04/03/10

Il silenzio che avvelena la democrazia

Siamo stati informati della legge nascosta che alleggerisce le pene a chi inquina e nasconde rifiuti tossici? Pochi giorni dopo ecco l’onda nera nel Po… Cosa è successo dell’inchiesta che indaga sui rifiuti pericolosi trafficati illegalmente dal padre della Marcegaglia, presidente di Confindustria? Informazione spenta e opposizione timida. Svegliamoci

Siamo il malato d’Europa. L’Italia culla del diritto, il Paese di Cesare Beccaria è diventato il paese di Niccolò Ghedini, vede la sua Costituzione fatta a pezzi nei capisaldi: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, il diritto all’informazione libera, la tutela della salute e dell’ambiente. E non è tutto.

Il segno irreversibile di questa crisi non è solo in ciò che macroscopicamente appare nella straordinarietà di un capo del governo, re del conflitto d’interessi, plurinquisito che sfugge sistematicamente ai suoi processi: più drammaticamente la crisi democratica si svela nei silenzi, nei vuoti d’informazione delle tante a volte immense illegalità che vengono quotidianamente perpetrate, e che trovano il complice silenzio dell’informazione ufficiale.

Abbiamo letto anche in questi giorni, ma relegate tra le notizie seminascoste dello stillicidio di suicidi tra lavoratori licenziati ed imprenditori in difficoltà, della crisi e delle sue conseguenze non si parla, perché la crisi economica non esiste, non ci sono le cessazioni d’attività e le delocalizzazioni selvagge, per non compromettere il clima che deve restare comunque positivo intorno al Governo, come un incantesimo, veniamo trastullati da bambini inconsapevoli. Perché disvelare questa crisi significherebbe comprenderne la portata, le incongruenze del vuoto dell’azione di governo, le drammatiche conseguenze per migliaia di lavoratori e di famiglie. I suicidi sono la manifestazione di una società resa sempre più fragile, di persone abbandonate a se stesse ed alla loro disperazione nella solitudine totale.

I telegiornali non hanno potuto nascondere l’immenso danno causato dallo sversamento di migliaia di tonnellate di liquami nel Lambro e nel Po, naturalmente non trascurando di esaltare le prodigiose quasi miracolistiche capacità della Protezione Civile di Bertolaso di curare anche questa ferita; ma non ha trovato alcuno spazio la notizia, non meno grave, del disegno di legge approvato venti giorni fa dal Governo proprio a favore degli inquinatori, attraverso il declassamento delle pene per gli scarichi di materiali inquinanti. Chissà se non sia addirittura stata un’azione preventiva per alleggerire il carico di responsabilità per i delinquenti lombardi, però nessun quotidiano (nemmeno tra quelli vicini al centrosinistra) ha fornito questa informazione.

Penso che questa vera e propria crisi democratica richieda una profonda revisione politica innanzituttto per l’opposizione, finora troppo debole, per non dire del tutto inefficace; non solo perché non è risuscita a rovesciare Berlusconi, soprattutto perché appare, ancora ora, troppo a rimorchio di una concezione del potere politico come censo, forza separata, lontana dalle sensibilità e dalle aspettative del suo stesso elettorato.

La questione morale – in tutto l’arco delle sue variabili: dal malcostume individuale, alla corruzione diffusa, alle collusioni con mafie e massonerie – richiede una mobilitazione delle coscienze, un netto rifiuto di ogni debolezza; e pure invece finora è stata timida la risposta, quasi impacciata, come se “disturbare i manovratori del potere e dell’economia”, quand’anche compromessi da pratiche illegali, significhi danneggiare l’ordinato, si fa per dire, svolgimento “naturale” delle cose; come si può interpretare se non in questo senso l’imbarazzato silenzio verso il coinvolgimento di Steno Marcegaglia, padre del presidente della Confindustria e di un’impresa del suo gruppo, in un’indagine sul riciclaggio illegale di rifiuti tossici? Anche questa non è una notizia?

Serve uno scatto di dignità e di autonomia, il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, perché il Paese non cambierà se non si realizza una rivoluzione morale, se le forze sane, i cittadini che lavorano, non diventano protagonisti di un moto di vera e propria liberazione delle coscienze.

Il nostro è un Paese ormai spaccato, come se ci fossero due società: una parte che sa sempre cosa fare, che difende i suoi grandi o piccoli privilegi con tenace accanimento, l’Italia di quelli che non pagano le tasse, che costruiscono senza licenza edilizia, che la fanno quasi sempre franca. E gli altri che arrancano perché devono cavarsela da soli e tirano la carretta, i fessi!

Il sistema politico appare tutto collocato in quella prima parte, anche se per fortuna non è del tutto vero, ma lo sappiamo in pochi; l’antipolitica ed il qualunquismo sono l’altra faccia della sottomissione; la percezione è che non c’è la forza per una vera e propria svolta, che troppi fili, troppi legami tengono unite maggioranza ed opposizione in un’unica concezione del potere, questo è il sintomo vero di un “mal sottile” che semina sfiducia nel cittadino.

Come fare? Fortunatamente non tutto è fermo e le energie di una società comunque viva si stanno manifestando: le grandi manifestazioni dei viola, i tenaci comitati per la Costituzione, il popolo giallo dei lavoratori stranieri venuto numeroso e colorato alla ribalta, i sindacati dei lavoratori (in primis la CGIL e quelli di base), le associazioni, le reti, gli attivisti dell’ambiente, le forze avanzate della Chiesa cattolica, gli intellettuali non in sonno… L’Italia è fortunatamente ancora il Paese dell’intelligenza, delle grandi passioni civili di chi resiste indomitamente ai soprusi, al conformismo ed alla volgarità dilagate.

Da questa parte forte e diffusa della società deve partire un vasto ed articolato movimento unitario che sappia indicare alle forze politiche la strada di un profondo rinnovamento, cominciando dal rifiuto delle pratiche consociative, delle mezze misure, del “ma-anchismo” che ci ha condannato all’immobilità.

Occorre aver fiducia, ma è assolutamente necessario non mollare la presa perché questa destra un po’ disperata – come appare in questi giorni in cui molti nodi stanno venendo al pettine e, nonostante l’oblio, la sua crisi emerga in tutta l’inusitata gravità -, questa destra anticostituzionale può riservarci brutte sorprese. Quindi vigilanza democratica prima di tutto.

di Sergio Caserta
Sergio Caserta è nato a Napoli. Studi in materia giuridica ed economica, dirigente di organizzazioni ed imprese cooperative, attualmente vive a Bologna e si occupa di marketing e comunicazione d'azienda. Formatosi nel PCI di Berlinguer, coordina l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (www.arsinistra.net). Nel 2005 fu tra i promotori della rete "Unirsi" (www.unirsi.it). Già consigliere provinciale di Sinistra Democratica, oggi aderisce a Sinistra Ecologia e Libertà

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