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18/03/10

1 milione contro gli OGM

Cari amici,

La Commissione Europea ha appena autorizzato la coltivazione di raccolti geneticamente modificati, mettendo i profitti della lobby degli OGM al di sopra delle preoccupazioni per la salute della pubblica opinione. Clicca in basso e aiutaci a sottoscrivere una petizione con un milione di cittadini che chiedono una ricerca indipendente ed una forte regolamentazione in materia di alimenti OGM:
La Commissione Europea ha appena approvato la coltivazione di raccolti OGM nell'Unione Europea per la prima volta in 12 anni!

Crollando di fronte alla lobby degli OGM, la commissione ha ignorato il 60% di Europei che sentono di dover valutare i fatti prima di coltivare alimenti che possono costituire una minaccia per la nostra salute e l'ambiente.

Una nuova iniziativa permette ad un milione di cittadini europei di presentare richieste ufficiali e legali alla Commissione Europea. Leviamo un milione di voci per la messa al bando di alimenti OGM fino a quando non sarà completata la ricerca; saranno consegnate al Presidente della Commissione Europea Barroso. Firma la petizione ed inoltra questa e-mail ad amici e familiari:

http://www.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/?vl

I gruppi di consumatori, della salute pubblica, ambientalisti e coltivatori per lungo tempo hanno manifestato contro uno sparuto gruppo di compagnie internazionali favorevoli agli OGM che hanno una significativa influenza sull'agricoltura europea. Le preoccupazioni sulla coltivazione di OGM includono: contaminazione di raccolti organici e dell'ambiente; il loro impatto sul clima per l'eccessivo uso di pesticidi richiesto; la distriuzione della biodiversità e dell'agricoltura locale; e gli effetti degli alimenti OGM sulla salute pubblica.

La decisione dell'Unione Europea di autorizzare la coltivazione della patata della BASF e del mais della Monsanto ha trovato la dura opposizione del ministero dell'agricoltura italiano, che ha dichiarato di volere "difendere e slavaguardare l'agricoltura tradizionale e la salute dei cittadini".

Non c'è ancora consenso sugli effetti a lungo termine dei raccolti OGM. Ed è l'industria OGM, che ricerca i profitti non il bene pubblico, che sta finanziando la scienza e guidando l'ambiente regolatore. Ecco perché i cittadini europei stanno richiedendo una ricerca più indipendente, esperimenti e precauzione prima che i raccolti vengano permessi nella nostra terra.

Adesso, l'"Iniziativa dei Cittadini Europei" dà l'opportunità ad un milione di cittadini europei di presentare proposte politiche alla Commissione Europea e ci offre una possibilità unica di scardinare l'influenza delle lobby.

Leviamo un milione di voci per porre una moratoria all'introduzione dei raccolti OGM in Europa e creare un ente scientifico etico ed independente per condurre la ricerca e determinare una forte regolamentazione dei raccolti OGM. Firma la petizione adesso e poi inoltrala ampiamente:

http://www.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/?vl

Con determinazione,

Alice, Benjamin, Ricken, Luis, Graziela, l'intero team Avaaz e PropitQmò

Ulteriori informazioni:

Rapporto Eurobarometro 2008 sull' "attitudine dei cittadini europei verso l'ambiente" (inglese), pagina 66:
http://bit.ly/aMkeVJ

L'Europa dice sì alle "superpatate", Il Tempo:
http://iltempo.ilsole24ore.com/interni_esteri/2010/03/03/1133194-europa_dice_alle_superpatate.shtml

OGM: Tutta l'Italia (o quasi) contro la patata transgenica, ASCA:
http://bit.ly/bbJUyA

Basf senza freni, altri due Ogm entro il 2010, Terra:
http://www.terranews.it/news/2010/03/basf-senza-freni-altri-due-ogm-entro-il-2010

Greenpeace e il rapporto Isaaa: «Il miracolo Ogm è finito in un ruzzolone», Greenreport :
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=3633&cat=Consumi

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CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione non-profit e indipendente, che lavora con campagne di sensibilizzazione in modo che le opinioni e i valori dei popoli del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali. (Avaaz significa "voce" in molte lingue.) Avaaz non riceve fondi da governi o aziende ed è composta da un team internazionale di persone sparse tra Londra, Rio de Janeiro, New York, Parigi, Washington e Ginevra. +1 888 922 8229

Clicca qui per avere maggiori informazioni sulle nostre campagne.

Non dimenticare di andare a vedere le nostre pagine: Facebook, Myspace e Bebo.

03/03/10

3 giorni per salvare gli oceani

Cari amici,

Entro pochi giorni, il governo inglese potrebbe creare la più estesa Area Marina Protetta del mondo. Ma i potenti interessi commerciali della pesca lo vogliono ostacolare. Lanciamo un'ondata di sostegno per salvare i nostri oceani. Firma la petizione in basso, e inoltra questa email a tutti quelli che conosci:

Questo venerdì il governo inglese potrebbe passare alla storia creando l'Area Marina Protetta più estesa del mondo intorno alle Isole Chagos.

I nostri ecosistemi oceanici stanno letteralmente moren do sotto la pressione della pesca commerciale massiccia e incontrollata e dell'inquinamento. Questa decisione potrebbe iniziare a cambiare il corso degli eventi. Ma le compagnie di pesca commerciale si stanno opponendo alla mossa , mettendo i profitti a breve termine al primo posto. Non possiamo permettere che questo accada – abbiamo già perso più del 90% dei grandi pesci come il tonno e il marlin.

Insieme, lanciamo un'ondata di sostegno pubblico globale al governo inglese, chiedendo di essere forti e proteggere gli oceani dallo sfruttamento. Firma la petizione in basso,poi inoltrala a tutti quelli che conosci. Sarà consegnata al Segretario per gli Affari Esteri David Miliband entro il termine ultimo di venerdì prossimo!

http://www.avaaz.org/it/save_our_oceans/?vl

I report sono tremendi: nei prossimi 38 anni, i nostri ocea ni potrebbero essere completamente sfruttati dalla pesca, nei prossimi 100 anni tutte le barriere coralline potrebbero essere morte. Questa azione da sola non sarà sufficiente per invertire la tendenza. Ma servirà a creare un'Area Marina Protetta di 210.000 miglia quadrate – più estesa della Grande Barriera Corallina.

Per salvare veramente gli oceani dal collasso avremo bisogno di una forte leadership politica, e di cittadini che agiscano con impegno. Nel 2010, l'Anno Internazionale della Biodiversità, una decisione del Regno Unito per creare l'Area Marina Protetta più grande del mondo assicurerebbe un'eredità di conservazione senza precedenti per scala e significato. Questo costituirebbe un chiaro esempio per altri governi in tutto il mondo.

Sovrastiamo le voci delle compagnie di pesca commerciale e gettiamo le basi per proteggere i nostri oceani per le generazioni future. Firma la petizione in basso e inoltrala ad amici e familiari:

http://www.avaaz.org/it/save_our_oceans/?vl

Con speranza,

Alice, Iain, Paul, il resto del team Avaaz e l'Ass. Cult. PropitQmò

Ulteriori informazioni:

La campagna Protect Chagos:
http://bit.ly/aYibRB

Barriere coralline: entro il 2100 cominceranno a sparire:
http://www.ecologiae.com/barriere-coralline-2100-sparire/13413/

Il problema della sovrapesca (inglese):
http://overfishing.org/pages/why_is_overfishing_a_problem.php

CHI SIAMO
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PROIBIZIONISMO E CAPITALISMO

Negli ultimi tempi, dopo la ormai famosa intervista rilasciata dal cantante Morgan, i mezzi di comunicazione di massa hanno riportato alla ribalta nazionale il tema della droga. L’impostazione data alla discussione nei salotti televisivi è, come sempre, distorta, mistificante e strumentale. Evidentemente si intende avallare la linea legislativa di segno proibizionista adottata dal governo in carica, ma rispondente ad un orientamento molto diffuso e trasversale agli schieramenti politici parlamentari. Una linea che fa capo ad una legge che reca i nomi degli onorevoli Fini e Giovanardi, il cui intento dichiarato sin dall’inizio è quello di colpevolizzare i tossicomani, giudicati alla stregua di criminali spacciatori, cancellando quindi la “liceità” del consumo personale.

Come argomentano i sostenitori della legislazione vigente, la gravità della situazione sarebbe causata dal “permissivismo” contenuto nell’idea di “modica quantità”, un concetto avvalorato e incoraggiato dall’affermazione della cosiddetta “cultura della droga” riconducibile alle “culture alternative” o “controculture” diffuse ed egemoni negli anni ’60 e ‘70. In effetti questo è il ragionamento, assai rozzo e semplicistico, seguito dai fautori della legge. Invece, è un dato incontestabile che la causa reale dei crimini abitualmente perpetrati nelle aree urbane più degradate, ad esempio i reati commessi dai tossicomani più giovani, risieda nell’esatto contrario del permissivismo, vale a dire in quel regime proibizionista che di fatto determina in modo decisivo l’intera questione. Un regime che la legge Fini/Giovanardi ha reso più crudo, criminalizzando non solo le abitudini di milioni di consumatori di droghe leggere, ma penalizzando anche altri comportamenti, fino a violare e calpestare alcuni diritti sanciti dalla Costituzione.

Le misure draconiane previste dalla legge vigente mirano a reprimere il diritto allo “sballo”, ma non ne eliminano le cause effettive, nella misura in cui le ragioni del disagio e dell’alienazione giovanile nelle droghe sono di natura sociale, esistenziale, psicologica, culturale, ma non certo giuridica. Inoltre, le norme punitive investono solo i piccoli spacciatori, ossia gli abituali consumatori di sostanze narcotiche. Mi permetto di aggiungere che la nozione di "disagio giovanile" è fuorviante in quanto il disagio non è legato ad una condizione anagrafica. E’ invece più corretto parlare di "disagio sociale", benché il malessere investa soprattutto le "categorie" dei giovani e degli anziani, cioè le fasce più indifese della società, più esposte alle avversità, anzitutto materiali, che l'esistenza quotidiana oppone agli esseri umani senza alcuna speranza di superamento.

Tale disegno politico cela una perversa volontà di esasperare il fenomeno della violenza urbana, specialmente di quella minorile. L’esperienza storica ha dimostrato che l’imbarbarimento di una già ferrea disciplina repressiva non fa altro che scatenare l’effetto contrario, generando fenomeni di recrudescenza e l’aumento della rabbia, del malessere e della disperazione. Il problema delle tossicodipendenze non è una questione di ordine pubblico, benché come tale viene considerata, rinunciando ad un’analisi razionale del fenomeno e ad una rigorosa prassi politico-sociale, per abdicare a favore dell’azione poliziesca ed invocare una crescente militarizzazione del territorio.

Tale orientamento, che coincide con lo spirito autoritario e repressivo che non anima solo l’attuale governo, non ha mai debellato o inibito alcuni atteggiamenti considerati "devianti", ma al contrario li ha incentivati ed esasperati. È indubbio che alcune sostanze, come le cosiddette "droghe pesanti", siano letali, per cui chi ne abusa rischia la morte, ma è altrettanto evidente che la pericolosità di tali droghe, proprio in quanto proibite, rischia di essere accentuata. Del resto, qualsiasi comportamento che produca effetti nocivi per la salute psicofisica delle persone (si pensi all’abuso di psicofarmaci e superalcolici o all’assunzione abituale di nicotina), nella misura in cui è ridotto ad un problema di ordine pubblico, essendo vietato e perseguito penalmente, potrebbe accrescere il livello della tensione sociale, degenerando in atti criminali condannati alla clandestinità e provocando una crescente e pericolosa spirale di violenza. Tale sistema di legge costituisce un ulteriore segnale che attesta l’involuzione in senso codino e reazionario di una parte notevole della classe dirigente italiana, a cui non corrisponde un pari fenomeno regressivo nella società civile, che in tal modo si discosta e si estrania sempre più dagli ambienti, dagli umori e dai poteri istituzionali del “Palazzo”.

Invece, bisognerebbe affrontare il problema partendo da una riflessione lucida e razionale, libera da condizionamenti di natura emotiva e moralistica. Si tratta di compiere una radicale inversione di rotta rispetto alla linea politica finora seguita. Il problema delle tossicodipendenze non si può fronteggiare usando la forza pubblica o assumendo iniziative di segregazione e colpevolizzazione sociale e morale. Al contrario si deve prendere coscienza della reale natura del problema, dissimulata e mistificata sotto una veste superficiale che viene deformata dalle reazioni più emotive ed irrazionali suscitate dal sistema repressivo vigente. Bisogna rendersi conto della pericolosità sociale delle risposte repressive ed alienanti messe in moto dalla macchina propagandistica del regime proibizionista, che è storicamente e politicamente fallito.

Bisogna rendersi conto che in una società che ormai è diventata di massa, in cui prevalgono tendenze e comportamenti consumistici di massa, è inevitabile che anche il consumo di quelle sostanze definite “droghe” si affermi come abitudine diffusa, anzitutto per un effetto di emulazione e omologazione culturale, cioè in virtù di uno strumento di persuasione assai efficace, comunemente detto “moda”.

In questo ragionamento occupa una posizione centrale il tema della mercificazione del “tempo libero”. La società borghese ha imposto da tempo un’ideologia distorta e mistificante del “tempo libero”, inteso falsamente come una frazione della vita quotidiana libera da impegni di lavoro e di studio, quindi di impegno e lotta politica, da destinare agli svaghi, ai divertimenti, agli “sballi”, alle vacanze, cioè ai consumi economici. Tale mistificazione ideologica è funzionale ad un processo di mercificazione e privatizzazione del “tempo libero” che è un ulteriore momento di alienazione dell’individuo nella fruizione passiva e consumistica di prodotti offerti dall’industria del “tempo libero” e del “divertimento” quali il sesso, la musica, lo sport e le droghe.

Le periodiche campagne mediatiche sulla criminalità e l’ordine pubblico sono ingannevoli e strumentali. Anzitutto si evita accuratamente di analizzare le origini della criminalità comune e di confrontarla con la criminalità delle classi dominanti (guerre, mafia, omicidi bianchi, bancarotta, evasione fiscale, ecc.) che non è mai menzionata dai media ufficiali. Per gli organi di informazione l’unica criminalità esistente è quella dei proletari, degli emarginati, dei migranti. Le classi dominanti mantengono il sistema con la violenza, mediante il monopolio e l’esercizio della forza pubblica, riversando la loro violenza sul proletariato, in particolare sul proletariato giovanile più marginale. Ci troviamo di fronte ad una cinica e perversa opera di criminalizzazione della vita quotidiana, che si avvale di molteplici strumenti economici, sociali, politici, legislativi, tra cui figura anche il regime proibizionista vigente in materia di alcune droghe.

Sul piano economico e politico una sostanza come l’eroina è funzionale ad un sistema retto sul dominio e sulla criminalità di classe. Dal punto di vista economico, benché l’eroinomane non costituisca una forza-lavoro intesa secondo i canoni tradizionali, tuttavia egli, ridotto ad essere uno schiavo della sostanza, un maniaco dipendente, pronto a rubare, spacciare, alimentare il mercato nero, produce reddito illegale in quanto forza-lavoro, come, se non meglio di un lavoratore normale, pretendendo in cambio nessun salario e nessun contratto sindacale. Sul versante politico, gli assuntori di eroina non solo cessano di opporsi attivamente al sistema, ma offrono un terreno fertile per la repressione e la provocazione contro i movimenti giovanili di lotta e di protesta.

Oggi è sempre più impercettibile il confine tra legalità e illegalità, tra economia legale e illegale, tra la cosiddetta “mafia capitalista”, inserita nei circuiti finanziari istituzionali, e la criminalità mafiosa convenzionalmente intesa. Il delitto è assunto al livello della legge e della norma su scala globale. Quella che prima si poteva considerare come una “devianza dalla norma” si è tramutata nel suo esatto contrario, poiché la devianza si è imposta come norma, intendendo per “devianza” soprattutto il delitto, a cominciare dai peggiori crimini commessi dal sistema economico capitalistico a livello planetario.

Concludo avanzando, se possibile, una semplice proposta di buon senso. Sgombrando il campo da ogni luogo comune, come la tesi che equipara le "droghe leggere" a quelle "pesanti", il problema delle tossicodipendenze appare per quello che in effetti è: una questione di ordine educativo e socio-culturale, da un lato, e una grave emergenza sanitaria, dall’altro. Pertanto, credo sia necessario perseguire una triplice finalità:

- promuovere una campagna di controinformazione e sensibilizzazione preventiva per abbattere lo stato di ignoranza che genera pregiudizi e allarmismo sociale;

- avviare alcune iniziative sui territori per metterli in condizione di fronteggiare l’emergenza sanitaria che presuppone l’esistenza di presidi di pronto intervento;

- realizzare una serie di misure e progetti socio-educativi in grado di far fronte al degrado esistente soprattutto in alcune aree sociali metropolitane.

[fonte: http://www.arcoiris.tv articolo di Lucio Garofalo]

14/07/09

Polvere DI MONFALCONE - vedova all'amianto

di Angelo Ferracuti - MONFALCONE (TRIESTE)

Ritorno di uno scrittore nei luoghi dove l'asbestosi continua a mietere vittime. I picchi più alti di mortalità previsti nel 2020. Alla vigilia dell'apertura del maxiprocesso contro la Fincantieri per la morte di 39 operai
A Monfalcone è meglio arrivare dall'interno, passando per Aquleia, antica città magica e porto romano. Arrivando dall'autostrada conviene uscire a Palmanova e inoltrarsi per questa lingua d'asfalto che come una forbice affilata taglia in due un territorio ricco di faggete rigogliose e campi. Quello che ti colpisce arrivato all'asburgica Grado è il colore del cielo, che sembra blu cobalto e l'acqua che ti accoglie è dello stesso colore, così tutto diventa più largo, lucente e ventoso, e superato il ponte sull'Isonzo sembra di essere già in un altro territorio. Da queste parti arrivai la seconda volta cinque anni fa, qui iniziò il mio viaggio nell'Italia del lavoro, che finì nel libro Le risorse umane, due anni a caccia di storie dal nord al sud di questo paese che arretra, omogeneo solo per nuovo sfruttamento e nuove schiavitù, e sempre qui sono tornato più volte perché amo questi luoghi, e soprattutto la gente che ci abita, schiva e allo stesso tempo rocciosa come il Carso, criniera di collina montagnosa a pochi passi dal mare e a un tiro di schioppo da Nuova Gorica. Ma la prima volta fu ancora precedente, invitato a scrivere un reportage in loco da Mauro Covacich. Ero attratto dai luoghi e le memorie della prima grande guerra, e per due giorni ostinato camminai su questi sentieri a caccia di trincee, lapidi che spuntavano come funghi dalla terra pietrosa e croci di ferro arrugginite. Poi, invece, in zona Cesarini raccontai la storia di un pugile, Stefano Zoff, Il Rocky di Monfalcone, come lo soprannominai, che quando conquistò il titolo di campione del mondo dei pesi leggeri, atterrato all'aeroporto di Ronchi dei Legionari di ritorno da Las Vegas non trovò nessuno a fargli festa. Fu in quella occasione che sentii parlare per la prima volta di morti di amianto alla Fincantieri. Si trattava di operai, tubisti, saldatori, isolatori, impiegati, ma anche delle donne addette alla pulizia della mensa, persino delle mogli che avevano lavato le tute da lavoro dei mariti. Tutti avevano inalato quella maledetta polvere. Non c'era una famiglia che non contasse tra la cerchia dei parenti un malato di asbestosi, o col carcinoma ai polmoni, non avesse visto una di queste persone soffrire per mesi e poi morire straziata per soffocamento. La cosa che mi colpì di più era che di questa tragedia non ne parlava nessuno. Anche in città c'era una rimozione fortissima. Una storia che ricordava La peste di Albert Camus, aveva la stessa irreale assurdità.
Qui incontrai la signora Nardi, dell'Associazione esposti, e il dottor Bianchi, l'epidemiologo che denunciò il fenomeno da un punto di vista medico e subì un isolamento vergognoso, come il dottor Manson ne La cittadella di Cronin, e poi l'ex isolatore termico Duilio Castelli, che è ancora vivo nonostante abbia i polmoni impestati di placche pleuriche, che da anni segue le storie umane dei colpiti, fa assistenza all'ospedale. Proprio lui, seduto su una tomba del cimitero di San Canzian d'Isonzo, mi raccontò la strana storia che quando uno dei suoi compagni se ne stava per andare all'altro mondo, lui vedeva la morte arrivare, e una figura fantasmatica nera con una falce luminosa che posava la sua mano sulla spalla del morente.
Sto tornando a Monfalcone dopo cinque anni, è una bella giornata di sole. Mi hanno invitato a un festival, Onde mediterranee, credo dovrò parlare di luoghi, ma anche di scrittura dal vero, quella dei San Tommaso che vogliono toccare con mano, vanno a vedere, e annusano come scriveva Walser. A Panzano, nella cittadella operaia, è tutto come sempre, al baretto un prosecco tira l'altro, ma gli operai bengalesi sono aumentati, la comunità ora è una città nella città, però un corpo separato, se ne vedono molti per strada, hanno aperto delle attività. Alloggio in un hotel centralissimo, il Lombardia, però gestito da napoletani.
Il pomeriggio incontro il giovane storico Enrico Bullian, ha scritto Il male che non scompare (Il ramo d'oro), ricerca che compendia (da un punto di vista scientifico, normativo, sociale ed economico) il successo della fibra killer. Con lui c'è un'altra ragazza dell'Associazione esposti, Chiara Paternoster, anche lei fresca di laurea in giurisprudenza, che segue gli aspetti legali. Ci sono interessanti novità sul fronte dei processi, il Tribunale di Gorizia, dopo cinque anni di strana inerzia, ha emesso due sentenze di condanna per omicidio colposo nei confronti di tre dirigenti della Fincantieri. «La svolta è arrivata dopo le nostre pressioni sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, perché cinque anni fa i processi non si facevano, quindi oltre a un problema legato alla riaffermazione di un principio di giustizia, in quanto queste persone hanno subito una lesione grave del loro diritto di sicurezza sul posto di lavoro, era addirittura negata la possibilità di vedere giudicata la cosa attraverso una sentenza».
All'epoca oltre mille fascicoli giacevano al calduccio negli armadi della Procura di Gorizia. L'associazione denunciò al Csm questa omissione, partì una inchiesta del Ministero di Grazia e Giustizia. «Intanto in Tribunale era arrivato come Procuratore generale Beniamino Deidda, che aveva un potere di controllo, il quale è da sempre sensibile ai temi della sicurezza, che si è subito interessato. Ma le cose non si sbloccavano, così un anno fa ha avocato quarantadue fascicoli, e cioè li ha fatti propri, ha costituito un pool di consulenti tecnici, e in sei mesi ha sequestrato quindicimila pagine di atti d'indagine, acquisito documenti alla Fincantieri, e così tutto è ripartito».
Pare ci sia addirittura una lettera che risale agli anni settanta, spedita dai vertici aziendali dell'allora Italcantieri ai dirigenti di Genova, dove si consiglia, tenuto conto dei tempi di incubazione della malattia, di non mettere a lavorare operai con meno di quarant'anni nei reparti dove si usa l'amianto. Una cosa agghiacciante, di una gravità inaudita, se confermata nel corso dei dibattimenti.
Le cose sono in movimento. Non solo i processi, non solo nei Tribunali. Questa storia è ora anche un corto notevole, Polvere, di Ivan Gergolet, storia di una donna «vedova dell'amianto» che per vendicarsi s'introduce nell'abitazione di colui che considera responsabile della morte del marito fingendosi badante.
Il giorno dopo incontro Mirella Bigot, che mi aveva raccontato la storia straziante e dolcissima di suo marito, e di come dentro una tragedia possano prendere posto anche sentimenti nobili come l'amore e la tenerezza. Ne rimasi molto colpito, tanto che alla fine ci abbracciammo in quel tinello rabbuiato e piangemmo. E' uscita dall'Associazione, vuole continuare da sola. Teme anche i tempi lunghi e il massacro mentale dei processi, che sono sempre un calvario per chi resta. Però è ancora molto indignata nei confronti dell'azienda. «Perché questi delinquenti sono rimasti così indifferenti?» Non si capacita. Ma allo stesso tempo è arresa, delusa. «Bisogna metabolizzare, non si può essere rabbiosi...alla fine, dopo il dolore, l'impotenza, resta la nostalgia. Il dolore è silenzio, meditazione».
La Nardi, invece, la signora Nardi, ora presidente dell'Associazione, «un'associazione dove c'è tanto dolore», come la definisce, è sempre combattiva. Biondissima e riccioluta quasi non la riconosco. Con lei c'è sua figlia Barbara. «Finalmente», mi dice, «la vita mi ha martoriata, sono stati anni difficili, ma siamo arrivati alla fine», dopo undici anni dalla scomparsa di suo marito non è però ancora pacificata. È ancora lei, arrabbiata, con l'imprinting politico della combattente: «Mi offendeva il silenzio degli altri, l'indifferenza, come se fosse normale tutto quello che stava succedendo. Questa storia mi ha insegnato che se vuoi puoi».
«Se sfogli un elenco telefonico ti accorgi che qui la popolazione è da sempre mista, i contagi etnici sono stati moltissimi», mi ha raccontato la mia amica Patrizia Giacometti, «si parlano dialetti diversissimi in un territorio di pochi chilometri, il Bisiaco, per esempio, un veneto arcaico che resiste in una zona geograficamente ben delimitata, dal Tanaro all'Isonzo, e anche dal Carso al mare, da Sagrato a Monfalcone, il triestino a Trieste, il graisano a Grado, mentre ad Aquileia parlano il friulano. I fiumi, i bracci di mare hanno fortemente influenzato la parlata locale».
Infatti, qui ti senti straniero, perché arrivarci non è facile, ed è straniero anche il mondo che abiti, tutto sembra solo appena sfiorato dagli orrori estetici. Anche se altri orrori, questo è il costo del capitale, sono in agguato. Nel 2020, infatti, si toccheranno i picchi più alti di mortalità per asbestosi. Ma è di oggi la notizia che il Tribunale di Gorizia ha accolto la richiesta delle parti civili e la Fincantieri andrà in giudizio in un maxi-processo che riguarda la morte di trentanove operai. Quegli stessi operai che «costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere, li tradì il profitto» come recita la frase dello scrittore Massimo Carlotto, che sta nel monumento a loro dedicato a pochi metri dai cantieri navali.

08/05/09

La verità sull'influenza suina

Avaaz.org - The World in Action
sono sempre più evidenti i collegamenti tra le aziende agricole e l'influenza suina spesso sporche, pericolose e disumane. Firma la petizione diretta all'OMS e alla FAO affinché indaghino e regolamentino queste minacce alla nostra salute:

Sign the Petition!
Nessuno ancora sa se l'influenza suina l'influenza suina diventerà una pandemia globale, tuttavia è sempre più chiara la sua origine – quasi certamente da una grande azienda suinicolagestita da una multinazionale statunitense a Veracruz, in Messico.

Queste aziende agricole sono deplorevoli e pericolose, e si stanno moltiplicando a vista d'occhio. Migliaia di suini sono brutalmente stipati in sudicie porcilaie in cui vengono spruzzati cocktail di farmaci - il che rappresenta un rischio sanitario non solo per il nostro cibo -- i maiali stessi e i loro letamai costituiscono l'ambiente ideale per lo sviluppo di nuovi virus come quello dell'influenza suina. L'OMS e la FAO hanno il dovere di indagare e regolamentare queste aziende agricole per proteggere la salute pubblica.

Le grandi imprese del settore agroindustriale faranno di tutto per opporsi a tentativi di riforma, perciò abbiamo bisogno di una protesta massiccia che non possa essere ignorata dalle autorità sanitarie.Firma la petizione qui sotto e spargi la voce tra i tuoi amici e familiari noi la consegneremo alle agenzie dell'ONU. Se raggiungiamo 200.000 firme la consegneremo all'OMS a Ginevra con una mandria di maiali di cartone. Ogni mille firme aggiungeremo un maiale di cartone alla mandria:

http://www.avaaz.org/it/swine_flu_pandemic

La scorsa settimana non abbiamo parlato d'altro oltre l'influenza -- il Messico si è quasi paralizzato, e in tutto il mondo i leader di molti paesi hanno fermato i voli aerei, sono state bandite le importazioni di carni suine, e sono state prese misure drastiche col fine di mitigare la diffusione del virus. Ora che la minaccia sembra placarsi, rimane da scoprire dove si è originata e come poterla fermare nel caso si ripresenti.

La Smithfield Corporation, la più grande azienda suinicola del mondo, ora indagata come possibile origine della diffusione dell'H1N1 , nega qualsiasi collegamento tra i propri suini e l'influenza; inoltre le grandi imprese del settore agroindustriale investono ingenti somme di denaro nella ricerca per poter affermare che la sicurezza ambientale è garantita nella produzione industriale dei suini. Tuttavia sono anni che l'OMS dichiara che una nuova pandemia sarà inevitabile e gli esperti della Commissione Europea e della FAO hanno anticipato che il rapido passaggio dalle piccole aziende alle grandi industrie suinicole ha incrementato il rischio di sviluppo e trasmissione delle malattie epidemiche. Gli scienziati dei centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie dichiarano di non conoscere al momento gli effetti che queste aree infette potrebbero avere sulla salute umana.

Sono numerosi gli studi circa le condizioni raccapriccianti nelle quali versano i suini allevati in larga scala, e circa il devastante impatto economico che ciò provoca sui piccoli allevatori. La stessa Smithfield è stata precedentemente multata per 12.6 milioni di dollari e attualmente si trova sotto inchiesta federalenegli USA per danni ambientali derivanti dai liquami degli escrementi suini.

Nonostante queste prove schiaccianti, la combinazione tra l'incremento nel consumo di carne e una potente industria alimentata dal profitto scapito della salute umana fa sì che invece di essere chiuse - queste disgustose aziende agricole si stanno spargendo nel mondo senza che nessuno le fermi. Sulla scia della minaccia dell'influenza suina, facciamo in modo che le grandi industrie suinicole si prendano le proprie responsabilità. Firma la petizione in favore delle indagini e della regolamentazione:

http://www.avaaz.org/it/swine_flu_pandemic

Se fermiamo strenuamente questa crisi sanitaria globale ristabilendo il consumo e la produzione del cibo e richiediamo urgentemente un'inchiesta circa l'impatto delle aziende agricole sulla salute umana, potremmo regolamentare seriamente le pratiche agricole col fine di salvare la popolazione mondiale da potenziali pandemie originate dagli animali.

http://www.avaaz.org/it/swine_flu_pandemic

Con speranza,

Alice, Pascal, Graziela, Paul, Brett, Ben, Ricken, Iain, Paula, Luis, Raj, Margaret, Taren e tutto il team di Avaaz e si associa CultCorner.info & l'Associazione Culturale PropitQmò.

Fonti:
http://titolando.wordpress.com/2009/04/27/febbre-suina-i-giornali-parlavano-di-pandemia-gia-dal-1999/

http://www.nutritionecology.org/it/panel3/intro.html

Impatto economico dell'influenza suina:
http://www.internazionale.it/valigia/articolo.php?id=22399

Una potenziale pandemia:
http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nazionale/news-dettaglio/3656540

14/01/09

MSF non si arrende nelle zone di guerra e di epidemia

Gaza, per le equipe di MSF sempre più difficile portare soccorso a una popolazione intrappolata e senza vie di fuga

Un team chirurgico di MSF sempre in attesa delle autorizzazioni per entrare nella Striscia di Gaza e portare aiuto all'ospedale di Shifa

12/01/2009

Gaza/Roma - A causa dell'insicurezza, le equipe di Medici Senza Frontiere continuano a incontrare enormi difficoltà nel soccorrere i feriti. Le condizioni di sicurezza continuano a impedire alle equipe mediche e agli aiuti umanitari di venire in soccorso a una popolazione che non può fuggire e si ritrova intrappolata.

La tregua non aiuta in alcun modo il lavoro degli operatori umanitari né l'accesso dei pazienti agli ospedali. Infatti la tregua interessa solo la città di Gaza, e non le periferie urbane. La clinica di MSF per le cure post-operatorie nella città di Gaza è aperta tutti i giorni, ma solo pochi dei nostri pazienti possono raggiungerla a causa dei rischi nei quali incorrono.

Gli operatori palestinesi di MSF continuano a fornire cure nei quartieri dove risiedono, ma anche queste attività sono estremamente limitate di fronte all'immensità dei bisogni.

Mercoledì 7 gennaio le nostre equipe hanno visitato 3 scuole che ospitano degli sfollati. Hanno valutato i bisogni sanitari e hanno distribuito materiale medico e farmaci. Ci sono dei medici tra gli sfollati, e sono loro che si occupano di fornire le cure.

Le nostre equipe a Gaza, in contatto continuo con le strutture ospedaliere palestinesi, constatano la grande fatica del personale sanitario ospedaliero che deve continuamente gestire l'afflusso dei feriti, soprattutto la notte.

Un'equipe chirurgica di MSF si trova attualmente a Gerusalemme e comprende un chirurgo vascolare, un chirurgo generale, un infermiere anestesista, un infermiere di sala operatoria e un medico anestesista specializzato in terapia intensiva. MSF spera di poterli far entrare nella Striscia di Gaza quanto prima. Questa equipe andrebbe a sostenere le equipe mediche palestinesi nell'ospedale di riferimento di Shifa.

MSF è inoltre in attesa delle ultime autorizzazioni per fare rientrare 21 tonnellate di materiale medico, tra cui due tende mediche gonfiabili che permetteranno di accrescere le capacità di ricovero e di terapia intensiva e di mettere eventualmente in piedi una sala operatoria supplementare. Un logista di MSF raggiungerà le equipe per allestire queste strutture.

MSF in azione
Somalia, oltre 50mila persone in fuga dai combattimenti
In seguito ai pesanti combattimenti tra due gruppi armati di domenica scorsa, il team medico somalo di MSF ha curato 46 feriti nell'ospedale di Istarlin a Guri El. Oltre 50mila persone sono fuggite dalla città di Guri El e dalla capitale regionale di Dhusa Mareb per cercare rifugio nelle zone rurali, restando praticamente tagliati fuori dalla possibilità di ricevere assistenza.

L'epidemia di Ebola continua
Kasai occidentale, Repubblica Democratica del Congo
A oggi sono 42 i casi di sospetta febbre emorragica da virus Ebola registrati nella provincia del Kasai occidentale, nella RDC, e 13 i decessi riportati fino a questo momento.

27/10/08

Appello SIMM: ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U.! Un atto inutile e dannoso anzi pericoloso

Società Italiana di Medicina delle Migrazioni
S.I.M.M.
PRESIDENTE: DR. SALVATORE GERACI (ROMA)
DIREZIONE E SEGRETERIA
VIA MARSALA, 103 00185 ROMA
tel 06.445.47.91 fax 06.445.70.95
info@simmweb.it www.simmweb.it



Appello SIMM: ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U.!
Un atto inutile e dannoso anzi pericoloso.

Nell’ambito della discussione in Senato del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” (atto 733), in commissione congiunta Giustizia ed Affari Costituzionali, è stato depositato da quattro senatori ed una senatrice della Lega Nord un emendamento che mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi per la componente irregolare e clandestina.
Sono previste due modifiche al comma 4 e comma 6, e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione).
Partiamo dal comma 5, la cui cancellazione è di estrema gravità: esso infatti attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare” (per altro deontologicamente assolutamente corretta!) ma in particolare di tutelare la collettività come prevede l’articolo 32 della Costituzione; il rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria, creerebbe una barriera insormontabile per l’accesso e spingerebbe ad una “clandestinità sanitaria” pericolosa per l’individuo ma anche per la popolazione laddove possano esserci malattie trasmissibili.
Ormai esiste una significativa documentazione sul tema, compresa la posizione della Federazione degli ordini dei medici italiani, di alcune Società scientifiche e dei Ministri della sanità europei ... che sottolineano l’indispensabilità di questa impostazione per garantire concretamente la salute per tutti (è assolutamente intuitivo come le malattie non facciano distinzione di etnia, status giuridico o colore della pelle). L’effetto della cancellazione di questo comma vanificherebbe il lavoro fatto negli ultimi 13 anni che ha prodotto importanti successi nell’ambito sanitario tra gli immigrati testimoniato ad esempio dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale ...). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più “efficiente” in termini di economia sanitaria.
La modifica al comma 4 introduce invece un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, forse compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni.
Il comma 6, sembra invece soltanto un aggiustamento rispetto al mutato quadro delle competenze sanitarie a seguito del processo di devoluzione.


Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perchè:

# spingerà all’incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo;

# potrà produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di fuori dei sistemi di
controllo e di verifica della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti, ...);

#creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;

#avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e la probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;

# produrrà un significativo aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e le condizioni di arrivo saranno significativamente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati;

# spingerà molti operatori ad una “obiezione di coscienza” per il primato di scelte etiche e
deontologiche.

Riteniamo estremamente pericoloso il provvedimento poichè soprattutto in un momento di
trasformazione sociale e di sofferenza economica, questo atto va ad intaccare il cosiddetto “capitale sociale” ** della società (contrasto tra italiani e stranieri, diritti negati e nascosti, radicale differenza nella vision dell’approccio professionale) che una significativa letteratura scientifica definisce condizione per una deriva nel conflitto sociale (le cui prime avvisaglie stiamo già vivendo negli ultimi tempi).
Come medici ed operatori sanitari ci appelliamo perchè piuttosto che logiche di partito prevalga, alla luce delle evidenze tecnico scientifiche e di consolidate politiche sanitarie, un approccio intelligente e concreto di sanità pubblica come è già avvenuto nel 1995.

Il Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni


** Per “capitale sociale” si intende la fiducia, le norme che regolano la convivenza e le relazioni interpersonali, formali e informali, essenziali per il funzionamento dell’organizzazione sociale.

L’adesione di medici e operatori sanitari del Friuli V.G. all’appello della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni S.I.M.M.

COMUNICATO STAMPA

L’adesione di medici e operatori sanitari del Friuli V.G. all’appello della
Società Italiana di Medicina delle Migrazioni S.I.M.M.
per ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U. sull’immigrazione.

Anche per molti medici e operatori sanitari e sociali del FRIULI VG modificare o abrogare alcune disposizioni contenute nell’art 35 del testo unico sull’immigrazione è un atto inutile e dannoso.

Nell’ambito della discussione in Senato del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” è stato depositato da alcuni esponenti della Lega Nord un emendamento che cerca di cancellare uno dei principi fondamentali della politica di tutela della salute collettiva e cioè la possibilità per tutti gli immigrati, anche se irregolari, di accedere ai servizi sanitari in caso di bisogno.

I medici e gli operatori sanitari e sociali sono in particolare preoccupati dalla proposta di abrogare il comma 5 dell’articolo 35 del Testo Unico sull’immigrazione, che prevede che l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
Questa norma presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, pemette non solo di “aiutare/curare l’immigrato irregolare” (dovere imprescindibile del medico!) ma anche di tutelare la collettività come prevede la Costituzione; il rischio di segnalazione creerebbe una paura insormontabile per l’accesso e spingerebbe ad una “clandestinità sanitaria” pericolosa per l’individuo ma anche per tutta la popolazione in generale (si pensi al rischio di diffusione delle malattie infettive se non tempestivamente diagnosticate !)
E’ assolutamente evidente –sottolineano i medici - come le malattie non facciano distinzione di status giuridico né di etnia o colore della pelle. Togliere a qualcuno la possibilità di curarsi, vanificherebbe il lavoro fatto negli ultimi 13 anni che ha prodotto importanti successi nell’ambito sanitario come ad esempio la riduzione dei tassi di Aids e di Tubercolosi, il miglioramento degli indicatori di salute materno infantili. Inoltre si deve sottolineare che l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi e delle cure produce un evidente contenimento dei costi e contribuisce ad evitare più complessi e costosi provvedimenti di prevenzione e sanità pubblica.
Gli operatori che hanno sottoscritto l’appello della SIMM ritengono quindi inutile e dannoso modificare l’articolo 35, evidenziando una serie di pericoli per la salute di tutta la comunità regionale, quali:
# il rischio di rendere invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di controllo sociale
# la nascita di percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele e clandestine fuori dal controllo della sanità pubblica
# il ricorso ai servizi solo in condizioni di grave urgenza
# il rischio di diffusione di malattie infettive
In nome del primato dei doveri etici e deontologici, saremo comunque costretti a scegliere di “disobbedire” ad una legge ingiusta : ci appelliamo perchè piuttosto che logiche di partito prevalga, alla luce delle evidenze tecnico scientifiche e di consolidate politiche sanitarie, un approccio intelligente e concreto di sanità pubblica come è già avvenuto nel 1995.



aderisce anche la “ASSOCIAZIONE MEDIATORI DI COMUNITA’ – ONLUS “ , Udine
1. Guglielmo Pitzalis, medico, medicina sociale,dipartimento di prevenzione, Udine
2. Rosalia Maria Da Riol,pediatra, neonatologia, A.O.U., Udine
3. Driussi Silvia, ginecologa, consultorio familiare, Udine
4. Ennia Salvador, assistente sanitaria, consultorio familiare, Udine
5. Bidassi Paola, ostetrica, consultorio familiare, Udine
6. Claudia Zuliani, medico del lavoro, dipartimento di prevenzione., Udine
7. Barbara Alessandrini, medico del lavoro, dipartimento di prevenzione , Udine
8. Paolo Monte,medico, medicina sociale, dipartimento di prevenzione, Udine
9. Valentina Brussi, medico, medicina sociale, dipartimento di prevenzione, Udine
10. Daniela Gnesutta, medico, medicina sociale, dipartimento di prevenzione, Udine
11. Agnoletto Anna Paola, medico, distretto sanitario , Udine
12. Anna Beltrame, medico, clinica malattie infettive, A.O.U., Udine
13. Irma Guzman, vicepresidente l'associazione femminile “ La Tela “, Udine
14. Najada Hakiraj , mediatrice culturale, Udine
15. Maria Cristina Novelli , sociologa, sos comunicazione URP Ass 4, Udine
16. Nadia Urli, tutor , corso di laurea in infermieristica , facoltà di medicina, Udine
17. Elisabetta Mauro, psicologa e psicoterapeuta transculturale, Udine
18. Maurizio Ingegneri , associazione “Vicini di Casa”, Udine
19. Maria Teresa Ghiraldo, assistente sanitaria , dipartimento di prevenzione , Udine
20. Maria Francesca Zamaro , infermiera A.O.U. , Udine
21. Renato Cantoni ,direttore centro di accoglienza “ Casa Dell’Immacolata “ , Udine
22. Daniela Tomada ,assistente sanitaria , medicina sociale , dipartimento di prevenzione, Udine
23. Marinella Menotti , assistente sanitaria , medicina sociale , dipartimento di prevenzione , Udine
24. Daniela Sebastianutto , assistente sanitaria , medicina sociale , dipartimento di prevenzione , Udine
25. Licia Battigelli , assistente sanitaria , medicina sociale, dipartimento di prevenzione , Udine
26. Fulvia Sostero , assistente amministrativa, medicina sociale dipartimento di prevenzione , Udine
27. Maria Grazia Milillo, assistente sanitaria, direzione sanitaria, ospedale di S. Daniele
28. Paolo Pischiutti, medico del lavoro, dipartimento di prevenzione, ASS 3, Alto Friuli
29. Andrea Buiatti, medico psichiatra del dipartimento di salute mentale ,ASS 3, Alto Friuli
30. Emanuela Zamparo, medico, direttore dipartimento di prevenzione, ASS 6, Pordenone
31. Elena Caccamo ,operatrice SERT, A.S.S. n. 6 , Pordenone
32. Rossana Casadio, consigliere comunale, Sacile
33. Maria Giovanna Casu, master immigrazione Ca Foscari, Venezia
34. Daniela Gerin ,ginecologa , Trieste
35. Claudio Germani, medico pediatra, Trieste
36. Lorenzo Monasta, epidemiologo, Trieste
37. Aldo Skabar, medico , Trieste
38. Fabia Pirrotta , ostetrica ,Trieste
39. Anna Rita Campedel , ostetrica , Trieste
40. Claudia Sfetez, ostetrica , Trieste
41. Marco Rabusin, pediatra , Trieste
42. Lorenzo Monasta, epidemiologo , Trieste
43. Marcella Montico , bio-statistica , Trieste
44. Giuliana Pitacco , caposala ,Trieste
45. Claudia Carletti, nutrizionista , Trieste
46. Marino Andolina ,pedriatra oncologo , Trieste
47. Vittoria Sola ,pediatra ,Trieste
48. Annamaria Cortese ,ostetrica , Trieste
49. Adriano Cattaneo , epidemiologo , Trieste
50. Irmengarda Schojer , ginecologa , Trieste
51. Sofia Quinterno , medico ,Trieste
52. Benedetto Capodieci , psichiatra ,Trieste