21/11/08

PRIGIONIERI DEL SUPEREURO

La moneta unica sta danneggiando l’Italia. A causa degli exploit sui mercati della Germania. Parola di uno studioso tedesco di commercio e sviluppo.
Colloquio con Heiner Flassbeck di Federica Bianchi

Nel decimo compleanno dell’euro, Heiner Flassbeck, il capo economista dell’Unctad, l’agenzia dell’ONU che si occupa di commercio e sviluppo internazionale, è critico con la banca centrale europea per la sua “fissazione”, come dice lui, sull’inflazione, che rischia di ingabbiare l’attività produttiva dei paesi più deboli come l’Italia e di metterli in ginocchio per sempre, costringendoli ad uscire dall’unione monetaria. “La situazione economica europea non è ne buona né cattiva”, spiega dal suo ufficio di Ginevra:” Il problema è che il tasso di crescita dell’economia è stato sostanzialmente debole: la disoccupazione è scesa, è vero, ma ci troviamo in un trend economico negativo dovuto alla crisi finanziaria dei mercati, ma anche all’euro forte”.
Quali sono i paesi maggiormente colpiti dal supereuro e per quali motivi?
“L’euro forte danneggia in particolare i paesi europei della fascia mediterranea. Il problema principale è che abbiamo creato dei divari enormi nel rapporto tra costo nominale del lavoro e livello competitivo dei paesi europei. In una unione monetaria questa situazione pone le premesse per io disastro. Prima o poi il sistema collasserà. In cinque, dieci o 15 anni, non so. Ma il sistema monetario, con questi enormi divari tra aziende italiane e tedesche, cadrà di sicuro. Il Nord Italia compete con la Germania in tanti campi. Ma, sebbene in Italia l’aumento dei salari sia moderato, non potete sopravvivere a meno che la Germania non aumenti i suoi salari”.
In quel caso sarebbe possibile ripristinare l’equilibrio?
“Quasi impossibile. Anche se la Germania permettesse una crescita dei salari e l’Italia non modificasse niente, al vostro paese occorrerebbero dieci anni per raggiungere appena lo stesso rapporto tra costo del lavoro e produttività che ha la Germania. Ciò vuol dire che perfino nel 2017 l’Italia non guadagnerebbe quelle quote di mercato che ha perso a favore della Germania negli ultimi vent’anni. Ma è impossibile che la Germania aumenti questi salari, la Banca centrale direbbe che creerebbe inflazione. Quindi non succederà. Non credo comunque che questo scenario sia realistico: realistico è un processo di aggiustamento molto più lungo oppure il collasso del sistema monetario europeo. Una volta che un paese ha perso competitività e quote di mercato, e il paese vincente è un paese tanto grande e forte come la Germania, la situazione diventa drammatica. Il surplus commerciale della Germania sta esplodendo, mentre tutti gli altri paesi del Mediterraneo stanno soltanto in deficit”.
Che soluzione propone?
“Quello che nessuno capisce è che la Germania ha rotto le regole implicite del sistema monetario molto più dell’Italia. In Italia tutti pensano che sia il contrario. Ma se si guarda il grafico (vedere qui sotto) si nota che la Germania ha deviato dalla ‘linea di inflazione neutrale’ più dell’Italia. La Germania dovrebbe aumentare i salari. In Italia tutti pensano che bisognerebbe aumentare la produttività soffrire, ma L’Italia ha sbagliato molto meno della Germania. La Germania è il cattivo in questo caso, non l’Italia. La curva del consumo in Germania è piatta come quella del costo del lavoro a causa della filosofia secondo cui noi tedeschi dobbiamo sempre i campioni dell’export nel mondo. Ciò che la gente non capisce è che in una unione monetaria non si può più fare. Lo puoi fare con gli USA: loro possono svalutare la moneta e il problema è risolto. Nel 1992, quando l’Italia ha avuto problemi competitivi ha svalutato e non ci sono stati problemi. Ma con l’euro non si può fare. Se la Germania continua a combattere per avere una chance di aggiustamento alla fine. Salvo il collasso del sistema”.
Eppure ultimamente le esportazioni tedesche hanno perso smalto…
“Le esportazioni in Germania non stanno scendendo: non salgono tanto come prima. E se scendono non è nei confronti dell’Europa, ma nei confronti degli USA che hanno svalutato la moneta. In Europa, la Germania è di gran lunga il paese economico più forte. E tale rimarrà per i prossimi 500 anni se le cose non cambiano drammaticamente. Se la Germania non cambia politica, succederà in Europa quello che è successo nella Germania dell’Est: è rimasta economicamente morta mentre quella dell’Ovest deve pagarei trasferimenti. Vogliamo la stessa situazione in Europa? Se aumentassero i salari in Germania, i cittadini potrebbero consumare di più e l’Italia esportare di più. Ne guadagnerebbero tutti”.
Cosa dovrebbe fare l’Italia per aumentare la sua produttività?
“Più investimenti. Ma non avverrà. La Banca centrale è troppo restrittiva e la Germania troppo forte. Non c’è modo che l’Italia possa riguadagnare competitività”.
E allora?
“Italia, Spagna, Portogallo, e Grecia dovrebbero andare a Bruxelle e chiedere di ripristinare lo schema macroeconomico del dialogo. Mario Draghi deve dire che l’Italia non può andare avanti così, e che è soprattutto colpa dei tedeschi. Ero a favore dell’euro, ma per me è stato sempre chiaro che era importante avere uno schema di cooperazione per evitare il gap dei salari”.
Sarebbe positivo o negativo per l’Italia uscire dall’Unione monetaria?
“Dipende da come si esce. Chi potrebbe dire che cose sciocche potrebbero fare i politici italiani fuori dell’euro! Ma sicuramente un deprezzamento della moneta sarebbe inevitabile. Basta guardare all’Argentina: diceva che avrebbe avuto per sempre un cambio fisso con gli USA, ma è durato solo nove anni. Poi l’esperimento è finito e l’Argentina ha deprezzato la moneta del 300 per cento. Nessuno in Europa ha pensato ad una eventualità simile fino a oggi”.
Come si sta comportando la Banca centrale europea?
“Sono critico nei confronti della Banca centrale europea. Reagisce con troppa lentezza. Avrebbe dovuto tagliare i tassi d’interesse, ma non sta facendo nulla per paura dell’inflazione. E’ ridicolo, con il prezzo del petrolio a 130 dollari al barile e un aumento annuo del 3 per cento, dire che siamo a rischio d’inflazione. Non è inflazione: è un aumento straordinario del prezzo delle materie prime”

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