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L'Alleanza atlantica non smantella le testate Usa in Europa come promesso da Obama e le ridisloca ad Aviano
TAGLIO BASSO | di Arianna Di Genova
CIVILTÀ IN PEZZI
Lettera aperta al governo in favore della cultura italiana
Contro la manovra, si uniscono Federculture, Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente, Civita
La manovra di Tremonti che tiene in scacco l'Italia che lavora (quella vera) continua a non far entrare in nessun emendamento la parola «cultura» e a tenerla accuratamente fuori la porta. Parola che persevera nella sua «invisibilità», facendo colare a picco il nostro paese in una recessione di civiltà. Così, dopo il drammatico incontro svoltosi al Maxxi lo scorso 6 luglio, alcune associazioni nazionali - Federculture, Civita, Fai, Italia Nostra, Legambiente e Wwf - hanno deciso di unire le loro firme per inoltrare una lettera aperta al presidente del consiglio Berlusconi, al ministro Sandro Bondi e a Giulio Tremonti, annunciado un allarme rosso.
In gioco, infatti, con i tagli alla spesa e i trasferimenti di beni agli enti locali (peraltro decurtati fino all'osso del loro budget), c'è la sopravvivenza stessa di un'intera fetta di patrimonio, non ultimo quello paesaggistico e ambientale. La tutela si fa impossibile così come la promozione - e meno che mai programmazione - dell'offerta culturale. La mortificazione dai contorni sadici di quel settore, l'unico che potrebbe consegnare l'Italia a una prospettiva futura, invece di farla sprofondare in un buco nero, risulta incomprensibile perché «anti-economica» e nefasta portatrice di una paralisi che bloccherebbe ogni crescita del paese. È quanto sottolineato anche da questo inedito «consorzio» di lavoratori, unanimi nello spedire la «cartolina di sos» al governo, con la speranza di trovare ascolto e di abbattere il muro dell'indifferenza.
Nel testo, le sei associazioni condividono la necessità di individuare gli sprechi di denaro, ma chiedono di salvaguardare le eccellenze e di salvaguardare i livelli dei servizi erogati ai cittadini, facendo leva sulla cultura vista come un tesoro in grado di attirare il capitale privato. «La manovra - scrivono - rischia di mettere in discussione il principio costituzionale di tutela e promozione del nostro patrimonio culturale, artistico e ambientale, sancito dall'articolo 9. La riduzione del 50% delle risorse destinate agli istituti culturali, quasi fossero tutti 'enti inutili', senza l'individuazione di criteri e parametri oggettivi che valutino l'effettiva esistenza di sprechi, decreterà un indiscriminato abbassamento dell'intervento pubblico per la cultura... Non si investe, anzi risultano ulteriormente penalizzate le ricchezze artistiche e l'industria creativa, che sono un volano per l'economia, la competitività locale, l'occupazione». Poi, l'affondo finale: «La recessione culturale è un danno troppo grave, che il paese non può permettersi e i cui effetti negativi si farebbero sentire per molti anni, ben al di là della crisi economica». Messo a punto lo stato delle cose, le associazioni reclamano dunque un'azione coraggiosa che colpisca le inefficienze e valorizzi la qualità delle iniziative; chiedono criteri selettivi e trasparenti e, soprattutto, un severo controllo del governo sui meccanismi del federalismo demaniale. La ricetta sarebbe utile anche per evitare l'emorragia di talenti e l'emigrazione intellettuale che affligge l'Italia da troppi anni.
«Obama, ferma l'esecuzione». Noi sottoscritti Le chiediamo di pronunciarsi contro la pena di morte per Mumia Abu-Jamal e per tutti quelli che nel mondo devono affrontare un'esecuzione. Questa forma di punizione finale è inammissibile in una società civilizzata e pregiudica la dignità umana (Onu- Moratoria Pena di Morte, Ris. 62/149, 18/12/2007). Mumia Abu-Jamal, famoso giornalista e scrittore afro-americano, è nel braccio della morte da quasi trent'anni. (...) Le chiediamo, come leader morale sulla scena mondiale, di richiedere una moratoria globale sulla pena di morte (...). Mumia Abu-Jamal è diventato un simbolo globale, la «Voce dei senza voce», nella lotta contro la pena capitale e contro gli abusi dei diritti umani. Più di 20.000 persone nel mondo stanno aspettando l'esecuzione, e oltre 3.000 di loro si trovano nei bracci della morte negli Stati Uniti. Il processo di Mumia Abu-Jamal del 1982 fu caratterizzato da irregolarità e razzismo, ed ebbe luogo a Philadelphia, città con una lunga storia di corruzione della polizia e di discriminazioni. Secondo Amnesty International (già Nobel per la pace), «molti aspetti del caso chiaramente non hanno rispettato le norme internazionali che salvaguardano i processi. La concessione di un nuovo processo a Mumia Abu-Jamal servirebbe gli interessi della giustizia. Il nuovo processo dovrà conformarsi alle norme internazionali della giustizia e non potrà consentire una nuova imposizione della pena di morte».
Per firmare l'appello in sostegno di Mumia Abu-Jamal: http://mumialegal.org
Ricevo e inoltro (senza commenti che è meglio)
Si erano inventati un emendamento proprio carino.
Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l'emendamento 1.707, quello che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori.
Firmatari, alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità".
Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino.
Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano "ci avete frainteso".
Poi, finalmente, un deputato del Pd ha scoperto i firmatari dell'emendamento 1707.
Annotateli bene:
sen. Maurizio Gasparri (Pdl),
sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania),
sen. Gaetano Quagliariello (Pdl),
sen. Roberto Centaro (Pdl),
sen. Filippo Berselli (Pdl),
sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania) e il
sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).
Per la cronaca, il sen. Bricolo era colui che proponeva il "carcere per chi rimuove un crocifisso da un edificio pubblico" (ma non per chi palpeggia o mette un dito dentro ad una bambina);
il sen. Berselli è colui che ha dichiarato "di essere stato iniziato al sesso da una prostituta" (e da qui si capisce molto...);
il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari "emendamenti per impedire i matrimoni misti";
mentre il sen Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che "i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone" (citazione di una frase di Mussolini).
...e ora votateli gente!
LUCA MARSI
Email: lucamarsi@triestegiovane.it
Cell. 347 98.33.464
Toccherà al poliziotto, sorprendendo il Pedofilo mentre abusa di un minore, decidere se si tratta di Reato grave o meno grave.
LUCA MARSI
Email: lucamarsi@triestegiovane.it
Cell. 347 98.33.464
La coalizione guidata da Berlusconi sta vergognosamente tentando ancora una volta di far passare la cosiddetta "legge bavaglio", che limiterebbe terribilmente i poteri del nostro sistema giudiziario nella lotta alla corruzione e rafforzerebbe la cultura dell’impunità. Clicca qui per firmare e unisciti ad altre 300,000 voci a favore della democrazia e della libertà d’informazione. |
Una piccola fotocamera digitale e la grande voglia di osservare una sconfinata metropoli.
Canon Ixus 75 ha permesso a Caterina Ongaro di muoversi con discrezione, agilità e disinvoltura a New York, catturando immagini dense di significato. Videomaker distante da ciò che è superficiale, con uno stile diretto e incisivo traduce le sue sensazioni in un approccio non banale verso la quotidianità, in cui coglie con intelligenza dettagli sommersi che rende tangibili.
Frames in NYC, nasce dall'incontro con Alessandro Lepore cantautore con influenze blues e rock, la cui voce graffiata si esprime in ballate che fanno vibrare cuore e stomaco. Le sue esperienze negli USA emergono in brani che profumano di chilometri e polvere, che lasciano sospesi in luoghi senza tempo governati da ritmo e poesia.
www.caterinaongaro.it
www.alessandrolepore.com
La Commissione Europea ha appena autorizzato la coltivazione di raccolti geneticamente modificati, mettendo i profitti della lobby degli OGM al di sopra delle preoccupazioni per la salute della pubblica opinione. Clicca in basso e aiutaci a sottoscrivere una petizione con un milione di cittadini che chiedono una ricerca indipendente ed una forte regolamentazione in materia di alimenti OGM: |
E dunque, siccome il nostro mestiere è quello di comunicare, e anche di fabbricare simboli se ne siamo capaci, noi di Carta abbiamo pensato di proporne uno. Non sappiamo se funzionerà, se abbiamo la capacità e la forza di diffondere a sufficienza l’idea, ma chissà. Il ragionamento è questo: dobbiamo trovare una parola-simbolo che unifichi i comitati (proibiti per legge) di cittadini contro le discariche (ma domani toccherà a quelli contro la Tav o la base di Vicenza o il Ponte sullo Stretto); i migranti la cui stessa vita viene negata; i rom, che sono l’ultimo gradino della scala; i lavoratori in nero, molti dei quali stranieri sans papier, ecc. Insomma, dire: guardate che, fatte le debite differenze, alla fine è con tutti voi che i Maroni e i Berlusconi se la stanno prendendo. E qual è la parola che può simboleggiare tutto questo? Forse “clandestino”, ci siamo detti: nella storia molte di queste parole spregiative, cariche di negatività, sono state impugnate da chi le subiva e sfacciatamente esibite. E come auto-denunciare la propria condizione di “clandestino”? Con un mezzo di comunicazione classico: una maglietta.
Detto e fatto, ecco la maglietta che semplicemente dichiara “Clandestino”, con un tocco in più nel fatto che la “o” finale è sostituita da una impronta digitale. E la filiera, per così dire, è garantita. Le magliette sono realizzate in Bangladesh da una delle prime esperienze di manifattura etica: le operaie hanno condizioni lavorative e salariali molto migliori della media nazionale e assistenza sanitaria garantita e sono importate da altraQualità, una delle più importanti centrali di commercio equo italiane; a stampare gli artigiani di Arte’ Grafica di Asti [www.promotus.it]: del prezzo finale (12 euro, compresa la spedizione) una certa percentuale va al progetto della “sartoria rom”, avviato nel campo rom di Quintiliani, periferia romana. A Carta vanno meno di due euro, giusto la fatica che ci mettiamo. Potete richiederla, potete indossarla in giro, visto che l’estate sarà caldissima, e potete anche rivenderla in botteghe, librerie, ecc. Se volete, potete guardare il sito bottega.carta.org, oppure scrivere a bottega@carta.org o ancora telefonare allo 0645495659.
- come acquistare la maglietta
Se non ci sono i giornalisti che scoprono gli operai sui tetti e i giudici che scoprono i reati, anche un delinquente può governare e il governo può raccontare la sua Italia immaginaria
In una democrazia normale, all’approssimarsi delle elezioni, si istituirebbero alla TV apposite trasmissioni di approfondimento e di dibattito politico. Così si faceva nel regime democristiano, nel quale furono istituite le “Tribune elettorali”, che ebbero grande successo. La mia piccola fama cominciò quando, giovane giornalista, feci a Togliatti una domanda a cui non seppe rispondere. C’era anche un giornalista socialdemocratico, che si chiamava Mangione, che era così aggressivo e sguaiato, che poteva prefigurare Ghedini.
Nell’Italia di oggi, invece, all’approssimarsi delle elezioni le trasmissioni di approfondimento e di dibattito politico si tolgono. Intanto si tolgono quelle, poi, se non stiamo attenti, si toglieranno anche le elezioni.
La motivazione ufficiale di questo digiuno politico-televisivo (del resto siamo in Quaresima) è che tali trasmissioni violerebbero la “par condicio”, cioè il fatto che tutti possano dire tutto. Ma le nostre trasmissioni di approfondimento politico, da Vespa a Santoro a Floris, sono ammalate proprio di par condicio; sulla base dell’ideologia secondo la quale tutte le idee sono eguali, e che a vincere debba essere il più scaltro e il più forte, i nostri “talk-show”, cioè i dibattiti spettacolarizzati, sono una zuffa senza esclusione di parole (e anche di occhiatacce e di smorfie di reciproco disgusto) dove tutto si può fare tranne che offrire una varietà di opinioni rispettabili ad edificazione e informazione dei telespettatori. Si tratta, peggiorata, dell’ideologia delle tavole rotonde, dove non si fa cultura, perché non c’è cultura dove non c’è né capo né coda, ma è assemblato un assortimento di prodotti, come negli scaffali dei supermercati, quando non c’è nessuna seria ragione per scegliere, a partire dalle etichette, un prodotto invece che un altro. Al contrario, nelle trasmissioni o nei discorsi considerati di parte, dove si segue un orientamento dichiarato, dove si offre un’argomentazione e si segue un filo, non ci sarà il battibecco paritario, ma almeno l’encefalogramma non è piatto.
Dunque non è perché non rispetterebbero la par condicio che le trasmissioni censurate non possono andare in onda. La ragione è esattamente l’inversa; Berlusconi ha sempre detto che un partito grosso e un partito piccolo non dovrebbero avere spazi uguali, ma differenziati secondo la rispettiva forza, in modo che i grossi diventino sempre più grossi e i piccoli sempre più piccoli, fino a scomparire. E quanto ad apprezzare la parità, non se ne parla nemmeno, dato che egli si è definito come un “primus super pares”: i pari sono gli altri, lui è il primo e sta sopra tutti: la parola sovrano – superanus – viene da lì, significa che sta sopra e non c’è nessun altro al di sopra di lui. Perciò è sciolto da ogni vincolo: assoluto.
Ma il togliere la politica dalle chiacchiere televisive (come nel fascismo la politica era interdetta nelle chiacchiere da bar) non è solo un atto di ordinaria censura: un furto di informazione, come dicono tutti quelli che protestano. È, ancora di più, la rivelazione del vero tarlo, della vera ossessione del presente regime: il rifiuto del controllo. In questo senso la stampa è esattamente come la magistratura; Berlusconi nega il potere di controllo dei magistrati, esattamente come nega il potere di controllo della stampa; e la ragione è molto semplice; se non ci sono i giudici che “dicono la giustizia” (giurisdizione) e nominano i reati con le inchieste, i processi e le sentenze, questi non esistono, e anche i fuorilegge possono governare; e se non ci sono i giornalisti che scoprono gli operai sui tetti, gli aquilani con le carriole e la spazzatura nel mar Tirreno, allora l’Italia non c’è, e il governo può raccontare un’altra Italia, la sua: un’Italia dove non c’è la crisi economica, non ci sono i licenziamenti, i terremotati sono contenti con le loro finte casette e non sono esuli da una città che Bertolaso non ha visto e che resterà distrutta, e la spazzatura è gloria del governo averla tolta di mezzo per sempre. E nemmeno si verrà a sapere che se la destra non presenta come si deve le liste, facendo cadere i propri stessi candidati, non è per un complotto dei nemici, ma perché in un finto partito unico la lotta tra gli “amici” è spietata.
Questo è il significato della crociata berlusconiana contro tutti i poteri di controllo, la magistratura, il Parlamento, la Corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica, la stampa, la televisione non sua, tutti faziosi, tutti comunisti: non solo dominare la realtà col potere, ma negare la realtà per fondare e preservare il potere.
Raniero La Valle ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967) quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in parlamento con Sinistra Indipendente; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’anno finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Nel 2008 è stato promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.
Siamo il malato d’Europa. L’Italia culla del diritto, il Paese di Cesare Beccaria è diventato il paese di Niccolò Ghedini, vede la sua Costituzione fatta a pezzi nei capisaldi: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, il diritto all’informazione libera, la tutela della salute e dell’ambiente. E non è tutto.
Il segno irreversibile di questa crisi non è solo in ciò che macroscopicamente appare nella straordinarietà di un capo del governo, re del conflitto d’interessi, plurinquisito che sfugge sistematicamente ai suoi processi: più drammaticamente la crisi democratica si svela nei silenzi, nei vuoti d’informazione delle tante a volte immense illegalità che vengono quotidianamente perpetrate, e che trovano il complice silenzio dell’informazione ufficiale.
Abbiamo letto anche in questi giorni, ma relegate tra le notizie seminascoste dello stillicidio di suicidi tra lavoratori licenziati ed imprenditori in difficoltà, della crisi e delle sue conseguenze non si parla, perché la crisi economica non esiste, non ci sono le cessazioni d’attività e le delocalizzazioni selvagge, per non compromettere il clima che deve restare comunque positivo intorno al Governo, come un incantesimo, veniamo trastullati da bambini inconsapevoli. Perché disvelare questa crisi significherebbe comprenderne la portata, le incongruenze del vuoto dell’azione di governo, le drammatiche conseguenze per migliaia di lavoratori e di famiglie. I suicidi sono la manifestazione di una società resa sempre più fragile, di persone abbandonate a se stesse ed alla loro disperazione nella solitudine totale.
I telegiornali non hanno potuto nascondere l’immenso danno causato dallo sversamento di migliaia di tonnellate di liquami nel Lambro e nel Po, naturalmente non trascurando di esaltare le prodigiose quasi miracolistiche capacità della Protezione Civile di Bertolaso di curare anche questa ferita; ma non ha trovato alcuno spazio la notizia, non meno grave, del disegno di legge approvato venti giorni fa dal Governo proprio a favore degli inquinatori, attraverso il declassamento delle pene per gli scarichi di materiali inquinanti. Chissà se non sia addirittura stata un’azione preventiva per alleggerire il carico di responsabilità per i delinquenti lombardi, però nessun quotidiano (nemmeno tra quelli vicini al centrosinistra) ha fornito questa informazione.
Penso che questa vera e propria crisi democratica richieda una profonda revisione politica innanzituttto per l’opposizione, finora troppo debole, per non dire del tutto inefficace; non solo perché non è risuscita a rovesciare Berlusconi, soprattutto perché appare, ancora ora, troppo a rimorchio di una concezione del potere politico come censo, forza separata, lontana dalle sensibilità e dalle aspettative del suo stesso elettorato.
La questione morale – in tutto l’arco delle sue variabili: dal malcostume individuale, alla corruzione diffusa, alle collusioni con mafie e massonerie – richiede una mobilitazione delle coscienze, un netto rifiuto di ogni debolezza; e pure invece finora è stata timida la risposta, quasi impacciata, come se “disturbare i manovratori del potere e dell’economia”, quand’anche compromessi da pratiche illegali, significhi danneggiare l’ordinato, si fa per dire, svolgimento “naturale” delle cose; come si può interpretare se non in questo senso l’imbarazzato silenzio verso il coinvolgimento di Steno Marcegaglia, padre del presidente della Confindustria e di un’impresa del suo gruppo, in un’indagine sul riciclaggio illegale di rifiuti tossici? Anche questa non è una notizia?
Serve uno scatto di dignità e di autonomia, il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, perché il Paese non cambierà se non si realizza una rivoluzione morale, se le forze sane, i cittadini che lavorano, non diventano protagonisti di un moto di vera e propria liberazione delle coscienze.
Il nostro è un Paese ormai spaccato, come se ci fossero due società: una parte che sa sempre cosa fare, che difende i suoi grandi o piccoli privilegi con tenace accanimento, l’Italia di quelli che non pagano le tasse, che costruiscono senza licenza edilizia, che la fanno quasi sempre franca. E gli altri che arrancano perché devono cavarsela da soli e tirano la carretta, i fessi!
Il sistema politico appare tutto collocato in quella prima parte, anche se per fortuna non è del tutto vero, ma lo sappiamo in pochi; l’antipolitica ed il qualunquismo sono l’altra faccia della sottomissione; la percezione è che non c’è la forza per una vera e propria svolta, che troppi fili, troppi legami tengono unite maggioranza ed opposizione in un’unica concezione del potere, questo è il sintomo vero di un “mal sottile” che semina sfiducia nel cittadino.
Come fare? Fortunatamente non tutto è fermo e le energie di una società comunque viva si stanno manifestando: le grandi manifestazioni dei viola, i tenaci comitati per la Costituzione, il popolo giallo dei lavoratori stranieri venuto numeroso e colorato alla ribalta, i sindacati dei lavoratori (in primis la CGIL e quelli di base), le associazioni, le reti, gli attivisti dell’ambiente, le forze avanzate della Chiesa cattolica, gli intellettuali non in sonno… L’Italia è fortunatamente ancora il Paese dell’intelligenza, delle grandi passioni civili di chi resiste indomitamente ai soprusi, al conformismo ed alla volgarità dilagate.
Da questa parte forte e diffusa della società deve partire un vasto ed articolato movimento unitario che sappia indicare alle forze politiche la strada di un profondo rinnovamento, cominciando dal rifiuto delle pratiche consociative, delle mezze misure, del “ma-anchismo” che ci ha condannato all’immobilità.
Occorre aver fiducia, ma è assolutamente necessario non mollare la presa perché questa destra un po’ disperata – come appare in questi giorni in cui molti nodi stanno venendo al pettine e, nonostante l’oblio, la sua crisi emerga in tutta l’inusitata gravità -, questa destra anticostituzionale può riservarci brutte sorprese. Quindi vigilanza democratica prima di tutto.
di Sergio CasertaSergio Caserta è nato a Napoli. Studi in materia giuridica ed economica, dirigente di organizzazioni ed imprese cooperative, attualmente vive a Bologna e si occupa di marketing e comunicazione d'azienda. Formatosi nel PCI di Berlinguer, coordina l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (www.arsinistra.net). Nel 2005 fu tra i promotori della rete "Unirsi" (www.unirsi.it). Già consigliere provinciale di Sinistra Democratica, oggi aderisce a Sinistra Ecologia e Libertà