Visualizzazione post con etichetta ecomafia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ecomafia. Mostra tutti i post

04/03/10

Il silenzio che avvelena la democrazia

Siamo stati informati della legge nascosta che alleggerisce le pene a chi inquina e nasconde rifiuti tossici? Pochi giorni dopo ecco l’onda nera nel Po… Cosa è successo dell’inchiesta che indaga sui rifiuti pericolosi trafficati illegalmente dal padre della Marcegaglia, presidente di Confindustria? Informazione spenta e opposizione timida. Svegliamoci

Siamo il malato d’Europa. L’Italia culla del diritto, il Paese di Cesare Beccaria è diventato il paese di Niccolò Ghedini, vede la sua Costituzione fatta a pezzi nei capisaldi: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, il diritto all’informazione libera, la tutela della salute e dell’ambiente. E non è tutto.

Il segno irreversibile di questa crisi non è solo in ciò che macroscopicamente appare nella straordinarietà di un capo del governo, re del conflitto d’interessi, plurinquisito che sfugge sistematicamente ai suoi processi: più drammaticamente la crisi democratica si svela nei silenzi, nei vuoti d’informazione delle tante a volte immense illegalità che vengono quotidianamente perpetrate, e che trovano il complice silenzio dell’informazione ufficiale.

Abbiamo letto anche in questi giorni, ma relegate tra le notizie seminascoste dello stillicidio di suicidi tra lavoratori licenziati ed imprenditori in difficoltà, della crisi e delle sue conseguenze non si parla, perché la crisi economica non esiste, non ci sono le cessazioni d’attività e le delocalizzazioni selvagge, per non compromettere il clima che deve restare comunque positivo intorno al Governo, come un incantesimo, veniamo trastullati da bambini inconsapevoli. Perché disvelare questa crisi significherebbe comprenderne la portata, le incongruenze del vuoto dell’azione di governo, le drammatiche conseguenze per migliaia di lavoratori e di famiglie. I suicidi sono la manifestazione di una società resa sempre più fragile, di persone abbandonate a se stesse ed alla loro disperazione nella solitudine totale.

I telegiornali non hanno potuto nascondere l’immenso danno causato dallo sversamento di migliaia di tonnellate di liquami nel Lambro e nel Po, naturalmente non trascurando di esaltare le prodigiose quasi miracolistiche capacità della Protezione Civile di Bertolaso di curare anche questa ferita; ma non ha trovato alcuno spazio la notizia, non meno grave, del disegno di legge approvato venti giorni fa dal Governo proprio a favore degli inquinatori, attraverso il declassamento delle pene per gli scarichi di materiali inquinanti. Chissà se non sia addirittura stata un’azione preventiva per alleggerire il carico di responsabilità per i delinquenti lombardi, però nessun quotidiano (nemmeno tra quelli vicini al centrosinistra) ha fornito questa informazione.

Penso che questa vera e propria crisi democratica richieda una profonda revisione politica innanzituttto per l’opposizione, finora troppo debole, per non dire del tutto inefficace; non solo perché non è risuscita a rovesciare Berlusconi, soprattutto perché appare, ancora ora, troppo a rimorchio di una concezione del potere politico come censo, forza separata, lontana dalle sensibilità e dalle aspettative del suo stesso elettorato.

La questione morale – in tutto l’arco delle sue variabili: dal malcostume individuale, alla corruzione diffusa, alle collusioni con mafie e massonerie – richiede una mobilitazione delle coscienze, un netto rifiuto di ogni debolezza; e pure invece finora è stata timida la risposta, quasi impacciata, come se “disturbare i manovratori del potere e dell’economia”, quand’anche compromessi da pratiche illegali, significhi danneggiare l’ordinato, si fa per dire, svolgimento “naturale” delle cose; come si può interpretare se non in questo senso l’imbarazzato silenzio verso il coinvolgimento di Steno Marcegaglia, padre del presidente della Confindustria e di un’impresa del suo gruppo, in un’indagine sul riciclaggio illegale di rifiuti tossici? Anche questa non è una notizia?

Serve uno scatto di dignità e di autonomia, il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, perché il Paese non cambierà se non si realizza una rivoluzione morale, se le forze sane, i cittadini che lavorano, non diventano protagonisti di un moto di vera e propria liberazione delle coscienze.

Il nostro è un Paese ormai spaccato, come se ci fossero due società: una parte che sa sempre cosa fare, che difende i suoi grandi o piccoli privilegi con tenace accanimento, l’Italia di quelli che non pagano le tasse, che costruiscono senza licenza edilizia, che la fanno quasi sempre franca. E gli altri che arrancano perché devono cavarsela da soli e tirano la carretta, i fessi!

Il sistema politico appare tutto collocato in quella prima parte, anche se per fortuna non è del tutto vero, ma lo sappiamo in pochi; l’antipolitica ed il qualunquismo sono l’altra faccia della sottomissione; la percezione è che non c’è la forza per una vera e propria svolta, che troppi fili, troppi legami tengono unite maggioranza ed opposizione in un’unica concezione del potere, questo è il sintomo vero di un “mal sottile” che semina sfiducia nel cittadino.

Come fare? Fortunatamente non tutto è fermo e le energie di una società comunque viva si stanno manifestando: le grandi manifestazioni dei viola, i tenaci comitati per la Costituzione, il popolo giallo dei lavoratori stranieri venuto numeroso e colorato alla ribalta, i sindacati dei lavoratori (in primis la CGIL e quelli di base), le associazioni, le reti, gli attivisti dell’ambiente, le forze avanzate della Chiesa cattolica, gli intellettuali non in sonno… L’Italia è fortunatamente ancora il Paese dell’intelligenza, delle grandi passioni civili di chi resiste indomitamente ai soprusi, al conformismo ed alla volgarità dilagate.

Da questa parte forte e diffusa della società deve partire un vasto ed articolato movimento unitario che sappia indicare alle forze politiche la strada di un profondo rinnovamento, cominciando dal rifiuto delle pratiche consociative, delle mezze misure, del “ma-anchismo” che ci ha condannato all’immobilità.

Occorre aver fiducia, ma è assolutamente necessario non mollare la presa perché questa destra un po’ disperata – come appare in questi giorni in cui molti nodi stanno venendo al pettine e, nonostante l’oblio, la sua crisi emerga in tutta l’inusitata gravità -, questa destra anticostituzionale può riservarci brutte sorprese. Quindi vigilanza democratica prima di tutto.

di Sergio Caserta
Sergio Caserta è nato a Napoli. Studi in materia giuridica ed economica, dirigente di organizzazioni ed imprese cooperative, attualmente vive a Bologna e si occupa di marketing e comunicazione d'azienda. Formatosi nel PCI di Berlinguer, coordina l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (www.arsinistra.net). Nel 2005 fu tra i promotori della rete "Unirsi" (www.unirsi.it). Già consigliere provinciale di Sinistra Democratica, oggi aderisce a Sinistra Ecologia e Libertà

30/09/09

Cargo Zanoobia: quei fusti griffati sulla nave dei veleni

di Andrea Palladino - Genova
È buia la stiva della motonave da cargo Zanoobia, ottantuno metri di lunghezza e la bandiera siriana sul pennone. Una oscurità che diventa improvvisamente pesante, insopportabile, quando i portuali entrano per verificare il carico. Il respiro viene a mancare, e la poca luce che scende in coperta appena illumina le pareti rigate dai liquidi fuoriusciti dai bidoni di ferro, accatastati su tre livelli, legati con corde. Migliaia di fusti, più di duemila tonnellate di scorie velenose, mortali, che hanno girato il mondo per un anno e mezzo. Approdate alla fine - il sette maggio del 1988 - a Genova, in quell'Italia che li aveva spediti per farli sparire verso le mete del neocolonialismo dei rifiuti pericolosi. Zanoobia è uno dei tanti nomi scritti nelle storie delle decine di navi dei veleni che hanno trasportato, grazie ad una rete criminale di mediatori, faccendieri e trafficanti, le scorie del nostro sistema industriale. Un viaggio tortuoso e silenzioso, partito da Massa Carrara un anno e mezzo prima, per approdare di nuovo in Italia dopo aver attraversato il canale di Suez, tre continenti, un oceano ed infine il Mediterraneo.
Su quei fusti riportati in Italia della Zanoobia è disegnata una mappa agghiacciante. Nomi noti, marchi che valgono miliardi, produttori della nostra chimica quotidiana. Non fabbriche semi clandestine del casertano o laboratori, ma il gotha dell'industria europea. Ogni fusto ha un'etichetta, un nome di un produttore. Quasi sempre ha anche un indirizzo di provenienza, rimasto intatto dopo il viaggio alla ricerca di un posto dove scaricare. Una mappa di provenienza delle scorie - mandate agli organizzatori dei viaggi dei veleni - che a distanza di anni riappare dalle carte processuali.
La fonte è assolutamente ufficiale. Dopo lo sbarco della nave il Tribunale di Genova chiese di effettuare una perizia sui 10.500 fusti stoccati nella stiva della Zanoobia. Incaricato del compito fu Sergio Mattarelli, che elencò le 140 aziende europee e statunitensi con i nomi stampati sulle etichette. Un documento finito poi in un processo civile - il cui appello è oggi ancora in discussione - dell'avvocatura dello stato contro i produttori delle sostanze ritrovate sulla nave. Le aziende rappresentano una buona fetta del Pil italiano: si va dalla Pirelli alla tristemente nota Acna di Cengio, dalla Farmoplant alla Enichem, solo per citare i nomi più noti. Ma i rifiuti non erano solo italiani, confermando il sospetto che la rete di smaltimento illegale coinvolgesse l'intera Europa. Nelle etichette erano ben visibili i nomi di industrie tedesche (come la Basf), olandesi (la Delfzijl Polymer), belghe (la Dow corning) e inglesi (la Ici). Un posto di rilievo lo avevano alcune aziende multinazionali Usa, come la Monsanto ed altre fabbriche della costa est. In totale l'elenco stilato a Genova dal perito del Tribunale è composto da 140 nomi.
Non tutte le aziende, però, sono finite nell'atto di citazione preparato dall'avvocatura dello Stato, per conto della Protezione civile che gestì l'emergenza all'epoca, nel maggio del 1995, ovvero sette anni dopo lo sbarco della Zanoobia. Il documento - che ha dato origine ad una serie di processi civili davanti alla I sezione del Tribunale di Milano - chiedeva ai produttori delle sostanze di rimborsare i 16 miliardi di lire spesi per lo smaltimento dei rifiuti tossici sbarcati dalla Zanoobia. Delle 140 aziende nominate nella perizia nell'atto di citazione vengono chiamate in giudizio trentotto ditte. Una parte dell'originario elenco era stato depennato perché le etichette si riferivano ad aziende venezuelane che avevano semplicemente fornito i contenitori per reinfustare parte dei rifiuti sbarcati a Puerto Cabello, durante il lungo e complicato viaggio della Zanoobia. Ma alcuni nomi - soprattutto di aziende non italiane - sono semplicemente spariti. Le vie del diritto civile sono, come è noto, spesso oscure ai più. Nulla di fatto dal punto di vista penale, perché nessuno è stato processato. La corte di appello di Genova il proscioglimento per prescrizione dei reati ambientali. E nessun magistrato, d'altra parte, ha contestato i reati più gravi che potevano bloccare i termini per l'estinzione del procedimento, nonostante le tantissime denunce presentate tra il 1987 e il 1988 sulla vicenda.
Esisteva, dunque, quella via clandestina dei rifiuti industriali, denunciata con vigore dalle associazioni ambientaliste. Per la vicenda Zanoobia i mediatori sono aziende ben conosciute nel settore. Il principale broker - citato in giudizio civile con le aziende produttrici - è la Jelly Wax di Renato Comerio, la stessa azienda che sempre tra il 1987 e il 1988 organizzò l'esportazione di altri rifiuti tossici verso il Libano. C'è poi la Ambrosini di Genova, che aveva fornito i contatti per il primo approdo del carico dei 10.500 fusti arrivati a Genova, partiti da Massa Carrara nel febbraio 1987 con la motonave Lynx. Ambrosini aveva garantito uno smaltimento «a norma» a Gibuti, nel corno d'Africa, non lontano dalla zona di Bosaso dove Ilaria Alpi aveva cercato notizie su altre navi - ma su traffici simili - nel 1994. Aziende protagoniste della stagione delle navi dei veleni, mai condannate, con processi che si sono persi nei tempi della prescrizione.
Le uniche tracce processuali rimaste - che però definiscono con chiarezza la catena delle responsabilità - sono chiuse nel lunghissimo processo civile, arrivato a sentenza di primo grado nel 2006. «Risulta che la Jelly Wax ha ricevuto, tra la fine del 1986 e l'inizio del 1987 - scrivono i giudici della prima sezione civile di Milano - rifiuti speciali o tossico nocivi da diverse aziende italiane». È l'inizio di un lungo viaggio, il cui racconto spiega il funzionamento della rete internazionale dei broker di rifiuti. Un viaggio che vale la pena oggi ripercorrere a ritroso.
(1 - continua)
di Guglielmo Ragozzino
Archeologia chimica
Nella stiva della Zanoobia, nell'inverno di 22 anni fa, c'era di tutto, in fatto di veleni. C'erano resti della lavorazione dei farmaci, delle concerie, delle fabbriche di colori, di ogni specialità chimica. Se il carico fosse recuperato, uno studioso del futuro potrebbe ricostruire le caratteristiche dell'industria mondiale in un passaggio del XX secolo. Si dice che gli archeologi, per conoscere un'epoca lontana, ne studino i resti, in altre parole i rifiuti. La gestione comune dei rifiuti pericolosi e la evidente abitudine di non trattarli secondo scienza e coscienza, ma di disfarsene senza criterio, spingerebbe lo studioso in questione a farsi una certa idea della moralità diffusa nel capitalismo industriale di fine millennio.
Siccome il disgusto morale sarà, anche allora, una perdita di tempo, il nostro discendente passerà oltre. Vedrà molti fusti, migliaia, e poi carte, nomi. I nomi non gli diranno molto. Si immaginerà una lunga serie di uomini e di donne al lavoro, poi espulsi, con seri problemi di salute, con vite brevi.
Già oggi, quando il secolo nuovo è appena cominciato, Montedison, Montedipe, Farmitalia, Acna, Farmoplant, Enichem, non esistono più. È una chimica inghiottita in qualche vortice dello spazio-tempo finanziario, lasciando dietro di sé un'archeologia industriale di capannoni abbandonati e l'inquinamento senza fine delle terre e delle acque. Qualche nome legato ai farmaci esiste ancora: Ciba, Sandoz, Geigy, Upjohn, Wellcome, Rohm & Saas. Poi sopravvivono Bayer, Basf, Hoecht, la triade della Farben Fabriken denazificata dagli alleati alla fine della guerra; e ancora Monsanto, quella degli Ogm, e Dupont: in tutto, tra grandi nomi e piccoli nomi - quasi sconosciuti questi ultimi allo studioso - nella stiva sono stati individuati 152 nomi di altrettante imprese industriali o affini.
Le sedi italiane di cotante imprese, raggiunte dal collettore di rifiuti, erano sparse in molte regioni d'Italia, soprattutto nell'operoso nord-est. Il prezzo che si pagava allora è di difficile calcolo, anche perché i documenti sono un po' «bugiardini». Qualcuno ha parlato di 500 dollari per tonnellata. In quell'epoca i controlli erano davvero scarsi, in particolare in Italia; e la facilità di smaltire da qualche parte rifiuti, pericolosi e indifferenziati, teneva i prezzi bassi. Con qualche legge più sensata, qualche multa, qualche guardia in più, il prezzo sarà poi volato alle stelle, tanto da interessare le potenti strutture industriali della malavita.
[fonte: "il manifesto"
martedì 29 settembre 2009]

25/02/09

Accordo nucleare tra Sarkozy e Berlusconi! La morte della democrazia e non solo...

E' stato fatto un referendum l' 8-9 novembre 1987, e la maggioranza aveva deciso per il NO alle centrali nucleari! Tutti, compresa la destra votarono per il NO AL NUCLEARE, solo qualcuno delle "fazioni" di centro votarono per! Ed ora? ... se questa la chiamano DEMOCRAZIA!
Ma sono gli interessi del premier che sovrastano ...

Quando invece ci sono sitemi migliori e PULITI per produrre energia PULITA e SALVARE IL MONDO!!!
Vi invito a leggere il POST seguente (
L'Atlante per l'ambiente - Analisi e soluzioni) e quello del 24/06/08 No al Nucleare, Sì all'Energia Pulita.

... e come diceva qualcuno che non mi ricordo chi: Non c'è più il futuro di una volta!

24/06/08

perchè investire nel nucleare? per arricchire chi? Scandalo Italia non si smentisce mai!

dal sito: www.zonanucleare.com

L' ecomafia dei rifiuti in Italia

Le attività illecite legate allo smaltimento dei rifiuti hanno avuto, negli ultimi anni, un allarmante sviluppo. E’ il nuovo volto dell’ecomafia che ai profitti derivati dall’abusivismo edilizio ha affiancato quelli determinati dal traffico illegale di rifiuti. Secondo Legambiente, che nel gennaio dello scorso anno ha presentato il rapporto "Le nuove frontiere dell’Ecomafia", l’intero business supera i 21 mila miliardi di lire all’anno.

Il preoccupante fenomeno ha il suo epicentro nel Mezzogiorno dove si registra il 40 per cento dei 78 mila reati contro l’ambiente denunciati nel triennio ‘94-96. Le regioni più interessate sono, infatti, la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e la Calabria, ma il triste primato di illegalità ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti sia a quello del cemento, spetta alla Campania. Nell’area vesuviana la Guardia di Finanza ha sequestrato un numero impressionante di discariche abusive, anche di grosse dimensioni (una di queste presentava un’estensione di ben 4 km e una profondità di 30 m!), utilizzate per smaltire illegalmente sia i rifiuti urbani che quelli tossico nocivi (che richiederebbero, invece, specifici trattamenti, da effettuarsi in adeguati impianti, prima del loro smaltimento). Si tratta, in genere, di discariche illegali realizzate all’interno di ex cave per l’estrazione, altrettanto illegale, di sabbia e inerti. Il meccanismo è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia: parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce alla trasformazione delle cave in discariche per ogni sorta di rifiuti.

Tra i clan mafiosi delle province di Caserta e Salerno si è diffusa una nuova e
inquietante pratica che consiste nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione di vasche per l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare invece come discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Una grossa fetta del traffico di rifiuti provenienti dal Nord è destinato anche alla provincia di Matera, che presenta un territorio particolarmente idoneo a questo tipo di attività in quanto scarsamente abitato e con numerose vie d’accesso. In quest’area sono stati riscontrati ripetuti smaltimenti abusivi lungo il fiume Basento, con conseguenti episodi di morie di pesci, mentre una vicina discarica consortile si trova in condizioni di semi abbandono!

Ecco le modalità tipiche delle organizzazioni mafiose: i camion carichi di rifiuti giungono, nelle ore notturne, in corrispondenza di buche che, dopo essere state riempite, vengono immediatamente coperte. I fanghi di depurazione e i rifiuti industriali liquidi, formalmente destinati a inesistenti impianti di depurazione e riciclaggio, sono più spesso sversati direttamente nel territorio.

discarica illegale di rifiuti in sicilia: una delle attività preferite dall' ecomafia

Accanto all’incontrollato diffondersi di velenose ferite inferte al suolo si moltiplicano anche gli episodi di inquinamento delle acque marine. Si tratta in genere di vere e proprie "carrette" dei mari, coperte da premi di assicurazione per incidenti di questo tipo, che consentono all’organizzazione mafiosa di realizzare un evidente duplice affare! Al largo della costa salernitana sono state rinvenute, invece, le più tradizionali discariche marine, determinate dallo scaricamento in mare del pericoloso contenuto delle stive, come testimoniano i rifiuti che più volte restano impigliati nelle reti utilizzate per la pesca a strascico. [1]


Ogni anno in Italia, su un volume complessivo di 108mila tonnellate di rifiuti, 35mila vengono smaltite attraverso modalità non corrette o del tutto illecite
dalle organizzazioni criminali, come Cosa Nostra in Sicilia, la 'Ndrangheta in Calabria, la Sacra Corona Unita in Puglia o la Camorra napoletana, incaricate della raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio.
In base al "Documento sui traffici illeciti e le ecomafie", approvato dalla Commissione parlamentare nell’ottobre del 2000, e ad alcune inchieste in corso presso le Procure di Asti e Roma, emergono alcuni particolari inquietanti: la maggior parte dei rifiuti tossici provenienti dall’Italia finirebbe in Somalia. Alcuni testimoni, sentiti dai magistrati nel corso delle inchieste, hanno dichiarato che la cosiddetta "strada dei pozzi" — nota a tutti in Somalia come "strada della cooperazione italiana" — è una strada che non va e non viene da nessuna parte, poiché unisce tre gigantesche discariche abusive. Gli stessi testimoni narrano di lavori di interramento di rifiuti tossici compiuti da operai italiani muniti di apposite tute, ma più spesso affidati a manodopera locale del tutto ignara dei gravi rischi per la salute.
Altro luogo "eletto" allo smaltimento illecito dei rifiuti sembra essere il Mozambico, vera e propria discarica mondiale. Secondo un’inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Milano, in questo Paese opera dal 1996 una società (filiale mozambicana di un gruppo argentino) specializzata nell’installazione di impianti per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere. L’impresa ha ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni per importare rifiuti da ogni parte del mondo; il problema (documentato) è che non esiste nessun impianto e migliaia di tonnellate di pattumiere di ogni tipo, provenienti da tutti i continenti, giacciono in una enorme discarica a cielo aperto. Le connivenze delle autorità mozambicane sono evidenti. [2A]

Ed è ormai quasi fuor di dubbio il perchè della morte della giornalista Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin avvenute in Somalia durante la missione ONU “Restore Hope” nel 1994, sebbene l' autorità giudiziaria ad oggi non ha ancora accertato chi furono i mandanti del duplice omicidio.
Secondo l’avvocato di Giorgio e Luciana Alpi, gli inquirenti dovrebbero accertare che l’omicidio di Ilaria Alpi non sia stato proprio un omicidio “di Stato”. Infatti Ilaria Alpi stava da mesi indagando su un presunto traffico di armi e rifiuti tossici (soprattutto scorie nucleari) tra Italia e Somalia. Un traffico di interesse strategico per una nazione che ha bisogno di terreno per insabbiare rifiuti e l’altra (perennemente in guerra civile) che vuole essere pagata soprattutto con armi.
Ilaria Alpi aveva lasciato molte tracce in questa direzione, ma non sono mai state seguite. Se non da uno dei tre magistrati che ha preso in mano l’inchiesta: Giuseppe Pititto, il quale, nel ‘97, con una motivazione pretestuosa, è stato esonerato dall’incarico. [2B]



Ma restando in Italia, è in Campania il «triangolo della monnezza», tra Qualiano, Giugliano e Villaricca: qui, a 25 chilometri da Napoli, comincia l' area che nel piano regolatore della camorra è stata assegnata alla sepoltura illecita dei rifiuti. E' una zona ampia, divisa tra i clan che controllano il Napoletano e il gruppo dei Casalesi. Qui la ricchezza ha cambiato fonte. Una volta il fatturato veniva dagli ortaggi, dalle primizie, dalla falanghina, dal turismo. Oggi viene dalla diossina, dai metalli pesanti, dai fenoli, dai pcb. Secondo il Rapporto Ecomafia 2003 della Legambiente, la gestione dei rifiuti pericolosi in Italia frutta 2 miliardi e mezzo di euro all' anno.
E basta girare una giornata nelle stradine che portano alle discariche, nella zona che va dal Napoletano a Casal de Principi, per capire che una parte significativa di questi proventi viene dalla Campania: lo segnala l' abbondanza dei camion accompagnati dalle Mercedes e l' assenza delle auto della polizia e dei carabinieri. Chi è della zona sa quando può passare e quando è meglio tirare dritto facendo finta di niente: è più salutare distrarsi mentre i Tir si fermano per scaricare una parte dei 6,7 milioni di tonnellate di rifiuti speciali che ogni anno spariscono nel nulla grazie al collaudato sistema del «giro di bolla», la contraffazione delle certificazioni di provenienza necessarie al trasporto.
Del resto i rifiuti costituiscono solo un segmento del ciclo di lavorazione della malavita organizzata. Qui la camorra prima ha guadagnato scavando illegalmente le cave. Poi riempiendo i buchi con i rifiuti pericolosi. Infine costruendoci sopra le case. La tragedia è che questo sistema illegale è l' unico che qui dà lavoro.
Il prezzo da pagare per quest' economia clandestina è pesante. Secondo la Asl di Giugliano i decessi per malattie tumorali sono saliti dal 27, 5 per cento del 1994 al 31, 4 del 1996. E nell' agro aversano i tumori per i quali è stata chiesta l' esenzione dal ticket sono passati dai 131 casi del 1996 ai 560 del 1999.
La chiusura dei conti con il passato è il nodo mai sciolto. Love Canal, la più famosa discarica degli Stati Uniti, quella che inquinava la cascate del Niagara, è stata bonificata grazie a lavori durati 21 anni e costati 400 milioni di dollari. In Campania invece il patto «nuovi impianti a regola in cambio della bonifica del pregresso» non è stato rispettato. Così l' inquinamento procede a strati, come in uno scavo archeologico: sotto i rifiuti tossici e forse radioattivi degli anni d' oro dell' ecomafia, sopra quelli degli scarichi abusivi più recenti, in cima gli ultimi rifiuti, quelli che godono di un bollo di ufficialità che si sta appannando. [3A]


Un po’ di storia recente fa capire esattamente cosa c’è in gioco dietro questa emergenza. La camorra ha sempre fatto la parte del leone nel settore rifiuti, con lo smaltimento illegale e con la compiacenza di tutte le autorità. Di fronte allo scoppio dell’emergenza del 1994, il governo pensò bene di creare dei commissari speciali preposti alla gestione del problema. Dapprima sono stati i prefetti a svolgere questo incarico e poi successivamente i presidenti delle regioni, che, data la qualifica di commissari speciali per l’emergenza, possono usare una legislazione che permette loro di scavalcare tutte le legislazioni di ogni ordine, emettendo ordinanze appunto speciali.

Primo presidente regionale ad essere commissario fu Antonio Rastrelli, di AN, che progetta un piano per la regione Campania nel quale si prevede di costruire in Campania cinque termovalorizzatori (o inceneritori o termodistruttori che dir si voglia): due per Napoli e Provincia e tre per le altre Province. Tuttavia non furono mai realizzati sia per la ferma opposizione della popolazione dei centri di prevista localizzazione dei siti sia perché la giunta non ebbe il tempo necessario poiché cadde l’anno seguente. Questo piano sarà riscritto più volte a causa dell’approvazione del Decreto Ronchi, dove cambiarono i parametri e i riferimenti normativi. Comunque l’ultima versione della proposta Rastrelli prevedeva sette impianti di stoccaggio (dove i rifiuti sono trasformati in compost e quindi in combustibile) e due termovalorizzatori di elevata potenza.

Così si effettua la gara di appalto, alquanto singolare: il commissario speciale non propone nessuna zona dove costruire gli impianti, ma lascia la scelta alle aziende che vinceranno la gara, col solo obbligo di costruirlo in zona ASI (area sviluppo industriale, cioè la zona a cavallo fra le province di Napoli e Caserta in questo caso) e senza alcun controllo di alcuna istituzione. Di fronte a tale prospettiva semplicemente incredibile anche la Commissione Europea ha denunciato l’Italia per non osservanza delle norme riguardanti la valutazione dell’impatto ambientale. Nonostante ciò la regione Campania procedette all’assegnazione degli appalti (nel frattempo l’Udeur aveva fatto cadere la giunta Rastrelli).

Vince l’appalto la FIBE, consorzio imprenditoriale capeggiato dall’Impregilo di Cesare Romiti, vittoria ottenuta grazie a prezzi più bassi e macchinari più vecchi, la FIBE individua come siti in cui costruire termovalorizzatori Acerra e Battipaglia, che in seguito alla sua dichiarazione di zona prevalentemente agricola e alle pressioni delle varie confraternite diessine della zona, viene sostituita con Santa Maria la Fossa, centro agricolo della piana del Volturno e in provincia di Caserta.

Bassolino vince le elezioni regionali con un programma nel quale si diceva chiaramente di revocare il commissariamento straordinario e l’opposizione a qualsiasi inceneritore. Ma, dopo le elezioni, prevale la scelta della continuità amministrativa: Antonio Bassolino è il nuovo commissario ai rifiuti e procede con il progetto degli inceneritori. Cominciano le proteste ad Acerra, dove si costituisce un Comitato contro l’inceneritore; mentre Bassolino commissiona lo studio del territorio alla SOGIN (sì, la stessa di Scanzano Ionico). Serrate cittadine, occupazioni del territorio, scioperi si susseguono, ma ad oggi la situazione è lungi dall’essere risolta.

Le proteste si estendono anche e soprattutto nelle zone dove ci sono le discariche. In Irpinia, nel Sannio, nell’Agro Aversano, dovunque ci sono mobilitazioni spontanee periodicamente contro la devastazione del territorio. Ma il grosso limite è il campanilismo, è la mancanza di seri coordinamenti territoriali che possano unificare la lotta, perché la camorra gioca un ruolo fondamentale in tutto questo. Nelle campagne della zona del Volturno ci sono discariche a cielo aperto del tutto abusive dove vengono gettati i rifiuti di molte industrie, anche del Nord, e nessuno dice niente. I sindaci si preoccupano solo di passarsi i sacchetti da sversare (l’esempio è lo scontro fra il sindaco di Aversa, della Cdl e l’ulivista primo cittadino di Marcianise). Ma dopo tanti sforzi fatti nel tentativo di tenere a bada la problematica dei rifiuti, il presidente della regione Bassolino si è visto obbligato alle dimissioni da Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, invocando la nomina di un commissario governativo per risolvere la situazione. E così il Consiglio dei Ministri ha quindi nominato nel febbraio 2004 l’ex prefetto Corrado Catenacci (area FI) come nuovo Commissario per l’emergenza rifiuti. [4]


Dunque il "progetto per un ciclo virtuoso" che avrebbe dovuto far tornare alla normalità la regione Campania che da dieci anni vive in emergenza, si basava su tre pilastri:
- il primo è la bonifica delle discariche selvagge (che non c' è stata).
- il secondo sono gli impianti da cui, attraverso la selezione dei rifiuti, doveva uscire il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR), un materiale che, con involontaria ironia, è stato chiamato «ecoballe»
- il terzo era la costruzione di inceneritori che, visto il quoziente di fiducia nelle istituzioni, continuano ad essere respinti a furor di popolo.

«La selezione non funziona: il cosiddetto cdr è in realtà molto simile al rifiuto tal quale», accusano Ruggiero e Del Giudice. «Il cdr risponde ai requisiti di legge», replica Armando Cattaneo, amministratore delegato della Fide Fisia, la società del gruppo Impregilo che ha vinto la gara per la gestione dei rifiuti in Campania. «In Campania si producono 7.300 tonnellate di rifiuti al giorno. Ne trasformiamo il 35 per cento in cdr. Il che significa che produciamo 1.900 balle al giorno. Basterebbe riuscire a costruire i termovalorizzatori per chiudere il cerchio e risolvere il problema».
Non sono in molti a nutrire tanto ottimismo. Ad esempio il presidente della Commissione bicamerale rifiuti, Paolo Russo, ha ricavato un' immagine diversa da un' ispezione di tre giorni in Campania: «La qualità del cdr racchiuso nelle balle è un punto fondamentale. Parlando con i sindaci e con la gente del posto si sente sempre ripetere che si tratta sostanzialmente di rifiuto tal quale. Per l' Agenzia per la protezione ambientale della Campania invece è tutto in regola. Ma, secondo l' Agenzia per la protezione ambientale di un' altra Regione, la situazione è irregolare. Ora se veramente avessimo accumulato e disseminato sul territorio un milione e 300 mila balle di rifiuti sarebbe un disastro nel disastro: questo materiale è stato trattato senza precauzioni particolari perché tutti erano convinti che fosse combustibile. E' un sospetto agghiacciante e per chiarire la questione ci siamo rivolti a un istituto internazionale di chiara fama. Ma resta il fatto che a Napoli, a Milano, a Palermo, il Comune gestisce i rifiuti nel suo territorio. Mentre in Campania ci sono territori di serie A, che producono i rifiuti, e territori di serie B, che li devono smaltire senza trarne benefici».
Per risolvere il problema ci sarebbe anche un' altra soluzione, quella suggerita dagli ambientalisti e dall' Unione Europea: diminuire la quantità di rifiuti attraverso una raccolta differenziata molto efficiente. Il fatto che nella provincia di Nola siano arrivati a raccogliere in questo modo il 60 per cento dei rifiuti dimostra che la Campania sarebbe in grado di competere con le aree super ecologiste nel Nord Europa.
[3B]

Rifiuti per le strade: ormai la situazione si ripropone periodicamente in molti paesi della Campania, principalmente nelle province di Napoli e Caserta

Ecco perchè è singolare l' emergenza rifiuti della Campania:
- è stata pianificata con cura in modo da garantirsi che durerà per lo meno altri tre anni (tanto tempo ci vuole per costruire almeno un termovalorizzatore)
- viene alimentata dal continuo arrivo di rifiuti provenienti dalle regioni settentrionali
- collima perfettamente con l' allarme della magistratura sull' attivismo dell' ecomafia.

Enrico Fontana, responsabile dell' Osservatorio ambiente e legalità della Legambiente, ricostruisce la surreale vicenda campana come un meccanismo sapientemente montato per raggiungere lo scopo.
Era già tutto previsto?
«Se non era previsto era prevedibile. Partiamo dall' ultimo dato. La Campania si trova inondata di rifiuti perché tre impianti per la produzione del CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) si sono dovuti fermare avendo saturato le aree di stoccaggio provvisorio per le ecoballe prodotte dagli impianti gestiti dalla Fisia-Italimpianti, l' azienda che ha vinto la gara e che avrebbe dovuto costruire anche i termovalorizzatori per bruciare successivamente le ecoballe».
Ed è questo un punto: al momento non è stato ancora costruito nessuno dei 2 termovalorizzatori previsti in Campania e da qui l'immenso accumulo di ecoballe. Infatti, come detto, la costruzione dei termovalorizzatori è ancora bloccata dalle contestazioni locali e da ricorsi alla magistratura.
Quanto spazio occorre per queste ecoballe, volendo usare una parola che sembra coniata da un umorista?
«Questo è il punto. Per la Campania servono due ettari al mese. E nella migliore delle ipotesi per costruire i termovalorizzatori occorreranno altri tre anni. Il che vuol dire che bisognerebbe trovare 72 ettari disponibili, l' equivalente di 72 campi di calcio. Bastava fare una semplicissima moltiplicazione per capire che lo stoccaggio provvisorio avrebbe rappresentato un serio problema. Non è stato fatto perché si continua a inseguire la soluzione super tecnologica invece di prestare attenzione all' approccio ecologico, che in questo caso suggerisce di ridurre i rifiuti attraverso una radicale raccolta differenziata».
Adesso per far posto alle ecoballe ci sono due soluzioni: o riaprire le vecchie discariche (un' emergenza all' interno dell' emergenza) oppure sperare nella "solidarietà" di altre regioni italiane.
«Riaprire le vecchie discariche gestite allegramente negli anni Ottanta e oggetto di molte inchieste della magistratura è un paradosso».
Ma esiste un' alternativa?
«Esiste. Il primo è un' indagine a tappeto su cementifici, centrali elettriche e altri impianti in grado di bruciare da subito le ecoballe campane. Il secondo è l' uso dei poteri straordinari del commissario per imporre la raccolta differenziata secco umido. Lanciare questa raccolta significa sia ridurre i volumi totali in gioco semplificando il problema che migliorare la qualità del combustibile da rifiuti, oggi assai dubbia secondo lo stesso presidente della Commissione parlamentare d' inchiesta sul ciclo dei rifiuti».
In pratica si tratta di mettere in un sacchetto la parte organica della spazzatura, gli avanzi della cucina..
Chi ha interesse a non farlo?
«Una risposta la offre la relazione del procuratore generale presso la Corte di appello Vincenzo Gargano all' inaugurazione dell' anno giudiziario 2003. Leggo il virgolettato: "Le indagini hanno evidenziato come l' emergenza rifiuti avrebbe spinto talune amministrazioni ad affidare i servizi di smaltimento dei rifiuti "senza regolari gare". Da tale situazione hanno tratto beneficio personaggi vicini ad organizzazioni criminali di tipo camorristico".
La presa dell' ecomafia è ancora in crescita?
«Ormai siamo alla camorra diffusa. Per togliere i rifiuti dalle strade, dove sono sotto gli occhi di tutti, e magari buttarli in un prato sopra una falda idrica ma lontano da sguardi indiscreti, si usano i camioncini della camorra». [5]


Con un decreto legge varato il 6 ottobre 2006 dal Consiglio dei Ministri è stato nominato Guido Bertolaso come nuovo commissario all' emergenza rifiuti in Campania, al posto del dimissionario Corrado Catenacci.
Guido Bertolaso è attualmente anche il capo del Dipartimento della Protezione Civile e pertanto per permettere uno svolgimento delle sue nuove funzioni sarà affiancato da Carlo Alfiero, che sarà un co-commissario che agirà a livello paritetico. Inoltre è intenzione del nuovo commissario ridurre in tempi breci l' attuale struttura commissariale della Regione Campania composta da circa 100 persone al momento e incrementare quanto più possibile la raccolta differenziata. [6]


Il periodo di commissariamento sotto il comando di Guido Bertolaso è costellato da
diverse proteste nei luoghi in cui si apre un sito di stoccaggio di rifiuti o di
ecoballe (Parapoti presso Montecorvino Rovella, Acerra, Villaricca, Terzigno, Taverna
del Re presso Giugliano e tanti altri...). [7]

Inoltre a metà 2007 il Governo attribuisce a Bertolaso il compito di redarre il nuovo "Piano di gestione integrata dei rifiuti", sentendo il Commissariato bonifiche e la consulta regionale sui rifiuti. Questo piano doveva indicare i punti per avere finalmente il passaggio dalla gestione commissariale alla gestione ordinaria.
Nel piano viene affermata l' importanza di tre termovalorizzatori: Acerra, Santa Maria La Fossa (che nel 2007 attende ancora il completamento delle procedure VIA) e Salerno (il sindaco di Salerno De Luca infatti propose una autocandidatura della sua città quale sede di un terzo termovalorizzatore).
Ai termovalorizzatori sono affiancati i 7 impianti di CDR (già in funzione, costruiti in due anni), da ammodernare per elevarne la produttività e per migliorare la qualità del CDR prodotto da conferire al termovalorizzatore. E a termine dei lavori di nuova messa a punto degli impianti di CDR il rapporto finale che si dovrebbe avere: 60% di CDR da conferire ai termovalorizzatori e 40% per le discariche. Di discariche ci sarà in ogni caso bisogno, dunque, ed ecco l' importnza di definire e predisporre fin da subito nuovi siti per nuove discariche. [8]

Tuttavia quando Bertolaso individua un sito a Serre (in provincia di Salerno) presso la località Valle Masseria in una zona a ridosso dell' Oasi del WWF, inizia una lunga disputa che coinvolgerà anche il Ministro dell'Ambiente Pecorario Scanio. Alla fine nel maggio 2007 si decide che la discarica si farà a Serre ma nella località Macchia Soprana in un sito indicato dalle autorità locali e ritenuto idoneo dai tecnici del Ministero dell'Ambiente. Tale provvedimento soddisfa il Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, anche se il sito individuato a Serre alternativamente risulta decisamente con meno capienza. [9]


Ma nel luglio 2007 Guido Bertolaso non sarà più commissario e al suo posto il Governo nomina il prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Nello svolgimento delle sue attività il prefetto Pansa è assistito e coadiuvato, oltre che dalla Regione stessa, anche dal ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio, nonché dal Dipartimento per lo Sviluppo delle Economie Territoriali attraverso l'Unità speciale di concertazione per lo sviluppo economico dell'area metropolitana di Napoli. [10]

Nel dicembre 2007 la situazione peggiora in modo drammatico con una vera paralisi del sistema della raccolta dei rifiuti dalle strade della Campania (in particolare delle provincia di Napoli e Caserta). Il Consiglio dei ministri il 28 dicembre nomina un nuovo Commissario Gestore dell'emergenza rifiuti in Campania: il prefetto Umberto Cimmino. [11]

La situazione diventa tanto estrema che anche l' Unione Europea inizia a chiedere maggiori informazioni su quello che sta succedendo ed intanto esplode la protesta dei cittadini per la riapertura della gigantesca discarica di Pianura (ormai da dieci anni chiusa). Seguono giorni di totale caos. Il Governo risponde l' 8 gennaio 2008 definendo il piano per superare l'emergenza rifiuti in Campania e nominando come nuovo Commissario Gianni De Gennaro, ma questa volta con diversi nuovi poteri per derogare a varie normative.
I punti chiave per cercare di superare la situazione di emergenza totale in cui la Campania è piombata sono:
- per un periodo limitato di soli 120 giorni il prefetto Gianni De Gennaro (ex capo della polizia e fino al gennaio 2008 capo di gabinetto del ministro dell' Interno Giuliano Amato) diventa Commissario
- usare quanto prima i siti individuati dalla legge 87 del 5 luglio 2007, cui se ne aggiungeranno altri ritenuti utili dalla autorità competenti per fronteggiare l' emergenza
- la Regione Campania deve essere dotata di almeno tre termovalorizzatori ad Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno e di un numero sufficiente di discariche tali da consentire l' autosufficienza regionale a medio termine nella gestione dei rifiuti
- i Comuni campani dovranno elaborare un piano per la raccolta differenziata nei prossimi due mesi e poi avranno a disposizione 60 giorni per realizzarlo. La mancata attuazione nei tempi stabiliti determinerà l'immediato commissariamento dei comuni inadempienti
- per fronteggiare l'emergenza saranno coinvolte le forze armate (l' uso dell' Esercito
è limitato a finalità logistiche). [12]

Dopo 2 settimane dal suo insediamento il supercommissario Gianni De Gennaro delinea quindi alcuni punti:
- riaprire 5 vecchie discariche: Cava Riconta a Villaricca (Napoli), Difesa Grande
(Avellino), Parapoti (Salerno), Tre Ponti di Montesarchio (Benevento) e solo in parte
Pianura (dove sembra ormai deciso il sequestro probatorio dell'invaso della vecchia
discarica, ma l'invio di migliaia di balle di rifiuti nel cratere "nuovo", mai utilizzato)
- allestire ed aprire 4 nuove discariche: Terzigno (Napoli; nel parco del Vesuvio, area per la quale la Presidenza del Consiglio ha dovuto firmare pochi giorni fa una deroga speciale in base alla quale poter scaricare non solo frazione organica, ma anche rifiuti dalla strada), Savignano Irpino (Avellino), Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento) e Macchia Soprana presso Serre (Salerno; Macchia Soprana è già attiva ma si prevede un ampliamento della sua capacità di accoglienza)
- attivare 11 siti di stoccaggio provvisori: i capannoni della Manifattura Tabacchi (un sito su cui si consuma ancora il braccio di ferro con i cittadini e con i no global di un vicino centro sociale); la Icm, rione Ponticelli; la Italimpianti di Acerra; l'area di Pomigliano Ambiente, comune di Pomigliano; lo stabilimento Saint Gobain, Caserta; la Geo-Eco di San Tammaro, casertano; l'impianto di compostaggio di Aversa; l'area Asi di Giugliano e il sito Campo Genova a Giugliano; il sito di Ercolano nell'ambito del Parco del Vesuvio e un nuovo sito nell' avellinese. [13]

Nell' aprile 2008 Berlusconi vince le elezioni e tra le priorità del suo programma c'è il voler porre fine all' emergenza rifiuti a Napoli e in Campania. Con un decreto legge varato il 21 maggio 2008 vengono definiti i punti per fronteggiare la situazione:
- nomina di Guido Bertolaso a sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all' emergenza rifiuti
- apertura di discariche in tutte le cinque province campane. I luoghi verranno resi noti solo con la pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale
- i Comuni che ospiteranno impianti avranno compensazioni ambientali
- chiusura di sette impianti di combustione dei rifiuti e trasformazione di essi in impianti per il compostaggio di qualità
- la Campania dovrà dotarsi di quattro termovalorizzatori: Acerra, Santa Maria La Fossa, Salerno ed ora anche Napoli (il sindaco di Napoli ha 30 giorni per indicare a Bertolaso il sito dove costruire il termovalorizzatore, altrimenti Bertolaso potrà scegliere da solo)
- i Comuni che non rispettano gli obiettivi fissati per la raccolta differenziata dei rifiuti rischiano sanzioni. Bertolaso, se verificherà la mancata attuazione delle norme delle ordinanze decise per affrontare l' emergenza rifiuti potrà nominare immediatamente commissari ad acta che si sostituiranno alle amministrazioni comunali
- pene più severe per chi crea disordini e ostacola la gestione dei rifiuti in Campania. Le discariche saranno considerate "aree di interesse strategico nazionale" e saranno presidiate dalle forze dell' ordine. Chi si introduce nelle discariche o ne impedisce l' accesso rischia l' arresto da tre mesi a un anno e chi crea difficoltà nella gestione dei rifiuti che vanno in discarica rischia l' arresto fino a un anno o fino a cinque se si è promotori di disordini
- la direzione distrettuale antimafia di Napoli sarà l' unico soggetto competente nell' occuparsi di tutti i procedimenti per reati in materia ambientale e di rifiuti (esautorando quindi i normali pubblici ministeri "per evitare che un pm possa adottare singole azioni cautelari in via d'urgenza e bloccare così il ciclo dei rifiuti") [14]

Con la pubblicazione del decreto legge "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania" sulla Gazzetta Ufficiale si è poi saputa la lista dei siti da destinare a discarica: Sant' Arcangelo Trimonte (BN) - località Nocecchie; Savignano Irpino (AV) - località Postarza; Serre (SA) - località Macchia Soprana; Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); Terzigno (NA) - località Pozzelle e località Cava Vitiello; Napoli - località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); Caserta - località Torrione (Cava Mastroianni); Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; Serre (SA) - località Valle della Masseria [15]

fonti:

http://www.zonanucleare.com/dossier_italia/ecomafia_rifiuti.htm
http://www.kontrokultura.org/archivio/ecomafia.html [1]
http://www.narcomafie.it/news_archivio/news_2001_2.htm [2A]
http://www.report.rai.it/argomenti.asp?e=2004 [2B]
http://www.ecodallecitta.it/notizia.php?id=1451 [3A e 3B]
http://www.marxismo.net/varie/rifiuti_campania0304.html + aggiunte da http://www.meteoazzurro.com/termovalorizzatori_e_problematiche.htm [4]
http://www.ecodallecitta.it/old/giu2003/rifiuti/facchiemergenza/senzaraccodiff.htm [5]
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/09/rifiuti.shtml [6]

http://news.international.rai.it/news/mostra.php?idn=1006 [7]
http://www.regione.campania.it/portal/mediatype/html/user/anon/page/
HOME_DettaglioRegioneInforma.psml?itemId=2512&ibName=
NotiziaHomePage&theVectString=0
[8]
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/serre-discarica/cambia-sito/cambia-sito.html [9]
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/rifiuti/bertolaso-via/
bertolaso-via.html
[10]
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/
notizie/__ministro/0881_2008_01_02_nomina_commissario_gestore_emergenza_
rifiuti.html_96129636.html
[11]
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/rifiuti-2/prodi-rifiuti/
prodi-rifiuti.html
[12]
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/rifiuti-4/piano-de-gennaro/piano-de-gennaro.html [13]
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/rifiuti-8/rifiuti-scheda-cdm/rifiuti-scheda-cdm.html [14]
http://www.agi.it/news/notizie/200805241625-cro-rt11077-art.html [15]