12/03/10

Chi profitta della crisi

Aspettando il Grecale - di Galapagos

Ieri in Grecia, oggi in Italia: milioni di lavoratori stanno scendendo nelle piazze chiedendo una politica economica diversa che faccia pagare la crisi soprattutto a chi con la crisi si è arricchito tanto. Come ci ha fatto sapere ieri la rivista Forbes (edita dal miliardario Steve Forbes) lo scorso anno i miliardari (con patrimonio superiore al miliardo) sono aumentati di oltre il 20%: da 793 a 1001. E tutti insieme posseggono una fortuna di 3.600 miliardi (quasi il doppio del PIL italiano) il 30% in più dell'anno precedente: Per loro la crisi è stata una benedizione.
Ma come è possibile arricchirsi in un anno di crisi nel quale il Pil mondiale è diminuito di quasi il 4%?
Semplice: facendola pagare ai lavoratori, riducendo ulteriormente la loro quota nella distribuzione dei redditi. Al tempo stesso proteggendo le enormi ricchezze depositate nelle banche, evitando di far fallire le banche. E stiamo parlando di "sussidi" per migliaia di dollari. Il tutto in base al principio che il capitale finanziario non può essere fatto fallire perché tutto il sistema economico gli crollerebbe dietro. Forse. Ma il risultato è evidente: decine di milioni di lavoratorihanno perso il posto di lavoro e il tasso di disoccupazione sfiora il 10%: Senza contare, come sostengono le Nazioni Unite, che il livello di povertà sta costringendo alla fame centinaia di milioni di persone. Nei paesi "arretrati", ma anche nel cuore dell'impero. E la crisi morde in profondità senza differenze nei paesi nei quali la flessibilità era massima (Stati Uniti e Spagna, tanto per fare un paio di esempi) e dove le garanzie per i lavoratori "erano" un pò più serie. Come in Italia. Erano, perché ora anche in Italia il lavoratore non ha più protezione: con l'abolizione di fatto dell'articolo "18" il capitale anche da noi ha ripreso il coltello dalla parte del manico, pronto a pugnalare.
La Cgil che oggi scende in piazza (in maniera un pò sfrangiata e dando l'impressione di aver indetto lo sciopero di 4 ore solo per problemi di rapporti interni) ha posto al primo punto proprio lo smantellamento dell'articolo 18. Purtroppolo fa tardivamente: la mobilitazione andava fatta prima che il parlamento approvasse il progetto degli ex (tanto ex) socialiti Brunetta e Sacconi. Lo sciopero è stato proclamato anche per la difesa della democrazia, del potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati e per la creazione di posti di lavoro. Il governo che due anni fa aveva lanciato l'elemosina della social card, ieri ha fatto di peggio: ha stanziato 300 milioni di euro per incentivare la ripresa dei consumi. Ogni italiano in media potrà ricevere 5 euro, ogni famiglia 15. Statistiche "false", ma che assumono significato quando si scopre che gli incentivi sono destinati anche per l'acquisto di motori per la nautica da diporto. Immaginiamo la fila di cassaintegrati Fiat o dei lavoratori Eutelia o dei piccoli imprenditori che fanno a pugni per gli incentivi!
Ma non è finita: ieri la Bce ci ha detto che la ripresa è lenta e la creazione di nuovi posti di lavoro è rinviata al fututo. Poi ha lanciato un avvertimento ai governi: preparatevi a un "exit Strategy", cioè a ridurre i deficit di bilancio provocati dalla crisi. Visto che il 90% degli aiuti è finito in mani ricche, l'avvertimento potrebbe sembrare buono. ma non è così: quando gli "gnomi" di Francoforte parlano lo fanno a senso unico. Il loro modello sono i provvedimenti greci: il blocco delle pensioni, la riduzione dei salari. In più, privatizzazioni e flessibilità. Il dramma è che molti sono convinti che Menenio Agrippa col suo "apologo" avesse ragione e che un mondo diverso non è possibile: gli schiavi debbono rimanere schiavi e i padroni, padroni per sempre.

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