l'energia delle correnti. Sotto di esse, allevamenti di pesce. Ogni centrale può sviluppare 73 MW di energia, sufficenti per alimentare 33 mila abitazioni.
Il modulo è adattabile anche ai nostri mari. Magari per produrre idrogeno.

perchè investire nel nucleare? per arricchire chi? Scandalo Italia non si smentisce mai!

dal sito: www.zonanucleare.com

L' ecomafia dei rifiuti in Italia

Le attività illecite legate allo smaltimento dei rifiuti hanno avuto, negli ultimi anni, un allarmante sviluppo. E’ il nuovo volto dell’ecomafia che ai profitti derivati dall’abusivismo edilizio ha affiancato quelli determinati dal traffico illegale di rifiuti. Secondo Legambiente, che nel gennaio dello scorso anno ha presentato il rapporto "Le nuove frontiere dell’Ecomafia", l’intero business supera i 21 mila miliardi di lire all’anno.

Il preoccupante fenomeno ha il suo epicentro nel Mezzogiorno dove si registra il 40 per cento dei 78 mila reati contro l’ambiente denunciati nel triennio ‘94-96. Le regioni più interessate sono, infatti, la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e la Calabria, ma il triste primato di illegalità ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti sia a quello del cemento, spetta alla Campania. Nell’area vesuviana la Guardia di Finanza ha sequestrato un numero impressionante di discariche abusive, anche di grosse dimensioni (una di queste presentava un’estensione di ben 4 km e una profondità di 30 m!), utilizzate per smaltire illegalmente sia i rifiuti urbani che quelli tossico nocivi (che richiederebbero, invece, specifici trattamenti, da effettuarsi in adeguati impianti, prima del loro smaltimento). Si tratta, in genere, di discariche illegali realizzate all’interno di ex cave per l’estrazione, altrettanto illegale, di sabbia e inerti. Il meccanismo è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia: parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce alla trasformazione delle cave in discariche per ogni sorta di rifiuti.

Tra i clan mafiosi delle province di Caserta e Salerno si è diffusa una nuova e
inquietante pratica che consiste nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione di vasche per l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare invece come discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Una grossa fetta del traffico di rifiuti provenienti dal Nord è destinato anche alla provincia di Matera, che presenta un territorio particolarmente idoneo a questo tipo di attività in quanto scarsamente abitato e con numerose vie d’accesso. In quest’area sono stati riscontrati ripetuti smaltimenti abusivi lungo il fiume Basento, con conseguenti episodi di morie di pesci, mentre una vicina discarica consortile si trova in condizioni di semi abbandono!

Ecco le modalità tipiche delle organizzazioni mafiose: i camion carichi di rifiuti giungono, nelle ore notturne, in corrispondenza di buche che, dopo essere state riempite, vengono immediatamente coperte. I fanghi di depurazione e i rifiuti industriali liquidi, formalmente destinati a inesistenti impianti di depurazione e riciclaggio, sono più spesso sversati direttamente nel territorio.

discarica illegale di rifiuti in sicilia: una delle attività preferite dall' ecomafia

Accanto all’incontrollato diffondersi di velenose ferite inferte al suolo si moltiplicano anche gli episodi di inquinamento delle acque marine. Si tratta in genere di vere e proprie "carrette" dei mari, coperte da premi di assicurazione per incidenti di questo tipo, che consentono all’organizzazione mafiosa di realizzare un evidente duplice affare! Al largo della costa salernitana sono state rinvenute, invece, le più tradizionali discariche marine, determinate dallo scaricamento in mare del pericoloso contenuto delle stive, come testimoniano i rifiuti che più volte restano impigliati nelle reti utilizzate per la pesca a strascico. [1]


Ogni anno in Italia, su un volume complessivo di 108mila tonnellate di rifiuti, 35mila vengono smaltite attraverso modalità non corrette o del tutto illecite
dalle organizzazioni criminali, come Cosa Nostra in Sicilia, la 'Ndrangheta in Calabria, la Sacra Corona Unita in Puglia o la Camorra napoletana, incaricate della raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio.
In base al "Documento sui traffici illeciti e le ecomafie", approvato dalla Commissione parlamentare nell’ottobre del 2000, e ad alcune inchieste in corso presso le Procure di Asti e Roma, emergono alcuni particolari inquietanti: la maggior parte dei rifiuti tossici provenienti dall’Italia finirebbe in Somalia. Alcuni testimoni, sentiti dai magistrati nel corso delle inchieste, hanno dichiarato che la cosiddetta "strada dei pozzi" — nota a tutti in Somalia come "strada della cooperazione italiana" — è una strada che non va e non viene da nessuna parte, poiché unisce tre gigantesche discariche abusive. Gli stessi testimoni narrano di lavori di interramento di rifiuti tossici compiuti da operai italiani muniti di apposite tute, ma più spesso affidati a manodopera locale del tutto ignara dei gravi rischi per la salute.
Altro luogo "eletto" allo smaltimento illecito dei rifiuti sembra essere il Mozambico, vera e propria discarica mondiale. Secondo un’inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Milano, in questo Paese opera dal 1996 una società (filiale mozambicana di un gruppo argentino) specializzata nell’installazione di impianti per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere. L’impresa ha ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni per importare rifiuti da ogni parte del mondo; il problema (documentato) è che non esiste nessun impianto e migliaia di tonnellate di pattumiere di ogni tipo, provenienti da tutti i continenti, giacciono in una enorme discarica a cielo aperto. Le connivenze delle autorità mozambicane sono evidenti. [2A]

Ed è ormai quasi fuor di dubbio il perchè della morte della giornalista Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin avvenute in Somalia durante la missione ONU “Restore Hope” nel 1994, sebbene l' autorità giudiziaria ad oggi non ha ancora accertato chi furono i mandanti del duplice omicidio.
Secondo l’avvocato di Giorgio e Luciana Alpi, gli inquirenti dovrebbero accertare che l’omicidio di Ilaria Alpi non sia stato proprio un omicidio “di Stato”. Infatti Ilaria Alpi stava da mesi indagando su un presunto traffico di armi e rifiuti tossici (soprattutto scorie nucleari) tra Italia e Somalia. Un traffico di interesse strategico per una nazione che ha bisogno di terreno per insabbiare rifiuti e l’altra (perennemente in guerra civile) che vuole essere pagata soprattutto con armi.
Ilaria Alpi aveva lasciato molte tracce in questa direzione, ma non sono mai state seguite. Se non da uno dei tre magistrati che ha preso in mano l’inchiesta: Giuseppe Pititto, il quale, nel ‘97, con una motivazione pretestuosa, è stato esonerato dall’incarico. [2B]



Ma restando in Italia, è in Campania il «triangolo della monnezza», tra Qualiano, Giugliano e Villaricca: qui, a 25 chilometri da Napoli, comincia l' area che nel piano regolatore della camorra è stata assegnata alla sepoltura illecita dei rifiuti. E' una zona ampia, divisa tra i clan che controllano il Napoletano e il gruppo dei Casalesi. Qui la ricchezza ha cambiato fonte. Una volta il fatturato veniva dagli ortaggi, dalle primizie, dalla falanghina, dal turismo. Oggi viene dalla diossina, dai metalli pesanti, dai fenoli, dai pcb. Secondo il Rapporto Ecomafia 2003 della Legambiente, la gestione dei rifiuti pericolosi in Italia frutta 2 miliardi e mezzo di euro all' anno.
E basta girare una giornata nelle stradine che portano alle discariche, nella zona che va dal Napoletano a Casal de Principi, per capire che una parte significativa di questi proventi viene dalla Campania: lo segnala l' abbondanza dei camion accompagnati dalle Mercedes e l' assenza delle auto della polizia e dei carabinieri. Chi è della zona sa quando può passare e quando è meglio tirare dritto facendo finta di niente: è più salutare distrarsi mentre i Tir si fermano per scaricare una parte dei 6,7 milioni di tonnellate di rifiuti speciali che ogni anno spariscono nel nulla grazie al collaudato sistema del «giro di bolla», la contraffazione delle certificazioni di provenienza necessarie al trasporto.
Del resto i rifiuti costituiscono solo un segmento del ciclo di lavorazione della malavita organizzata. Qui la camorra prima ha guadagnato scavando illegalmente le cave. Poi riempiendo i buchi con i rifiuti pericolosi. Infine costruendoci sopra le case. La tragedia è che questo sistema illegale è l' unico che qui dà lavoro.
Il prezzo da pagare per quest' economia clandestina è pesante. Secondo la Asl di Giugliano i decessi per malattie tumorali sono saliti dal 27, 5 per cento del 1994 al 31, 4 del 1996. E nell' agro aversano i tumori per i quali è stata chiesta l' esenzione dal ticket sono passati dai 131 casi del 1996 ai 560 del 1999.
La chiusura dei conti con il passato è il nodo mai sciolto. Love Canal, la più famosa discarica degli Stati Uniti, quella che inquinava la cascate del Niagara, è stata bonificata grazie a lavori durati 21 anni e costati 400 milioni di dollari. In Campania invece il patto «nuovi impianti a regola in cambio della bonifica del pregresso» non è stato rispettato. Così l' inquinamento procede a strati, come in uno scavo archeologico: sotto i rifiuti tossici e forse radioattivi degli anni d' oro dell' ecomafia, sopra quelli degli scarichi abusivi più recenti, in cima gli ultimi rifiuti, quelli che godono di un bollo di ufficialità che si sta appannando. [3A]


Un po’ di storia recente fa capire esattamente cosa c’è in gioco dietro questa emergenza. La camorra ha sempre fatto la parte del leone nel settore rifiuti, con lo smaltimento illegale e con la compiacenza di tutte le autorità. Di fronte allo scoppio dell’emergenza del 1994, il governo pensò bene di creare dei commissari speciali preposti alla gestione del problema. Dapprima sono stati i prefetti a svolgere questo incarico e poi successivamente i presidenti delle regioni, che, data la qualifica di commissari speciali per l’emergenza, possono usare una legislazione che permette loro di scavalcare tutte le legislazioni di ogni ordine, emettendo ordinanze appunto speciali.

Primo presidente regionale ad essere commissario fu Antonio Rastrelli, di AN, che progetta un piano per la regione Campania nel quale si prevede di costruire in Campania cinque termovalorizzatori (o inceneritori o termodistruttori che dir si voglia): due per Napoli e Provincia e tre per le altre Province. Tuttavia non furono mai realizzati sia per la ferma opposizione della popolazione dei centri di prevista localizzazione dei siti sia perché la giunta non ebbe il tempo necessario poiché cadde l’anno seguente. Questo piano sarà riscritto più volte a causa dell’approvazione del Decreto Ronchi, dove cambiarono i parametri e i riferimenti normativi. Comunque l’ultima versione della proposta Rastrelli prevedeva sette impianti di stoccaggio (dove i rifiuti sono trasformati in compost e quindi in combustibile) e due termovalorizzatori di elevata potenza.

Così si effettua la gara di appalto, alquanto singolare: il commissario speciale non propone nessuna zona dove costruire gli impianti, ma lascia la scelta alle aziende che vinceranno la gara, col solo obbligo di costruirlo in zona ASI (area sviluppo industriale, cioè la zona a cavallo fra le province di Napoli e Caserta in questo caso) e senza alcun controllo di alcuna istituzione. Di fronte a tale prospettiva semplicemente incredibile anche la Commissione Europea ha denunciato l’Italia per non osservanza delle norme riguardanti la valutazione dell’impatto ambientale. Nonostante ciò la regione Campania procedette all’assegnazione degli appalti (nel frattempo l’Udeur aveva fatto cadere la giunta Rastrelli).

Vince l’appalto la FIBE, consorzio imprenditoriale capeggiato dall’Impregilo di Cesare Romiti, vittoria ottenuta grazie a prezzi più bassi e macchinari più vecchi, la FIBE individua come siti in cui costruire termovalorizzatori Acerra e Battipaglia, che in seguito alla sua dichiarazione di zona prevalentemente agricola e alle pressioni delle varie confraternite diessine della zona, viene sostituita con Santa Maria la Fossa, centro agricolo della piana del Volturno e in provincia di Caserta.

Bassolino vince le elezioni regionali con un programma nel quale si diceva chiaramente di revocare il commissariamento straordinario e l’opposizione a qualsiasi inceneritore. Ma, dopo le elezioni, prevale la scelta della continuità amministrativa: Antonio Bassolino è il nuovo commissario ai rifiuti e procede con il progetto degli inceneritori. Cominciano le proteste ad Acerra, dove si costituisce un Comitato contro l’inceneritore; mentre Bassolino commissiona lo studio del territorio alla SOGIN (sì, la stessa di Scanzano Ionico). Serrate cittadine, occupazioni del territorio, scioperi si susseguono, ma ad oggi la situazione è lungi dall’essere risolta.

Le proteste si estendono anche e soprattutto nelle zone dove ci sono le discariche. In Irpinia, nel Sannio, nell’Agro Aversano, dovunque ci sono mobilitazioni spontanee periodicamente contro la devastazione del territorio. Ma il grosso limite è il campanilismo, è la mancanza di seri coordinamenti territoriali che possano unificare la lotta, perché la camorra gioca un ruolo fondamentale in tutto questo. Nelle campagne della zona del Volturno ci sono discariche a cielo aperto del tutto abusive dove vengono gettati i rifiuti di molte industrie, anche del Nord, e nessuno dice niente. I sindaci si preoccupano solo di passarsi i sacchetti da sversare (l’esempio è lo scontro fra il sindaco di Aversa, della Cdl e l’ulivista primo cittadino di Marcianise). Ma dopo tanti sforzi fatti nel tentativo di tenere a bada la problematica dei rifiuti, il presidente della regione Bassolino si è visto obbligato alle dimissioni da Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, invocando la nomina di un commissario governativo per risolvere la situazione. E così il Consiglio dei Ministri ha quindi nominato nel febbraio 2004 l’ex prefetto Corrado Catenacci (area FI) come nuovo Commissario per l’emergenza rifiuti. [4]


Dunque il "progetto per un ciclo virtuoso" che avrebbe dovuto far tornare alla normalità la regione Campania che da dieci anni vive in emergenza, si basava su tre pilastri:
- il primo è la bonifica delle discariche selvagge (che non c' è stata).
- il secondo sono gli impianti da cui, attraverso la selezione dei rifiuti, doveva uscire il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR), un materiale che, con involontaria ironia, è stato chiamato «ecoballe»
- il terzo era la costruzione di inceneritori che, visto il quoziente di fiducia nelle istituzioni, continuano ad essere respinti a furor di popolo.

«La selezione non funziona: il cosiddetto cdr è in realtà molto simile al rifiuto tal quale», accusano Ruggiero e Del Giudice. «Il cdr risponde ai requisiti di legge», replica Armando Cattaneo, amministratore delegato della Fide Fisia, la società del gruppo Impregilo che ha vinto la gara per la gestione dei rifiuti in Campania. «In Campania si producono 7.300 tonnellate di rifiuti al giorno. Ne trasformiamo il 35 per cento in cdr. Il che significa che produciamo 1.900 balle al giorno. Basterebbe riuscire a costruire i termovalorizzatori per chiudere il cerchio e risolvere il problema».
Non sono in molti a nutrire tanto ottimismo. Ad esempio il presidente della Commissione bicamerale rifiuti, Paolo Russo, ha ricavato un' immagine diversa da un' ispezione di tre giorni in Campania: «La qualità del cdr racchiuso nelle balle è un punto fondamentale. Parlando con i sindaci e con la gente del posto si sente sempre ripetere che si tratta sostanzialmente di rifiuto tal quale. Per l' Agenzia per la protezione ambientale della Campania invece è tutto in regola. Ma, secondo l' Agenzia per la protezione ambientale di un' altra Regione, la situazione è irregolare. Ora se veramente avessimo accumulato e disseminato sul territorio un milione e 300 mila balle di rifiuti sarebbe un disastro nel disastro: questo materiale è stato trattato senza precauzioni particolari perché tutti erano convinti che fosse combustibile. E' un sospetto agghiacciante e per chiarire la questione ci siamo rivolti a un istituto internazionale di chiara fama. Ma resta il fatto che a Napoli, a Milano, a Palermo, il Comune gestisce i rifiuti nel suo territorio. Mentre in Campania ci sono territori di serie A, che producono i rifiuti, e territori di serie B, che li devono smaltire senza trarne benefici».
Per risolvere il problema ci sarebbe anche un' altra soluzione, quella suggerita dagli ambientalisti e dall' Unione Europea: diminuire la quantità di rifiuti attraverso una raccolta differenziata molto efficiente. Il fatto che nella provincia di Nola siano arrivati a raccogliere in questo modo il 60 per cento dei rifiuti dimostra che la Campania sarebbe in grado di competere con le aree super ecologiste nel Nord Europa.
[3B]

Rifiuti per le strade: ormai la situazione si ripropone periodicamente in molti paesi della Campania, principalmente nelle province di Napoli e Caserta

Ecco perchè è singolare l' emergenza rifiuti della Campania:
- è stata pianificata con cura in modo da garantirsi che durerà per lo meno altri tre anni (tanto tempo ci vuole per costruire almeno un termovalorizzatore)
- viene alimentata dal continuo arrivo di rifiuti provenienti dalle regioni settentrionali
- collima perfettamente con l' allarme della magistratura sull' attivismo dell' ecomafia.

Enrico Fontana, responsabile dell' Osservatorio ambiente e legalità della Legambiente, ricostruisce la surreale vicenda campana come un meccanismo sapientemente montato per raggiungere lo scopo.
Era già tutto previsto?
«Se non era previsto era prevedibile. Partiamo dall' ultimo dato. La Campania si trova inondata di rifiuti perché tre impianti per la produzione del CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) si sono dovuti fermare avendo saturato le aree di stoccaggio provvisorio per le ecoballe prodotte dagli impianti gestiti dalla Fisia-Italimpianti, l' azienda che ha vinto la gara e che avrebbe dovuto costruire anche i termovalorizzatori per bruciare successivamente le ecoballe».
Ed è questo un punto: al momento non è stato ancora costruito nessuno dei 2 termovalorizzatori previsti in Campania e da qui l'immenso accumulo di ecoballe. Infatti, come detto, la costruzione dei termovalorizzatori è ancora bloccata dalle contestazioni locali e da ricorsi alla magistratura.
Quanto spazio occorre per queste ecoballe, volendo usare una parola che sembra coniata da un umorista?
«Questo è il punto. Per la Campania servono due ettari al mese. E nella migliore delle ipotesi per costruire i termovalorizzatori occorreranno altri tre anni. Il che vuol dire che bisognerebbe trovare 72 ettari disponibili, l' equivalente di 72 campi di calcio. Bastava fare una semplicissima moltiplicazione per capire che lo stoccaggio provvisorio avrebbe rappresentato un serio problema. Non è stato fatto perché si continua a inseguire la soluzione super tecnologica invece di prestare attenzione all' approccio ecologico, che in questo caso suggerisce di ridurre i rifiuti attraverso una radicale raccolta differenziata».
Adesso per far posto alle ecoballe ci sono due soluzioni: o riaprire le vecchie discariche (un' emergenza all' interno dell' emergenza) oppure sperare nella "solidarietà" di altre regioni italiane.
«Riaprire le vecchie discariche gestite allegramente negli anni Ottanta e oggetto di molte inchieste della magistratura è un paradosso».
Ma esiste un' alternativa?
«Esiste. Il primo è un' indagine a tappeto su cementifici, centrali elettriche e altri impianti in grado di bruciare da subito le ecoballe campane. Il secondo è l' uso dei poteri straordinari del commissario per imporre la raccolta differenziata secco umido. Lanciare questa raccolta significa sia ridurre i volumi totali in gioco semplificando il problema che migliorare la qualità del combustibile da rifiuti, oggi assai dubbia secondo lo stesso presidente della Commissione parlamentare d' inchiesta sul ciclo dei rifiuti».
In pratica si tratta di mettere in un sacchetto la parte organica della spazzatura, gli avanzi della cucina..
Chi ha interesse a non farlo?
«Una risposta la offre la relazione del procuratore generale presso la Corte di appello Vincenzo Gargano all' inaugurazione dell' anno giudiziario 2003. Leggo il virgolettato: "Le indagini hanno evidenziato come l' emergenza rifiuti avrebbe spinto talune amministrazioni ad affidare i servizi di smaltimento dei rifiuti "senza regolari gare". Da tale situazione hanno tratto beneficio personaggi vicini ad organizzazioni criminali di tipo camorristico".
La presa dell' ecomafia è ancora in crescita?
«Ormai siamo alla camorra diffusa. Per togliere i rifiuti dalle strade, dove sono sotto gli occhi di tutti, e magari buttarli in un prato sopra una falda idrica ma lontano da sguardi indiscreti, si usano i camioncini della camorra». [5]


Con un decreto legge varato il 6 ottobre 2006 dal Consiglio dei Ministri è stato nominato Guido Bertolaso come nuovo commissario all' emergenza rifiuti in Campania, al posto del dimissionario Corrado Catenacci.
Guido Bertolaso è attualmente anche il capo del Dipartimento della Protezione Civile e pertanto per permettere uno svolgimento delle sue nuove funzioni sarà affiancato da Carlo Alfiero, che sarà un co-commissario che agirà a livello paritetico. Inoltre è intenzione del nuovo commissario ridurre in tempi breci l' attuale struttura commissariale della Regione Campania composta da circa 100 persone al momento e incrementare quanto più possibile la raccolta differenziata. [6]


Il periodo di commissariamento sotto il comando di Guido Bertolaso è costellato da
diverse proteste nei luoghi in cui si apre un sito di stoccaggio di rifiuti o di
ecoballe (Parapoti presso Montecorvino Rovella, Acerra, Villaricca, Terzigno, Taverna
del Re presso Giugliano e tanti altri...). [7]

Inoltre a metà 2007 il Governo attribuisce a Bertolaso il compito di redarre il nuovo "Piano di gestione integrata dei rifiuti", sentendo il Commissariato bonifiche e la consulta regionale sui rifiuti. Questo piano doveva indicare i punti per avere finalmente il passaggio dalla gestione commissariale alla gestione ordinaria.
Nel piano viene affermata l' importanza di tre termovalorizzatori: Acerra, Santa Maria La Fossa (che nel 2007 attende ancora il completamento delle procedure VIA) e Salerno (il sindaco di Salerno De Luca infatti propose una autocandidatura della sua città quale sede di un terzo termovalorizzatore).
Ai termovalorizzatori sono affiancati i 7 impianti di CDR (già in funzione, costruiti in due anni), da ammodernare per elevarne la produttività e per migliorare la qualità del CDR prodotto da conferire al termovalorizzatore. E a termine dei lavori di nuova messa a punto degli impianti di CDR il rapporto finale che si dovrebbe avere: 60% di CDR da conferire ai termovalorizzatori e 40% per le discariche. Di discariche ci sarà in ogni caso bisogno, dunque, ed ecco l' importnza di definire e predisporre fin da subito nuovi siti per nuove discariche. [8]

Tuttavia quando Bertolaso individua un sito a Serre (in provincia di Salerno) presso la località Valle Masseria in una zona a ridosso dell' Oasi del WWF, inizia una lunga disputa che coinvolgerà anche il Ministro dell'Ambiente Pecorario Scanio. Alla fine nel maggio 2007 si decide che la discarica si farà a Serre ma nella località Macchia Soprana in un sito indicato dalle autorità locali e ritenuto idoneo dai tecnici del Ministero dell'Ambiente. Tale provvedimento soddisfa il Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, anche se il sito individuato a Serre alternativamente risulta decisamente con meno capienza. [9]


Ma nel luglio 2007 Guido Bertolaso non sarà più commissario e al suo posto il Governo nomina il prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Nello svolgimento delle sue attività il prefetto Pansa è assistito e coadiuvato, oltre che dalla Regione stessa, anche dal ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio, nonché dal Dipartimento per lo Sviluppo delle Economie Territoriali attraverso l'Unità speciale di concertazione per lo sviluppo economico dell'area metropolitana di Napoli. [10]

Nel dicembre 2007 la situazione peggiora in modo drammatico con una vera paralisi del sistema della raccolta dei rifiuti dalle strade della Campania (in particolare delle provincia di Napoli e Caserta). Il Consiglio dei ministri il 28 dicembre nomina un nuovo Commissario Gestore dell'emergenza rifiuti in Campania: il prefetto Umberto Cimmino. [11]

La situazione diventa tanto estrema che anche l' Unione Europea inizia a chiedere maggiori informazioni su quello che sta succedendo ed intanto esplode la protesta dei cittadini per la riapertura della gigantesca discarica di Pianura (ormai da dieci anni chiusa). Seguono giorni di totale caos. Il Governo risponde l' 8 gennaio 2008 definendo il piano per superare l'emergenza rifiuti in Campania e nominando come nuovo Commissario Gianni De Gennaro, ma questa volta con diversi nuovi poteri per derogare a varie normative.
I punti chiave per cercare di superare la situazione di emergenza totale in cui la Campania è piombata sono:
- per un periodo limitato di soli 120 giorni il prefetto Gianni De Gennaro (ex capo della polizia e fino al gennaio 2008 capo di gabinetto del ministro dell' Interno Giuliano Amato) diventa Commissario
- usare quanto prima i siti individuati dalla legge 87 del 5 luglio 2007, cui se ne aggiungeranno altri ritenuti utili dalla autorità competenti per fronteggiare l' emergenza
- la Regione Campania deve essere dotata di almeno tre termovalorizzatori ad Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno e di un numero sufficiente di discariche tali da consentire l' autosufficienza regionale a medio termine nella gestione dei rifiuti
- i Comuni campani dovranno elaborare un piano per la raccolta differenziata nei prossimi due mesi e poi avranno a disposizione 60 giorni per realizzarlo. La mancata attuazione nei tempi stabiliti determinerà l'immediato commissariamento dei comuni inadempienti
- per fronteggiare l'emergenza saranno coinvolte le forze armate (l' uso dell' Esercito
è limitato a finalità logistiche). [12]

Dopo 2 settimane dal suo insediamento il supercommissario Gianni De Gennaro delinea quindi alcuni punti:
- riaprire 5 vecchie discariche: Cava Riconta a Villaricca (Napoli), Difesa Grande
(Avellino), Parapoti (Salerno), Tre Ponti di Montesarchio (Benevento) e solo in parte
Pianura (dove sembra ormai deciso il sequestro probatorio dell'invaso della vecchia
discarica, ma l'invio di migliaia di balle di rifiuti nel cratere "nuovo", mai utilizzato)
- allestire ed aprire 4 nuove discariche: Terzigno (Napoli; nel parco del Vesuvio, area per la quale la Presidenza del Consiglio ha dovuto firmare pochi giorni fa una deroga speciale in base alla quale poter scaricare non solo frazione organica, ma anche rifiuti dalla strada), Savignano Irpino (Avellino), Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento) e Macchia Soprana presso Serre (Salerno; Macchia Soprana è già attiva ma si prevede un ampliamento della sua capacità di accoglienza)
- attivare 11 siti di stoccaggio provvisori: i capannoni della Manifattura Tabacchi (un sito su cui si consuma ancora il braccio di ferro con i cittadini e con i no global di un vicino centro sociale); la Icm, rione Ponticelli; la Italimpianti di Acerra; l'area di Pomigliano Ambiente, comune di Pomigliano; lo stabilimento Saint Gobain, Caserta; la Geo-Eco di San Tammaro, casertano; l'impianto di compostaggio di Aversa; l'area Asi di Giugliano e il sito Campo Genova a Giugliano; il sito di Ercolano nell'ambito del Parco del Vesuvio e un nuovo sito nell' avellinese. [13]

Nell' aprile 2008 Berlusconi vince le elezioni e tra le priorità del suo programma c'è il voler porre fine all' emergenza rifiuti a Napoli e in Campania. Con un decreto legge varato il 21 maggio 2008 vengono definiti i punti per fronteggiare la situazione:
- nomina di Guido Bertolaso a sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all' emergenza rifiuti
- apertura di discariche in tutte le cinque province campane. I luoghi verranno resi noti solo con la pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale
- i Comuni che ospiteranno impianti avranno compensazioni ambientali
- chiusura di sette impianti di combustione dei rifiuti e trasformazione di essi in impianti per il compostaggio di qualità
- la Campania dovrà dotarsi di quattro termovalorizzatori: Acerra, Santa Maria La Fossa, Salerno ed ora anche Napoli (il sindaco di Napoli ha 30 giorni per indicare a Bertolaso il sito dove costruire il termovalorizzatore, altrimenti Bertolaso potrà scegliere da solo)
- i Comuni che non rispettano gli obiettivi fissati per la raccolta differenziata dei rifiuti rischiano sanzioni. Bertolaso, se verificherà la mancata attuazione delle norme delle ordinanze decise per affrontare l' emergenza rifiuti potrà nominare immediatamente commissari ad acta che si sostituiranno alle amministrazioni comunali
- pene più severe per chi crea disordini e ostacola la gestione dei rifiuti in Campania. Le discariche saranno considerate "aree di interesse strategico nazionale" e saranno presidiate dalle forze dell' ordine. Chi si introduce nelle discariche o ne impedisce l' accesso rischia l' arresto da tre mesi a un anno e chi crea difficoltà nella gestione dei rifiuti che vanno in discarica rischia l' arresto fino a un anno o fino a cinque se si è promotori di disordini
- la direzione distrettuale antimafia di Napoli sarà l' unico soggetto competente nell' occuparsi di tutti i procedimenti per reati in materia ambientale e di rifiuti (esautorando quindi i normali pubblici ministeri "per evitare che un pm possa adottare singole azioni cautelari in via d'urgenza e bloccare così il ciclo dei rifiuti") [14]

Con la pubblicazione del decreto legge "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania" sulla Gazzetta Ufficiale si è poi saputa la lista dei siti da destinare a discarica: Sant' Arcangelo Trimonte (BN) - località Nocecchie; Savignano Irpino (AV) - località Postarza; Serre (SA) - località Macchia Soprana; Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); Terzigno (NA) - località Pozzelle e località Cava Vitiello; Napoli - località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); Caserta - località Torrione (Cava Mastroianni); Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; Serre (SA) - località Valle della Masseria [15]

fonti:

http://www.zonanucleare.com/dossier_italia/ecomafia_rifiuti.htm
http://www.kontrokultura.org/archivio/ecomafia.html [1]
http://www.narcomafie.it/news_archivio/news_2001_2.htm [2A]
http://www.report.rai.it/argomenti.asp?e=2004 [2B]
http://www.ecodallecitta.it/notizia.php?id=1451 [3A e 3B]
http://www.marxismo.net/varie/rifiuti_campania0304.html + aggiunte da http://www.meteoazzurro.com/termovalorizzatori_e_problematiche.htm [4]
http://www.ecodallecitta.it/old/giu2003/rifiuti/facchiemergenza/senzaraccodiff.htm [5]
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/09/rifiuti.shtml [6]

http://news.international.rai.it/news/mostra.php?idn=1006 [7]
http://www.regione.campania.it/portal/mediatype/html/user/anon/page/
HOME_DettaglioRegioneInforma.psml?itemId=2512&ibName=
NotiziaHomePage&theVectString=0
[8]
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/serre-discarica/cambia-sito/cambia-sito.html [9]
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/rifiuti/bertolaso-via/
bertolaso-via.html
[10]
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/
notizie/__ministro/0881_2008_01_02_nomina_commissario_gestore_emergenza_
rifiuti.html_96129636.html
[11]
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/rifiuti-2/prodi-rifiuti/
prodi-rifiuti.html
[12]
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/rifiuti-4/piano-de-gennaro/piano-de-gennaro.html [13]
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/rifiuti-8/rifiuti-scheda-cdm/rifiuti-scheda-cdm.html [14]
http://www.agi.it/news/notizie/200805241625-cro-rt11077-art.html [15]

20/06/08

Salviamo la legge Gozzini!

Salviamo la legge Gozzini!

Una legge che crea Sicurezza

Il Disegno di legge “Berselli” (n. 623), che mira a ridurre drasticamente i “benefici penitenziari”, abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative, a nostro avviso rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società.

Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare SICUREZZA?

Si respira, nella società libera, sempre più paura e ansia per la sicurezza e per la qualità della propria vita, e in carcere intanto, tra le persone detenute cresce l’ansia che nessuno “fuori”, abbia più voglia di riaccogliere chi ha commesso reati, ma ha anche iniziato un faticoso percorso di reinserimento. C’è una legge, così importante, che permette a chi sta in galera di avviare un lento rientro nella società fatto di piccoli passi, che vanno dai permessi premio alle misure alternative alla detenzione, e di coltivare in ogni caso la speranza che ci sia sempre un’altra possibilità nella vita, ed è la legge Gozzini. Una legge che vogliamo difendere con forza, perché in questi anni ha permesso a migliaia di persone di ricostruirsi un futuro decente dopo il carcere.

Dicono che tenere le persone più tempo in galera garantisca a chi sta fuori in libertà, una vita meno esposta a rischi. Non è così, non è affatto così. Ci sono i numeri a dire il contrario, a dire che, tra chi si fa la galera fino alla fine, il 69% torna a commettere reati, e tra chi invece esce prima, ma gradualmente con le misure alternative, la recidiva è del 19%.

E comunque, al di là delle statistiche, dovrebbe essere il buon senso a far capire, se raffreddiamo i toni e torniamo a ragionare, che una persona che cominci un percorso di rientro nella società, controllato e con tappe chiare, sarà meno incattivita, spaesata, priva di riferimenti di una, scaraventata fuori dalla galera a fine pena, a fare indigestione di libertà e di solitudine.

Il recupero a una convivenza civile di chi ha commesso reati rappresenta senza ombra di dubbio il miglior strumento di tutela della società, mentre tenere in carcere una persona fino alla fine della condanna produce un apparente ed illusorio senso di sicurezza, quando in realtà il problema è soltanto rimandato: un giro di vite alla legge Gozzini non comporterebbe quindi la diminuzione dei reati, ma semmai un quasi sicuro aumento.

Il problema è che si fa sempre un gran rumore quando un detenuto in semilibertà commette dei reati, e sono davvero eventi rari (lo 0,24 %), mentre non si parla quasi mai delle centinaia di persone che proprio grazie alle misure alternative al carcere, come la semilibertà, sono riuscite a lavorare, a formarsi una famiglia e a costruirsi una vita dignitosa nella legalità.

Il sospetto è che, quando si parla di certezza della pena, si faccia un grande errore. Si dice che bisogna tenere le persone in galera fino all’ultimo giorno, ma in questo modo si vuole impedire di fatto ai condannati di ritornare gradualmente nella legalità. Mentre secondo noi certezza della pena deve significare processi più rapidi e che abbiano una fine certa.

Bisognerebbe allora avere l’onestà di chiedere per tutti certezza della giustizia, e dei suoi tempi, e non certezza della galera. E bisognerebbe anche avere il coraggio di fare un bilancio serio, e di dire che il senso di umanità verso i condannati, anche quelli col “fine pena mai”, è una garanzia per tutti: certo, lo è per noi che stiamo in carcere, e per i nostri famigliari, che spesso sono le nostre prime vittime, ma lo è anche per i cittadini “per bene”, perché vivere in una società che sa riaccogliere è una scuola di umanità, di equilibrio e di serenità che, alla lunga, costituisce una garanzia di maggior sicurezza per tutti.

Padova, 18 giugno 2008

La Redazione di “Ristretti Orizzonti”


Per aderire all'appello inviare un messaggio a redazione@ristretti.it

14/06/08

Il razzismo «de noantri»

di Alessandro Dal Lago da 'Il Manifesto' del 13 giugno'08

Dall'entrata in carica del governo Berlusconi, la persecuzione degli stranieri, dei migranti, dei rom e dei cittadini italiani sinti è divenuta capillare e ossessiva. Si direbbe inoltre che il razzismo di strada sia in qualche modo coordinato o in sintonia con l'attivismo istituzionale: controlli della polizia sugli autobus, sgomberi dei nomadi, rastrellamenti di prostitute e transessuali, schedatura dei sinti, decreti che attuano principi discriminatori e incostituzionali come l'aggravante dei reati per clandestinità.
La risposta politica a questa tenaglia xenofoba è inesistente. La sinistra radicale ex parlamentare sembra ancora frastornata dalla batosta elettorale, mentre l'opposizione di sua maestà, a parte dichiarazioni rituali, collabora con il governo. Fa impressione vedere un Veltroni negoziare qualsiasi cosa con Berlusconi, magari i suoi spazi tv mentre la polizia rastrella i rom. La magistratura, a cui pure si devono le poche critiche argomentate al pacchetto sicurezza, sembra attestata su una difesa dei propri spazi e prerogative. Ma ciò che appare inaudito, in una cosiddetta democrazia liberale, è l'atteggiamento della stampa (sulla tv meglio sorvolare). A parte la campagna xenofoba di Libero o del Giornale, i cosiddetti giornali indipendenti insistono sull'«insicurezza dei cittadini», mentre a essere minacciati e umiliati, giorno per giorno, sono esseri umani, cittadini italiani e no, discriminati in base all'origine. I quotidiani riportano gli episodi di razzismo istituzionale, quando si degnano di riportarli, con un tono indifferente o sbarazzino. Non si può definire quello che sta avvenendo in Italia se non come fascistoide. In primo luogo, per l'impunità di cui sembrano godere gli aggressori (Napoli) o anche per la vera e propria simpatia (il vendicatore del Pigneto, che sarebbe uno di sinistra, de noantri, secondo la Repubblica). Ma anche per l'evidente copertura istituzionale, come nelle incredibili dichiarazioni di Bossi dopo i roghi di Napoli, al solito accolte dai media come simpatiche manifestazioni di goliardia. Quando definisco fascistoide la svolta italiana mi riferisco al fatto banale che è promossa dalle istituzioni in un quadro formalmente democratico, e che forse resterà tale. Ma in questo non vedo alcuna consolazione. A parte il fatto ben noto che la storia si ripresenta sempre in forma di farsa, che le istituzioni perseguitino nomadi e «diversi» (compresi cittadini italiani) con l'appoggio dell'opinione pubblica o magari della maggioranza degli elettori è un'aggravante e anche un motivo di angoscia. Tutto diviene possibile. Se e quando il governo deciderà di smettere di suonare la grancassa, la persecuzione continuerà in forme meno appariscenti ma comunque disumane: nomadi in fuga non si sa dove, con i loro bambini cacciati dalle scuole, gente costretta a stare almeno un anno e mezzo nei Cpt, donne perseguitate sui marciapiedi, annegamenti di migranti. Il dramma è che all'estero, al di là degli interventi di qualche parlamentare europeo e di organizzazioni come Amnesty, sembra che la gente non sappia o non ci creda. Ah, les italiens! L'anomalia italiana, il malato d'Europa, si dice alzando le spalle. Ma il problema non sono i nostri conti, cari burocrati europei. Se davvero si pensasse a questa svolta come a un'eccezione folcloristica si commetterebbe un errore di valutazione mortale. Che la persecuzione avvenga contro le minoranze e i marginali significa che le maggioranze, anche quelle non apertamente razziste e magari riformiste, possono continuare a bearsi ottusamente delle loro libertà e dei loro privilegi. Basta che non guardino e non vogliano sapere Come avrebbero dovuto insegnarci i casi olandese, austriaco e danese, l'Europa non è affatto protetta dalla xenofobia. Sugli stranieri e sui nomadi si possono scaricare l'insicurezza economica o esistenziale, la paura del futuro, la fine delle illusioni europee. Dovunque, un ceto politico cinico e avventurista può sfruttare, come avviene in Italia, l'insoddisfazione generale a fini di consenso. Non costa nulla. E qui si misura la miopia di chi, da noi, nella cosiddetta sinistra moderata, ha gettato benzina sul fuoco, corrodendo le basi antifasciste della prima repubblica, piagnucolando sui caduti di Salò, come se non fossero morti rastrellando i partigiani e collaborando con i nazisti, e quindi facilitando lo sterminio di ebrei, antifascisti, omosessuali e nomadi. Questo revisionismo straccione e mortuario per fortuna non è ancora passato in Europa, almeno ufficialmente. Nessuno si sognerebbe di resuscitare Pétain, Mosley, Quisling o altri emuli di un Giorgio Almirante, che oggi vogliono far passare per un padre della patria. Ma proprio perché gran parte dell'Europa è meno accecata che da noi (o resta legata a parole alle sue origini antifasciste), è necessario che la xenofobia italiana sia registrata, documentata e fatta conoscere all'esterno. Essere più o meno globalizzati, competere economicamente con il resto del mondo, e magari godere di una moneta forte, per far contenti quattro banchieri di Francoforte o gli esportatori americani, non è affatto incompatibile con forme più o meno larvate di fascismo. Anzi. Non sono solo i ceffi della Lega a governarci all'interno, ma anche l'erre moscia di Tremonti e il fanatismo burocratico del giovane Frattini a rappresentarci nel mondo. Attenti, europei con un minimo senso di decenza. Oggi, i pogrom cominciano nel pittoresco stivale mediterraneo, ma domani...

08/06/08

Venezia. Appello alle donne e agli uomini di buona volontà. Il progetto Sinti: la città cresce e migliora Petition


Venezia. Appello alle donne e agli uomini di buona volontà. Il progetto Sinti: la città cresce e migliora Petition

il testo:
cittadini, istituzioni e associazioni

Siamo donne e uomini impegnati in ambiti diversi, convinti che la nostra città possa crescere in integrazione e sicurezza, ricca delle proprie diversità e unita dalla condivisione di un destino comune, senza paura del futuro.


Siamo molto colpiti da quanto sta accadendo intorno al previsto insediamento per la comunità dei Sinti in via Vallenari a Mestre. Assistiamo con grande preoccupazione alla sistematica denigrazione di una comunità che da decenni, grazie a una generosa e lungimirante intuizione di una grande personalità cittadina, il vicario patriarcale mons.Valentino Vecchi, vive tra noi in modo sempre più integrato, proprio perché realizzato in positivo equilibrio tra la fedeltà alle proprie tradizioni e ai propri stili di vita e la condivisione delle fondamentali regole del vivere insieme, nell’adempimento dei doveri e nella disponibilità dei diritti che distinguono l’effettivo esercizio della cittadinanza.


La costruzione del nuovo insediamento nasce da questo percorso ed è davvero incomprensibile, se non in una logica di mera speculazione politica, che stia suscitando una tale campagna di ostilità e di criminalizzazione. Una campagna che, ricordiamo, colpisce cittadini italiani, veneziani, che lavorano regolarmente, che mandano regolarmente a scuola i loro figli, che vivono regolarmente (sia pure, naturalmente, con i limiti che tutti possiamo avere e gli errori che tutti possiamo compiere) e che, nel nuovo insediamento, pagheranno regolarmente l’affitto, l’acqua, il gas, la luce, come tutti, e le cui abitazioni, realizzate dall’amministrazione nel rispetto delle loro tradizioni e delle loro libere scelte, costeranno infine alla comunità molto meno di qualsiasi altra soluzione.


Per questo la strada civilissima e razionale scelta dal Comune di Venezia è quella più convincente e costruttiva, e per questo ci sentiamo di sostenerla. Per questo chiediamo l’appoggio di tutta la città, delle donne e degli uomini di buona volontà, affinché manifestino con noi in modo pubblico, scacciando gli spettri lividi della xenofobia e perchè, al contrario, anche all’opinione pubblica più ampia raggiunta in questi giorni da messaggi di odio, si riveli con forza il volto più maturo e consapevole di una città che sa guardare con lucidità al proprio presente e con fiducia al proprio futuro.


Sincerely,

The Undersigned

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