18/03/10

1 milione contro gli OGM

Cari amici,

La Commissione Europea ha appena autorizzato la coltivazione di raccolti geneticamente modificati, mettendo i profitti della lobby degli OGM al di sopra delle preoccupazioni per la salute della pubblica opinione. Clicca in basso e aiutaci a sottoscrivere una petizione con un milione di cittadini che chiedono una ricerca indipendente ed una forte regolamentazione in materia di alimenti OGM:
La Commissione Europea ha appena approvato la coltivazione di raccolti OGM nell'Unione Europea per la prima volta in 12 anni!

Crollando di fronte alla lobby degli OGM, la commissione ha ignorato il 60% di Europei che sentono di dover valutare i fatti prima di coltivare alimenti che possono costituire una minaccia per la nostra salute e l'ambiente.

Una nuova iniziativa permette ad un milione di cittadini europei di presentare richieste ufficiali e legali alla Commissione Europea. Leviamo un milione di voci per la messa al bando di alimenti OGM fino a quando non sarà completata la ricerca; saranno consegnate al Presidente della Commissione Europea Barroso. Firma la petizione ed inoltra questa e-mail ad amici e familiari:

http://www.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/?vl

I gruppi di consumatori, della salute pubblica, ambientalisti e coltivatori per lungo tempo hanno manifestato contro uno sparuto gruppo di compagnie internazionali favorevoli agli OGM che hanno una significativa influenza sull'agricoltura europea. Le preoccupazioni sulla coltivazione di OGM includono: contaminazione di raccolti organici e dell'ambiente; il loro impatto sul clima per l'eccessivo uso di pesticidi richiesto; la distriuzione della biodiversità e dell'agricoltura locale; e gli effetti degli alimenti OGM sulla salute pubblica.

La decisione dell'Unione Europea di autorizzare la coltivazione della patata della BASF e del mais della Monsanto ha trovato la dura opposizione del ministero dell'agricoltura italiano, che ha dichiarato di volere "difendere e slavaguardare l'agricoltura tradizionale e la salute dei cittadini".

Non c'è ancora consenso sugli effetti a lungo termine dei raccolti OGM. Ed è l'industria OGM, che ricerca i profitti non il bene pubblico, che sta finanziando la scienza e guidando l'ambiente regolatore. Ecco perché i cittadini europei stanno richiedendo una ricerca più indipendente, esperimenti e precauzione prima che i raccolti vengano permessi nella nostra terra.

Adesso, l'"Iniziativa dei Cittadini Europei" dà l'opportunità ad un milione di cittadini europei di presentare proposte politiche alla Commissione Europea e ci offre una possibilità unica di scardinare l'influenza delle lobby.

Leviamo un milione di voci per porre una moratoria all'introduzione dei raccolti OGM in Europa e creare un ente scientifico etico ed independente per condurre la ricerca e determinare una forte regolamentazione dei raccolti OGM. Firma la petizione adesso e poi inoltrala ampiamente:

http://www.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/?vl

Con determinazione,

Alice, Benjamin, Ricken, Luis, Graziela, l'intero team Avaaz e PropitQmò

Ulteriori informazioni:

Rapporto Eurobarometro 2008 sull' "attitudine dei cittadini europei verso l'ambiente" (inglese), pagina 66:
http://bit.ly/aMkeVJ

L'Europa dice sì alle "superpatate", Il Tempo:
http://iltempo.ilsole24ore.com/interni_esteri/2010/03/03/1133194-europa_dice_alle_superpatate.shtml

OGM: Tutta l'Italia (o quasi) contro la patata transgenica, ASCA:
http://bit.ly/bbJUyA

Basf senza freni, altri due Ogm entro il 2010, Terra:
http://www.terranews.it/news/2010/03/basf-senza-freni-altri-due-ogm-entro-il-2010

Greenpeace e il rapporto Isaaa: «Il miracolo Ogm è finito in un ruzzolone», Greenreport :
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=3633&cat=Consumi

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CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione non-profit e indipendente, che lavora con campagne di sensibilizzazione in modo che le opinioni e i valori dei popoli del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali. (Avaaz significa "voce" in molte lingue.) Avaaz non riceve fondi da governi o aziende ed è composta da un team internazionale di persone sparse tra Londra, Rio de Janeiro, New York, Parigi, Washington e Ginevra. +1 888 922 8229

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14/03/10

La maglietta clandestina


I simboli sono importanti, eccome. Quando se ne parla, mi torna sempre in mente una scritta scolorita dal tempo ma ancora leggibile che vidi sul muro di cinta di una antica villa della Val d’Orcia, in Toscana. Era tracciata con vernice rossa e pennello e diceva “Viva Mao”. Al di là di quel che, con senno di poi, si può dire della Rivoluzione culturale ecc., quel che fu per me quasi commovente era il fatto che fino in quell’angolo del paese, tra cipressi e crete rosse, un ragazzo, evidentemente sessantottino, aveva creduto giusto, utile, far sapere quale fosse il simbolo, il nome di Mao Tse-tung, che voleva scagliare contro l’ordine costituito. Evento microscopico, ma a ben pensarci non molto diverso dalla radio con cui Peppino Impastato, assassinato quarant’anni fa, pensò di combattere la mafia. Oggi ci si attarda a “raccogliere le bandiere” e a tutelare le falci e i martelli, ma la verità è che di simboli efficaci non ne abbiamo gran che, noi – parola molto complicata e più vasta di quanto appaia – che ci sentiamo sulle spine se un campo rom viene incendiato, ci irritiamo se un manipolo di “forzanovisti” (così li chiama il loro duce, debitamente intervistato dalla tv) prende a mazzate un gruppo di studenti, ci allarmiamo se attorno alla questione dei rifiuti napoletani si costruisce un apparato legislativo degno, scrive Stefano Rodotà sulla Repubblica, di una “democrazia autoritaria” (Marco Revelli dice “dispotica”), ci sentiamo impotenti se un milione circa di persone, dette “clandestini”, viene indicato come la selvaggina nella caccia alla “sicurezza”.

E dunque, siccome il nostro mestiere è quello di comunicare, e anche di fabbricare simboli se ne siamo capaci, noi di Carta abbiamo pensato di proporne uno. Non sappiamo se funzionerà, se abbiamo la capacità e la forza di diffondere a sufficienza l’idea, ma chissà. Il ragionamento è questo: dobbiamo trovare una parola-simbolo che unifichi i comitati (proibiti per legge) di cittadini contro le discariche (ma domani toccherà a quelli contro la Tav o la base di Vicenza o il Ponte sullo Stretto); i migranti la cui stessa vita viene negata; i rom, che sono l’ultimo gradino della scala; i lavoratori in nero, molti dei quali stranieri sans papier, ecc. Insomma, dire: guardate che, fatte le debite differenze, alla fine è con tutti voi che i Maroni e i Berlusconi se la stanno prendendo. E qual è la parola che può simboleggiare tutto questo? Forse “clandestino”, ci siamo detti: nella storia molte di queste parole spregiative, cariche di negatività, sono state impugnate da chi le subiva e sfacciatamente esibite. E come auto-denunciare la propria condizione di “clandestino”? Con un mezzo di comunicazione classico: una maglietta.
Detto e fatto, ecco la maglietta che semplicemente dichiara “Clandestino”, con un tocco in più nel fatto che la “o” finale è sostituita da una impronta digitale. E la filiera, per così dire, è garantita. Le magliette sono realizzate in Bangladesh da una delle prime esperienze di manifattura etica: le operaie hanno condizioni lavorative e salariali molto migliori della media nazionale e assistenza sanitaria garantita e sono importate da altraQualità, una delle più importanti centrali di commercio equo italiane; a stampare gli artigiani di Arte’ Grafica di Asti [www.promotus.it]: del prezzo finale (12 euro, compresa la spedizione) una certa percentuale va al progetto della “sartoria rom”, avviato nel campo rom di Quintiliani, periferia romana. A Carta vanno meno di due euro, giusto la fatica che ci mettiamo. Potete richiederla, potete indossarla in giro, visto che l’estate sarà caldissima, e potete anche rivenderla in botteghe, librerie, ecc. Se volete, potete guardare il sito bottega.carta.org, oppure scrivere a bottega@carta.org o ancora telefonare allo 0645495659.

- come acquistare la maglietta

12/03/10

Chi profitta della crisi

Aspettando il Grecale - di Galapagos

Ieri in Grecia, oggi in Italia: milioni di lavoratori stanno scendendo nelle piazze chiedendo una politica economica diversa che faccia pagare la crisi soprattutto a chi con la crisi si è arricchito tanto. Come ci ha fatto sapere ieri la rivista Forbes (edita dal miliardario Steve Forbes) lo scorso anno i miliardari (con patrimonio superiore al miliardo) sono aumentati di oltre il 20%: da 793 a 1001. E tutti insieme posseggono una fortuna di 3.600 miliardi (quasi il doppio del PIL italiano) il 30% in più dell'anno precedente: Per loro la crisi è stata una benedizione.
Ma come è possibile arricchirsi in un anno di crisi nel quale il Pil mondiale è diminuito di quasi il 4%?
Semplice: facendola pagare ai lavoratori, riducendo ulteriormente la loro quota nella distribuzione dei redditi. Al tempo stesso proteggendo le enormi ricchezze depositate nelle banche, evitando di far fallire le banche. E stiamo parlando di "sussidi" per migliaia di dollari. Il tutto in base al principio che il capitale finanziario non può essere fatto fallire perché tutto il sistema economico gli crollerebbe dietro. Forse. Ma il risultato è evidente: decine di milioni di lavoratorihanno perso il posto di lavoro e il tasso di disoccupazione sfiora il 10%: Senza contare, come sostengono le Nazioni Unite, che il livello di povertà sta costringendo alla fame centinaia di milioni di persone. Nei paesi "arretrati", ma anche nel cuore dell'impero. E la crisi morde in profondità senza differenze nei paesi nei quali la flessibilità era massima (Stati Uniti e Spagna, tanto per fare un paio di esempi) e dove le garanzie per i lavoratori "erano" un pò più serie. Come in Italia. Erano, perché ora anche in Italia il lavoratore non ha più protezione: con l'abolizione di fatto dell'articolo "18" il capitale anche da noi ha ripreso il coltello dalla parte del manico, pronto a pugnalare.
La Cgil che oggi scende in piazza (in maniera un pò sfrangiata e dando l'impressione di aver indetto lo sciopero di 4 ore solo per problemi di rapporti interni) ha posto al primo punto proprio lo smantellamento dell'articolo 18. Purtroppolo fa tardivamente: la mobilitazione andava fatta prima che il parlamento approvasse il progetto degli ex (tanto ex) socialiti Brunetta e Sacconi. Lo sciopero è stato proclamato anche per la difesa della democrazia, del potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati e per la creazione di posti di lavoro. Il governo che due anni fa aveva lanciato l'elemosina della social card, ieri ha fatto di peggio: ha stanziato 300 milioni di euro per incentivare la ripresa dei consumi. Ogni italiano in media potrà ricevere 5 euro, ogni famiglia 15. Statistiche "false", ma che assumono significato quando si scopre che gli incentivi sono destinati anche per l'acquisto di motori per la nautica da diporto. Immaginiamo la fila di cassaintegrati Fiat o dei lavoratori Eutelia o dei piccoli imprenditori che fanno a pugni per gli incentivi!
Ma non è finita: ieri la Bce ci ha detto che la ripresa è lenta e la creazione di nuovi posti di lavoro è rinviata al fututo. Poi ha lanciato un avvertimento ai governi: preparatevi a un "exit Strategy", cioè a ridurre i deficit di bilancio provocati dalla crisi. Visto che il 90% degli aiuti è finito in mani ricche, l'avvertimento potrebbe sembrare buono. ma non è così: quando gli "gnomi" di Francoforte parlano lo fanno a senso unico. Il loro modello sono i provvedimenti greci: il blocco delle pensioni, la riduzione dei salari. In più, privatizzazioni e flessibilità. Il dramma è che molti sono convinti che Menenio Agrippa col suo "apologo" avesse ragione e che un mondo diverso non è possibile: gli schiavi debbono rimanere schiavi e i padroni, padroni per sempre.

E tempo di scegliere: gli Elefanti o l'Avorio

Cari Amici,
Questo fine settimana, il bando mondiale sancito dall'ONU sul commercio di avorio potrebbe essere abolito -- una decisione che potrebbe eliminare i vulnerabili elefanti dell'Africa. Ma un numero di nazioni africane stanno facendo pressione per confermare il bando. Mandiamo un energico messaggio di sostegno per salvare gli elefanti. Firma la petizione in basso, e inoltra ampiamente questa email:

Firma la Petizione!
questo fine settimana (13 marzo), due governi africani cercheranno di scardinare la messa al bando mondiale sul commercio d'avorio -- una decisione che potrebbe eliminare intere popolazioni di elefanti e portare questi magnifici animali sempre più vicini all'estinzione.

Tanzania e Zambia esercitando pressioni sulle Nazioni Unite per ottenere deroghe speciali dal bando, ma questo lancerebbe un chiaro segnale ai sindacati del crimine dell'avorio che la protezione internazionale si sta indebolendo ed è caccia aperta agli elefanti. Un altro gruppo di stati africani si è opposto chiedendo che si estenda la messa al bando del commercio per altri 20 anni.

La nostra migliore occasione per salvare gli elefanti superstiti del continente è quella di sostenere gli ambientalisti africani. Abbiamo solo 5 giorni a disposizione e l'ente delle Nazioni Unite per la protezione delle specie minacciate di estinzione si riunisce soltanto una volta ogni tre anni. Clicca in basso per firmare la nostra petizione urgente per proteggere gli elefanti e inoltra ampiamente questa email così che possiamo consegnare centinaia di migliaia di firme all'incontro dell'ONU a Doha:

http://www.avaaz.org/it/no_more_bloody_ivory/?vl

Oltre 20 anni fa, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) approvò una messa al bando mondiale sul commercio di avorio. Il bracconaggio fu sconfitto e il prezzo dell'avorio crollò. Ma una debole applicazione unita a'experimental one-off sales', come quelle proposte da Tanzania e Zambia, hanno restituito energia al bracconaggio e trasformato un commercio illegale in un affare redditizio – i bracconieri possono ripulire il loro avorio illegale con riserve di materiali legali.

Adesso, nonostante il bando mondiale, ogni anno oltre 30.000 elef anti vengono abbattuti e le loro zanne divelte dai bracconieri con asce e motoseghe. Se Tanzania e Zambia riuscissero a sfruttare la scappatoia, questo orrendo commercio potrebbe peggiorare ancora.

Abbiamo un'occasione unica questa settimana per prolungare la messa al bando mondiale, reprimere il bracconaggio e abbattere i prezzi del commercio d'avorio prima di perdere altre popolazioni di elefanti – firma la petizione adesso e inoltra questo messaggio a tutti:

http://www.avaaz.org/it/no_more_bloody_ivory/?vl

Attraverso le culture del mondo e nella nostra storia gli elefanti sono stati riveriti nelle religioni ed hanno catturato la nostra immaginazione -- Babar, Dumbo, Ganesh, Airavata, Erawan. Ma oggi queste meravigliose ed intelligentissime creature stanno per essere annientate.

Fintanto che ci sarà richiesta di avorio, gli elefanti saranno a rischio per il bracconaggio e il contrabbando -- ma questa settimana abbiamo una possibilità di proteggerli e mandare in fumo i profitti dei criminali dell'avorio – firma la petizione adesso:

http://www.avaaz.org/it/no_more_bloody_ivory/?vl

Con speranza,

Paul, Alice, Iain, Graziela, Ricken, Raluca, Luis, Paula Benjamin, David, Ben, il resto del team Avaaz e l'associazione culturale PropitQmò

Per ulteriori informazioni:

http://www.effettoterra.org/documenti/ambiente/approfondimenti/2010_anno_internazionale_della_biodiversita_elefanti_a_rischio.html

http://www.oipaitalia.com/esotici/notizie/tutelaorsopolare.html

Bloody Ivory e Born Free:
http://www.bloodyivory.org/
http://www.bornfree.org.uk/

Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione: http://www.cites.org

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Avaaz.org è un'organizzazione non-profit e indipendente, che lavora con campagne di sensibilizzazione in modo che le opinioni e i valori dei popoli del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali. (Avaaz significa "voce" in molte lingue.) Avaaz non riceve fondi da governi o aziende ed è composta da un team internazionale di persone sparse tra Londra, Rio de Janeiro, New York, Parigi, Washington e Ginevra. +1 888 922 8229

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09/03/10

Alla fine cancelleranno anche le elezioni

di Raniero La Valle

Se non ci sono i giornalisti che scoprono gli operai sui tetti e i giudici che scoprono i reati, anche un delinquente può governare e il governo può raccontare la sua Italia immaginaria


In una democrazia normale, all’approssimarsi delle elezioni, si istituirebbero alla TV apposite trasmissioni di approfondimento e di dibattito politico. Così si faceva nel regime democristiano, nel quale furono istituite le “Tribune elettorali”, che ebbero grande successo. La mia piccola fama cominciò quando, giovane giornalista, feci a Togliatti una domanda a cui non seppe rispondere. C’era anche un giornalista socialdemocratico, che si chiamava Mangione, che era così aggressivo e sguaiato, che poteva prefigurare Ghedini.

Nell’Italia di oggi, invece, all’approssimarsi delle elezioni le trasmissioni di approfondimento e di dibattito politico si tolgono. Intanto si tolgono quelle, poi, se non stiamo attenti, si toglieranno anche le elezioni.

La motivazione ufficiale di questo digiuno politico-televisivo (del resto siamo in Quaresima) è che tali trasmissioni violerebbero la “par condicio”, cioè il fatto che tutti possano dire tutto. Ma le nostre trasmissioni di approfondimento politico, da Vespa a Santoro a Floris, sono ammalate proprio di par condicio; sulla base dell’ideologia secondo la quale tutte le idee sono eguali, e che a vincere debba essere il più scaltro e il più forte, i nostri “talk-show”, cioè i dibattiti spettacolarizzati, sono una zuffa senza esclusione di parole (e anche di occhiatacce e di smorfie di reciproco disgusto) dove tutto si può fare tranne che offrire una varietà di opinioni rispettabili ad edificazione e informazione dei telespettatori. Si tratta, peggiorata, dell’ideologia delle tavole rotonde, dove non si fa cultura, perché non c’è cultura dove non c’è né capo né coda, ma è assemblato un assortimento di prodotti, come negli scaffali dei supermercati, quando non c’è nessuna seria ragione per scegliere, a partire dalle etichette, un prodotto invece che un altro. Al contrario, nelle trasmissioni o nei discorsi considerati di parte, dove si segue un orientamento dichiarato, dove si offre un’argomentazione e si segue un filo, non ci sarà il battibecco paritario, ma almeno l’encefalogramma non è piatto.

Dunque non è perché non rispetterebbero la par condicio che le trasmissioni censurate non possono andare in onda. La ragione è esattamente l’inversa; Berlusconi ha sempre detto che un partito grosso e un partito piccolo non dovrebbero avere spazi uguali, ma differenziati secondo la rispettiva forza, in modo che i grossi diventino sempre più grossi e i piccoli sempre più piccoli, fino a scomparire. E quanto ad apprezzare la parità, non se ne parla nemmeno, dato che egli si è definito come un “primus super pares”: i pari sono gli altri, lui è il primo e sta sopra tutti: la parola sovrano – superanus – viene da lì, significa che sta sopra e non c’è nessun altro al di sopra di lui. Perciò è sciolto da ogni vincolo: assoluto.

Ma il togliere la politica dalle chiacchiere televisive (come nel fascismo la politica era interdetta nelle chiacchiere da bar) non è solo un atto di ordinaria censura: un furto di informazione, come dicono tutti quelli che protestano. È, ancora di più, la rivelazione del vero tarlo, della vera ossessione del presente regime: il rifiuto del controllo. In questo senso la stampa è esattamente come la magistratura; Berlusconi nega il potere di controllo dei magistrati, esattamente come nega il potere di controllo della stampa; e la ragione è molto semplice; se non ci sono i giudici che “dicono la giustizia” (giurisdizione) e nominano i reati con le inchieste, i processi e le sentenze, questi non esistono, e anche i fuorilegge possono governare; e se non ci sono i giornalisti che scoprono gli operai sui tetti, gli aquilani con le carriole e la spazzatura nel mar Tirreno, allora l’Italia non c’è, e il governo può raccontare un’altra Italia, la sua: un’Italia dove non c’è la crisi economica, non ci sono i licenziamenti, i terremotati sono contenti con le loro finte casette e non sono esuli da una città che Bertolaso non ha visto e che resterà distrutta, e la spazzatura è gloria del governo averla tolta di mezzo per sempre. E nemmeno si verrà a sapere che se la destra non presenta come si deve le liste, facendo cadere i propri stessi candidati, non è per un complotto dei nemici, ma perché in un finto partito unico la lotta tra gli “amici” è spietata.

Questo è il significato della crociata berlusconiana contro tutti i poteri di controllo, la magistratura, il Parlamento, la Corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica, la stampa, la televisione non sua, tutti faziosi, tutti comunisti: non solo dominare la realtà col potere, ma negare la realtà per fondare e preservare il potere.

Raniero La Valle ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967) quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in parlamento con Sinistra Indipendente; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’anno finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Nel 2008 è stato promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.