IL RESTO DEL MONDO
All'estero, sarà capitato a molti di leggere o di sentirsi dire: ma perché Berlusconi prende così tanti voti? Il presidente del consiglio è diventato un caso oltre le Alpi per storie giudiziarie che in nessuna altra democrazia avrebbero permesso a chiunque di restare al potere. Il risultato è che la sua vicenda sta rendendo di nuovo incomprensibile l'Italia all'estero, offrendo l'immagine di un sistema paese legato al leader del cucù.
La debolezza del Cavaliere sul piano internazionale è una Maginot che nei piani di Palazzo Chigi deve reggere almeno fino al vertice aquilano del G8 in luglio. Altro che complotto, siamo alla trincea con il Vaticano addirittura tra le prime linee nemiche.
A Strasburgo, Berlusconi ha perso praticamente senza combattere la battaglia per imporre alla presidenza del parlamento europeo Mario Mauro, il suo candidato. La Germania e la Francia si sono opposte, puntando su un altro parlamentare polacco. Il voto finale ci sarà il 7 luglio ma Berlusconi ha già alzato bandiera bianca, «ci siamo resi conto di essere arrivati un po' tardi». In realtà, è andata peggio: c'è stato un no carolingio che per lui suona ad personam.
A Berlino, il problema non è l'Italia: l'altro ieri il più importante premio letterario tedesco è stato dato a Claudio Magris con l'alta motivazione che «come pochi altri si è confrontato con il problema del vivere insieme e della cooperazione tra diverse culture». A Berlino, il problema è la credibilità di Berlusconi, tra i suoi scandali casalinghi (di cui la stampa tedesca continua a dare informazione quotidiana) e certi comportamenti sospetti agli occhi di interlocutori avvezzi a fare un tutt'uno di politica e affari, come la vicenda Opel. Dove il premier ha lasciato sola la Fiat, nonostante la partita industriale fosse gestita dal governo Merkel in prima persona.
A Parigi, la più che franca diplomazia francese ha sempre malvisto il capo del governo italiano, mai amato all'Eliseo dove per altro presidenti socialisti non si vedono da un bel pezzo. A Londra hanno altri guai cui pensare, ma non è un caso che l'attacco più chirurgico sia arrivato anche qui da ambienti politici conservatori, rappresentati dal Financial Times. «Berlusconi è un pericolo e un esempio malefico per tutti», ha scritto il più influente quotidiano economico mondiale, e senza fare nemmeno una domanda.
Nell'America di Obama, la considerazione del leader del cucù sembra ancora più bassa se si guarda ai passi ufficiali, attraverso cui la diplomazia manda i suoi messaggi e governa. Dell'Italia di Berlusconi non c'è nulla da capire, la sede dell'ambasciata Usa di via Veneto a Roma è ancora vacante e la nomina del nuovo ambasciatore tarda a cinque mesi dell'insediamento del presidente americano. Certamente un caffé alla Casa Bianca non si nega a nessuno, ma il presidente del consiglio l'ha pagato con soldi non suoi, mandando altri militari e mezzi in Afghanistan.
E' noto che gli americani ragionano esclusivamente in base ai rapporti di forza. Se Berlusconi è in sella nonostante tutto, per loro è ok. La scuola Kissinger insegna che la moderazione è una virtù solo per quelle persone che pensano di avere un'alternativa. Berlusconi non ce l'ha e dunque the show must go on. Al G8 si vedrà.
[fonte: Il Manifesto 20.06.2009 Prima Pagina]
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