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12/03/10

Chi profitta della crisi

Aspettando il Grecale - di Galapagos

Ieri in Grecia, oggi in Italia: milioni di lavoratori stanno scendendo nelle piazze chiedendo una politica economica diversa che faccia pagare la crisi soprattutto a chi con la crisi si è arricchito tanto. Come ci ha fatto sapere ieri la rivista Forbes (edita dal miliardario Steve Forbes) lo scorso anno i miliardari (con patrimonio superiore al miliardo) sono aumentati di oltre il 20%: da 793 a 1001. E tutti insieme posseggono una fortuna di 3.600 miliardi (quasi il doppio del PIL italiano) il 30% in più dell'anno precedente: Per loro la crisi è stata una benedizione.
Ma come è possibile arricchirsi in un anno di crisi nel quale il Pil mondiale è diminuito di quasi il 4%?
Semplice: facendola pagare ai lavoratori, riducendo ulteriormente la loro quota nella distribuzione dei redditi. Al tempo stesso proteggendo le enormi ricchezze depositate nelle banche, evitando di far fallire le banche. E stiamo parlando di "sussidi" per migliaia di dollari. Il tutto in base al principio che il capitale finanziario non può essere fatto fallire perché tutto il sistema economico gli crollerebbe dietro. Forse. Ma il risultato è evidente: decine di milioni di lavoratorihanno perso il posto di lavoro e il tasso di disoccupazione sfiora il 10%: Senza contare, come sostengono le Nazioni Unite, che il livello di povertà sta costringendo alla fame centinaia di milioni di persone. Nei paesi "arretrati", ma anche nel cuore dell'impero. E la crisi morde in profondità senza differenze nei paesi nei quali la flessibilità era massima (Stati Uniti e Spagna, tanto per fare un paio di esempi) e dove le garanzie per i lavoratori "erano" un pò più serie. Come in Italia. Erano, perché ora anche in Italia il lavoratore non ha più protezione: con l'abolizione di fatto dell'articolo "18" il capitale anche da noi ha ripreso il coltello dalla parte del manico, pronto a pugnalare.
La Cgil che oggi scende in piazza (in maniera un pò sfrangiata e dando l'impressione di aver indetto lo sciopero di 4 ore solo per problemi di rapporti interni) ha posto al primo punto proprio lo smantellamento dell'articolo 18. Purtroppolo fa tardivamente: la mobilitazione andava fatta prima che il parlamento approvasse il progetto degli ex (tanto ex) socialiti Brunetta e Sacconi. Lo sciopero è stato proclamato anche per la difesa della democrazia, del potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati e per la creazione di posti di lavoro. Il governo che due anni fa aveva lanciato l'elemosina della social card, ieri ha fatto di peggio: ha stanziato 300 milioni di euro per incentivare la ripresa dei consumi. Ogni italiano in media potrà ricevere 5 euro, ogni famiglia 15. Statistiche "false", ma che assumono significato quando si scopre che gli incentivi sono destinati anche per l'acquisto di motori per la nautica da diporto. Immaginiamo la fila di cassaintegrati Fiat o dei lavoratori Eutelia o dei piccoli imprenditori che fanno a pugni per gli incentivi!
Ma non è finita: ieri la Bce ci ha detto che la ripresa è lenta e la creazione di nuovi posti di lavoro è rinviata al fututo. Poi ha lanciato un avvertimento ai governi: preparatevi a un "exit Strategy", cioè a ridurre i deficit di bilancio provocati dalla crisi. Visto che il 90% degli aiuti è finito in mani ricche, l'avvertimento potrebbe sembrare buono. ma non è così: quando gli "gnomi" di Francoforte parlano lo fanno a senso unico. Il loro modello sono i provvedimenti greci: il blocco delle pensioni, la riduzione dei salari. In più, privatizzazioni e flessibilità. Il dramma è che molti sono convinti che Menenio Agrippa col suo "apologo" avesse ragione e che un mondo diverso non è possibile: gli schiavi debbono rimanere schiavi e i padroni, padroni per sempre.

09/12/09

Un titolo azzeccato: paese di merda - (dal palco del nobday)

di Ascanio Celestini
L'INTERVENTO DAL PALCO
Un titolo azzeccato: paese di merda
Il leader della sinistra incontra il leader della destra per discutere di regole democratiche. Se davvero gliene importasse qualcosa le rispetterebbero e basta. Invece si incontrano per legittimarsi a vicenda, in un paese dove la politica è delegittimata. Il governo di destra ha fatto la riforma Biagi? e quello di sinistra invece di cambiarla come aveva dichiarato nel programma ha fatto il condono alle aziende che precarizzano il lavoro. Il governo di destra ha fatto le leggi ad personam? E quello di sinistra né le ha modificate né ha risolto il conflitto di interessi. Il governo di destra ha portato l'Italia in guerra? E quello di sinistra ha aumentato i finanziamenti all'eroica impresa militare alla faccia dei pacifisti. Da un governo all'altro non è cambiato nulla. Bene. Sono felice di vivere ancora in un paese di merda. Da dove deriva questa mia felicità? Mi presento: io sono un industriale di merda, produco merda, distribuisco merda, vendo merda all'ingrosso e al dettaglio.
Mi è bastato osservare quanta merda c'è nel mondo, esso è un elemento presente a ogni livello della nostra società: ci sono presone che vivono in quartieri di merda, abitazioni che lasciano la mattina per andare a fare lavori di merda alle dipendenze di padroni di merda. Per molti la vita stessa è una vita di merda e tutta questa merda è in balia degli eventi. Così io l'ho raccolta e ne ho fatto un prodotto tutelato. Oggi la merda ha un marchio e io sono il padrone. Forse avrete fatto caso che abbiamo già incominciato da tempo a sostituire numerosi oggetti, concetti, realtà con concetti, oggetti, realtà di merda. Vi ricordate come era la scuola qualche anno fa? Be', adesso è diventata una scuola di merda. Vi ricordate come erano gli ospedali? Oggi sono ospedali di merda. Io sono un industriale di merda, io produco merda, io distribuisco merda, vendo merda al dettaglio e all'ingrosso. La merda da me prodotta è ovunque. Tra pochissimo tempo sarà indispensabile come ora è il petrolio e come il petrolio io incomincerò a produrne sempre di meno e ad applicare restrizioni e controlli in maniera da far salire il prezzo: 50 dollari un barile di merda, 60, 70, 80, 100 dollari un barile di merda. Servirà sempre più merda per fare prodotti di merda, da trasportare su strade di merda, con automobili e camion e aeroplani di merda che producono un'aria di merda. Finanzieri e politici di merda gestiranno banche di merda e assicurazioni di merda, con i quali la gente perderà capitali e dignità. Il contribuente affogherà nei propri debiti, sarà con la merda fino al collo. E ciò, tutto ciò accadrà nel sofisticato silenzio della confusione mediatica. Ci sarà un momento che qualcuno dovrà fermarsi, ma non lo farà. Non lo faranno gli intellettuali che parlano un linguaggio di merda, né i giornalisti pagati dagli editori di merda per scrivere su giornali di merda. La merda sarà ovunque e sarà indispensabile per fare ogni cosa. Allora noi chiuderemo il rubinetto. Sarà complicato, perché la merda a differenza del petrolio è inesauribile e prodotta da tutti. Ovviamente la chiesa sarà al nostro fianco: una schiera di sacerdoti, stregoni, dai maggiori monoteismi ai più piccoli animismi e superstizioni di carattere etnico e regionale saranno con noi. Parleranno ai poveri, li convinceranno a usare cinture di stiticità, mutande blindate che occludono l'ano, li convinceranno a non cagare come li hanno convinti a non farsi le pippe. Diranno: chi caga diventa cieco. Col tempo la razza si evolverà e continueranno a cagare soltanto i ricchi. Chi continuerà a detenere il potere della defecazione diventerà la nuova aristocrazia, una classe che avrà nel proprio stesso corpo una zecca inesauribile. Produrrà capitale ogni mattina dopo il caffè e la sigaretta. Saranno i nuovi nobili e come nel passato si distingueranno per una decisa peculiarità naturale e organica. Una volta era il sangue blu, da quel momento sarà la merda. I poveri invece non avranno accesso a questo prezioso capitale, i poveri nasceranno senza culo. Ricordo una vecchia battuta, diceva: la vita è come la scaletta delle galline, corta corta e piena di merda. E allora vi annuncio che anche io ho fondato un nuovo partito e quella scaletta sarà la nostra bandiera, il nostro simbolo. Quelle galline cafone saranno il mio staff elettorale, la futura classe dirigente. Gioite, il futuro è una merda e lo stiamo costruendo per voi.

15/11/09

APPELLO: I No Ponte di Messina in piazza per gli alluvionati

La rete Noponte da anni si oppone, in tutte le sedi e con i più vari mezzi (documentazione scientifica, dibattiti, campeggi, volantinaggi, manifestazioni sempre più partecipate) alla progettazione e realizzazione del cosiddetto manufatto stabile sullo stretto, per l'ingentissimo spreco di risorse che ha già inutilmente sperperato e ancor più sperpererà, per la devastazione ambientale e il dissesto idrogeologico che provocherà, per la sua inutilità sostanziale in un contesto trasportistico da quarto mondo. La Rete Noponte si oppone a una delle tante scelte calate dall'alto grazie alla famigerata legge obiettivo che ignora i bisogni e i diritti dei territori per privilegiare opere faraoniche e grandi imprese come lmpregilo, nota ormai più per l'abilità finanziaria e le disavventure giudiziarie con i cantieri dell'alta velocità, la casa dello studente all'Aquila e i megainceneritori campani che per la celerità e la correttezza dei lavori. Da sempre il movimento no-ponte si batte perché si investa sulle cosiddette opere di prossimità, il risanamento delle colline delle coste e dei torrenti, il consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente evitando nuove aggressioni speculative a un territorio già compromesso, il potenziamento e il rilancio del trasporto marittimo nello stretto. Oggi, dopo il tragico e annunciato disastro del primo ottobre e il rischio che possa di nuovo accadere anche in altre parti del nostro territorio, occorre invertire decisamente la rotta e porre con forza la necessità di realizzare con gradualità ma con determinazione quello che ha detto, a caldo, anche il presidente Napolitano: non sprechiamo soldi per il ponte ma investiamoli per il risanamento del territorio. Senza questa scelta netta continuerà il balbettio confuso sulle responsabilità, sulle scelte da fare, sui soldi da trovare, su dove e se ricostruire, aggravando la sofferenza e il disagio degli sfollati che hanno il sacrosanto diritto di tornare, presto e in sicurezza, dove hanno sempre vissuto. Il governo invece persevera imperterrito: proprio in questi giorni ha stanziato 1,3 miliardi di euro per la progettazione esecutiva e le cosiddette opere collaterali e compensative e la Regione Sicilia ha dichiarato che investirà 100 milioni di euro per la costruzione dell'opera. Una delle opere compensative, la variante ferroviaria di Cannitello, sarà inaugurata in pompa magna il 23 dicembre e gabellata come inizio dei lavori del Ponte. La rete siciliana e calabrese risponderà con una grande manifestazione nazionale a Villa San Giovanni il 19 dicembre e con altre iniziative sul territorio.
La rete No Ponte messinese indice pertanto a Torre Faro, a
due mesi dall'alluvione, in un luogo simbolo minacciato dal megapilone del Ponte e lì dove oggi trovano accoglienza in strutture alberghiere buona parte degli abitanti delle zone alluvionate, una manifestazione martedì 1 dicembre alle 18 con concentramento in Via Circuito (davanti al Campeggio dello Stretto) per chiedere l'utilizzo del miliardo e trecento milioni di euro stanziato per il Ponte per la messa in sicurezza dei nostri territori e, prioritariamente, per le aree alluvionate.
(Rete No Ponte)

16/09/09

Questo lunedi partecipa alla grande Chiamata al Risveglio Globale

Cari Amici,

Questo lunedi partecipa alla grande Chiamata al Risveglio Globale – negli oltre 1000 eventi che si terranno in 88 paesi, riuniamoci per qualche minuto in luoghi pubblici in tutto il mondo per fare pressione sui leader mondiali perché rimettano le negoziazioni sul clima sulla giusta strada! Dai uno sguardo alla nostra mappa del mondo e alla lista degli eventi per trovare un evento nella tua area, e poi firma per partecipare a questa straordinaria giornata d’azione:

I membri di Avaaz hanno registrato un incredibile numero di eventi: 1000 eventi in 88 paesi per la straordinaria chiamata al risveglio globale sul clima del prossimo lunedi!!

Un migliaio di eventi è un risultato impressionante, ma se centinaia di migliaia di noi vi prenderanno parte il 21 settembre – inonderemo i leader mondiali in riunione a New York il giorno dopo con un numero storico di messaggi provenienti dalla società civile, giusto in tempo per ravvivare i loro discorsi pericolosamente languenti sul clima. Clicca qui per accettare l’invito.

La maggior parte sono eventi "flash" molto brevi – che richiedono solo 5 minuti durante la pausa pranzo o tornando a casa dal lavoro. Sono divertenti, politicamente incisivi, e danno l’opportunità di incontrare altre straordinarie persone di Avaaz di tutte le età e percorsi di vita. Non c’è bisogno di nessuna preparazione – basta arrivare e portare qualche amico! Il pianeta ha bisogno di noi, uniamoci per salvarlo -- clicca qui in basso per trovare un evento nella tua area:

http://www.avaaz.org/it/tcktcktck_map

I leader mondiali e i media sono già attenti a ciò che faremo il 21 settembre. E la stampa sta riportando che le urgenti negoziazioni su un accordo globale per fermare la catastrofe climatica sono trascurate - la verità è che i nostri leader non stanno prendendo le decisioni serie che sono necessarie – sembra che sentano più pressione dalle imprese petrolifere e del carbone che dalla gente comune che è invece preoccupata di invertire la crisi climatica e dare il via a una nuova economia verde. il 21 settembre è il momento per innescare tutti questi cambiamenti.

Gli eventi saranno semplici e divertenti. Basta cercare altre persone che tengano sollevati cellulari i cui allarmi squillano all’ora giusta, convergere gli uni verso gli altri, fare una foto e una telefonata di sveglia ai nostri governanti. Le foto saranno raccolte e mostrate in televisione e ai leader mondiali per dimostrare la forza della nostra richiesta e le telefonate inonderanno gli uffici dei nostri governanti direttamente.

Non tutti gli eventi sono uguali – molti eventi di Chiamata al Risveglio sono entusiasmanti per la loro varietà -- monaci reciteranno preghiere, chiese suoneranno le campane, alcuni proietteranno il nuovo film sul clima "L’Era dello Stupido". Clicca qui in basso per trovare un evento nella tua area, rispondi per accettare l’invito e passa parola ad un amico:

http://www.avaaz.org/it/tcktcktck_map

La nostra richiesta ai leader mondiali è che firmino un trattato globale equo, ambizioso e vincolante che fermi la catastrofe climatica. La settimana prossima è l’ultima riunione dei leader mondiali sul clima! Dal momento che le loro negoziazioni si sono mostrate finora inadeguate , dipende davvero da noi. Sorprendiamoli.

Ci vediamo il 21,

Paul, Iain, Graziela, Ricken, Alice J, Ben, Milena, Brett, Taren, Pascal, Paula, Benji, Alice W, Luis, Raluca, Milena, Veronique, Chris, Margaret, Julius, e tutto il team di Aaaz

PS La Chiamata al Risveglio Globale è una giornata d’azione aperta e creativa che dipende dall’energia e dall’ingegno di tutti noi -- e quindi lo è anche ognuno dei nostri eventi. Se pensi di poter coinvolgere un leader, un personaggio pubblico o un’organizzazione ben noti; se hai a disposizione un teatro o un gruppo di danza o di arte che potrebbe fare un’esibizione vistosa in uno spazio pubblico; se puoi chiedere alla chiesa o ad un’altra istituzione di cui fai parte di suonare le campane o se vuoi invitare qualche collega a partecipare con te ad un flashmob di sveglia a o vicino al vostro posto di lavoro, o se vuoi dare un tuo contributo unico alla chiamata al risveglio in qualche altro modo che non possiamo neanche immaginare -- fai pure! Non aspettare la nostra autorizzazione -- basta che registri il tuo programma inviandocelo per email a open21@avaaz.org.

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CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione non-profit e indipendente, che lavora con campagne di sensibilizzazione in modo che le opinioni e i valori dei popoli del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali. (Avaaz significa "voce" in molte lingue.) Avaaz non riceve fondi da governi o aziende ed è composta da un team internazionale di persone sparse tra Londra, Rio de Janeiro, New York, Parigi, Washington e Ginevra. +1 888 922 8229

Clicca qui per avere maggiori informazioni sulle nostre campagne.

Non dimenticare di andare a vedere le nostre pagine: Facebook, Myspace e Bebo.

23/06/09

SABATO 27 GIUGNO 2009 MANIFESTAZIONE REGIONALE A UDINE PER DIRE

Ø NO ad un welfare regionale che discrimini minori, studenti e famiglie in base alla loro provenienza
Ø NO ai contenuti demagogici del DdL Sicurezza
Ø NO a razzismo, xenofobia e discriminazioni
Ø SI' ad un welfare che promuova l’integrazione e la coesione sociale, i diritti alla protezione dell’infanzia, il diritto allo studio e al sostegno alle famiglie, che sono diritti di tutti
Ø SI' ad ogni diritto di cittadinanza
Ø SI' ad un’Italia che rispetti il diritto d’asilo
Ø SI' ad una Regione e ad un Italia in cui la sicurezza sia un bene per tutti e si garantisca con la crescita culturale di ciascuna e ciascuno.

PARTECIPA
SABATO 27 giugno 2009 – UDINE
ore 16.00 ritrovo in Piazza San Giacomo;
ore 16.45 corteo attraverso il centro fino a Piazzale Venerio, con interventi di migranti, associazioni, sindacati e del Sindaco di Udine


Iniziativa promossa dalla Rete Diritti di Cittadinanza FVG, Centro Balducci, CGIL, ACLI, RdB-CUB, Associazione Immigrati di Pordenone, Donne in Nero-Ud, Associazioni “La Tela” e “Officina del Mondo”-Ud

Prime adesioni: ALEF FVG, ANPI prov. Ud, ARCI prov. Ud, ASEF FVG, ASGI FVG, Associazioni “Bhairab” e “Bimas”-Monfalcone, Associazione Ce.Si.-Ud, Associazion Culturâl "el tomât" di BUJE, Associazione dei Serbi Nicola Tesla FVG, Associazione “ICARO”, Associazione “PSII” – Ud, Associazione “Mediatori di Comunità”, Associazione Tricolorul di Romania, Associazione UNITA' ex URSS, Associazione “Vicini di casa”, Bande Garbe, CACIT - TS, Casa Internazionale delle Donne di Trieste, CIAM, Circolo Mediatori Culturali-Linguistici dell’Acli, Cobas Scuola, Comitato “Noi non segnaliamo” PN, Comitato per i diritti civili delle prostitute, Comunità “Arcobaleno” - GO, Conferenza Volontariato Giustizia del FVG, GR.I.S. FVG – SIMM, ICS – TS, Nigerian Association FVG, Radio Onde Furlane, UIL – FVG, Partito della Rifondazione Comunista FVG, Partito Democratico FVG, Partito Umanista FVG, Sinistra e Libertà FVG, Associazione Culturale PropitQmò


24/04/09

Ora e sempre

1945, 2009, italia
25 aprile
venerdì 24 aprile, dalle ore 17.00,
COMMEMORAZIONE IN BORGO VILLALTA,
Udine sabato 25 aprile, dalle ore 9.30 in Piazza Primo Maggio a Udine, CORTEO DELLA GIORNATA DELLA LIBERAZIONE
"La grande differenza tra i valori proclamati e i valori reali della società, l'omologazione, fanno pensare veramente a una società totalitaria. Quello che importerà nel futuro sarà il comportamento della più grande forza mai conosciuta: la massa omologata dei consumatori, la stragrande maggioranza degli esseri umani, non più l'ingegno delle élites culturali o l'attività dei politici.

L'identikit di questo volto ancora bianco del nuovo Potere attribuisce vagamente ad esso dei tratti "moderati", dovuti alla tolleranza e a una ideologia edonistica perfettamente autosufficiente; ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi: la tolleranza è infatti falsa, perché in realtà nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore; e quanto all'edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con una spietatezza che la storia non ha mai conosciuto.

Dunque questo nuovo Potere non ancora rappresentato da nessuno e dovuto a una «mutazione» della classe dominante, è in realtà - se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia - una forma "totale" di fascismo. Ma questo Potere ha anche "omologato" culturalmente l'Italia: si tratta dunque di un'omologazione repressiva, pur se ottenuta attraverso l'imposizione dell'edonismo e della joie de vivre.

Una visione apocalittica, certamente, la mia. Ma se accanto ad essa e all'angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare".

Pier Paolo Pasolini, 1962

22/04/09

All’opinione pubblica e a tutti coloro che mostrano interesse per la questione kurda - Popolo Kurdo - 4

Koma Civakên Kurdistan Peoples` Confederation of Kurdistan

In Turchia recentemente si sono svolte le elezioni comunali, segnate da un’intensa campagna elettorale come se si trattasse di elezioni per il Parlamento Nazionale.

Nella regione del Kurdistan le elezioni sono state seguite con grande interesse e vi era grande attesa per i risultati che hanno visto la vittoria della linea patriottico-democratica. Tutti gli ambienti politici e la stampa sia quella nazionale che internazionale, sia quella di partito che quella indipendente hanno avuto modo di constatare come il popolo kurdo rifiuti la politica verso i Kurdi dello Stato turco e del governo dell’AKP. Ed è stato chiaramente fatto riferimento al fatto che la questione kurda non può essere risolta ignorando Abdullah Öcalan, il PKK e il DTP. In seguito ai risultati elettorali è emersa nell’opinione pubblica straniera l’aspettativa che la questione kurda dovesse essere risolta facendo ricorso ad una nuova politica orientata decisamente ad individuare delle soluzioni.

Nonostante il clima repressivo nel periodo elettorale e i continui controlli della parte kurda è stata manifesta la volontà della popolazione kurda; in tutte le città, grandi e piccole del Kurdistan, si è assistito alla netta avanzata ed al successo del DTP. La popolazione kurda ha espresso votando per il DTP la sua volontà per una soluzione democratica della questione kurda. Se si vuole considerare la popolazione kurda una parte della popolazione della Turchia, i decisori politici in Turchia devono assumersi la responsabilità di considerare la volontà e le richieste della parte kurda. Tradurre tutto questo in fatti politici concreti è un imperativo morale e politico per uno Stato che ha la pretesa di essere uno Stato di diritto.

Le elezioni hanno fatto capire che la questione della democraticizzazione della Turchia e la questione kurda possono essere risolte per via democratica. I popoli della Turchia hanno conferito attraverso le elezioni ai decisori politici e principalmente all’AKP questo compito. Il popolo kurdo ha festeggiato il Newroz con gli slogan “Libertà per l’identità”, Libertà per Abdullah Öcalan, “ Autonomia democratica”. Il DTP ha formulato chiaramente questi slogan nella sua campagna elettorale e principalmente quello dell’“Autonomia democratica”. E che il popolo abbia espresso il suo consenso a questo programma è una grossa responsabilità anche per il nostro movimento.

Il movimento di liberazione kurdo ha sempre cercato di assumersi le proprie responsabilità e di rendere possibile una soluzione democratica, quando ha visto un clima politico favorevole e delle buone basi di partenza. Dal dicembre 2008 sino al 29 marzo 2009, data delle elezioni, ha assunto la posizione di rifiuto dei combattimenti dimostrando in questo modo che in Turchia è necessaria una soluzione politica e che è possibile lo svolgimento delle elezioni in un clima sereno, opponendosi così a coloro che non vogliono la soluzione della questione kurda ma solo guerra e repressione.

Che sino al 29 marzo non vi sono stati combattimenti è il risultato dell’atteggiamento del nostro movimento. E che in linea di massima anche l’esercito turco si sia adeguato a questa situazione ha fatto scaturire una situazione non conflittuale che tutti avevano auspicato e poi avvertito in Turchia. Per la prima volta si è pensato che un clima non conflittuale potesse mettere in moto un processo per una soluzione della questione kurda.

Il nostro movimento ha preso la decisione di proseguire in questo clima non conflittuale sino all’1. Giugno per offrire l’opportunità di una politica tesa alla soluzione della questione. La popolazione ha dato questo incarico alle forze politiche di tutti gli schieramenti. Anche il nostro presidente, detenuto in un carcere per una sola persona sull’isola di Imrali che si batte con risolutezza per la pace e per una soluzione democratica ha appoggiato la nostra scelta. La via è libera per un nuovo corso nel quale si può tracciare una politica democratica per una soluzione democratica.

E’ significativo e ci fa riflettere il fatto che proprio nella giornata in cui Abdullah Öcalan ha dichiarato il suo appoggio a questo nuovo corso, l’esercito turco abbia intrapreso operazioni militari a Sirnak e Dersim che hanno procurato pesanti perdite per l’esercito stesso. E’ difficile dare una giustificazione a queste operazioni militari, proprio dopo le elezioni che avevano dischiuso nuove possibilità e aspettative per una politica democratica. Allo stesso modo, le decisioni assunte dalle potenze che hanno preso parte all’incontro trilaterale a Baghdad non contribuiscono al processo di pace, anzi al contrario distruggono il clima positivo. Il massiccio dispiegamento di unità militari vicino al confine, la costruzione di nuove postazioni militari e i diversi preparativi alla guerra ignorano il clima positivo e spingono verso una soluzione di guerra e liquidatori.

Sia il prosieguo dei piani liquidatori a livello internazionale , sia, da dopo le elezioni, il crescente atteggiamento delle forze di sicurezza statali, l’ingiustificabile assassinio di due Kurdi a Halfeti, il gran numero di arresti e le operazioni militari non favoriscono un clima favorevole alla soluzione della questione. Marchiare il PKK come terrorista da coraggio a quelle forze che hanno come obiettivo il non voler risolvere la questione e trovare una via politica.

E’ oramai chiaro che, attraverso le quasi trentennali e continue operazioni militari, con una politica di repressione e violenza non si risolvono i problemi.

Non serve a nessuno il non voler risolvere la questione kurda, nemmeno alla Turchia. Gli interessi della Turchia e dei paesi della regione richiedono una soluzione politico-democratica della questione kurda, possibile solo attraverso il dialogo. A partire da questa considerazione dovrebbero la Turchia e i paesi della regione occuparsi della questione kurda e appoggiare con decisione la soluzione democratica per la quale si batte il nostro movimento. Se l’esercito turco fa in modo che non vi siano combattimenti e i decisori politici manifestano la loro volontà per una soluzione e per il dialogo, a breve si può rendere possibile la soluzione della questione kurda.

Il nostro movimento si aspetta che tutte le parti sociali s’impegnino con decisione per l’opzione democratica. E’ necessario che i responsabili in Turchia e le potenze internazionali sostengano il dialogo e gli sforzi per una soluzione democratica.

Pensiamo che la prevista Conferenza Nazionale del Kurdistan possa fornire il suo contributo per una soluzione democratica e pacifica della questione kurda. La Conferenza potrà creare il clima positivo per una soluzione , andando a definire le condizioni per una situazione senza più combattimenti. La Conferenza potrà facilitare il passaggio da una situazione senza più combattimenti ad una soluzione duratura che obbliga al rispetto le parti coinvolte.

Il DTP ha posto le sue richieste davanti all’opinione pubblica interna ed internazionale. “Libertà per l’identità”, Libertà per Abdullah Öcalan” e “Autonomia democratica”. E’ un progetto che è stato approvato chiaramente dalla popolazione kurda e che deve essere tradotto in una via democratica e politica. Non è più possibile intraprendere dei passi nella questione kurda senza parlare con i rappresentanti del popolo kurdo. Questi rappresentanti hanno chiaramente gettato le basi per una soluzione della questione. E anche più chiaramente è emerso dal risultato elettorale che la via più realistica è una soluzione nell’ambito di un’autonomia democratica e il dialogo con Abdullah Öcalan. Il movimento di liberazione crede che la questione possa essere risolta con il dialogo, con i metodi pacifici econ posizioni ragionevoli. E per rendere possibile tutto questo abbiamo preso la decisione di prorogare all’1. Giugno lo stop a ogni forma di combattimento. Se non vi saranno attacchi dei militari turchi e se non si userà questo periodo per assestare colpi al movimento di liberazione per liquidarlo, tradurremo in realtà concreta la nostra decisione di stop alle armi. Siamo disposti già da subito a voler sottoscrivere un progetto per la soluzione della questione.

Invochiamo lo Stato turco e tutte le forze coinvolte che si battono per la pace e la democrazia ad un’assunzione di responsabilità affinché vi sia un prosieguo di questo processo, fornendo, così, in questo modo, il nostro contributo per una soluzione.

Invitiamo l’opinione pubblica kurda e tutte le formazioni presenti in Kurdistan ad agire in modo fedele a questi principi e a fare di tutto affinché questo processo conduca ad una soluzione democratica. Invitiamo le potenze internazionali e quelle della regione, prima di tutte gli USA ad assumersi le loro responsabilità per favorire una soluzione pacifica della questione kurda.

12. Aprile 2009

La Direzione del Consiglio esecutivo del KCK






foto di E. Novajra

Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo - 2


16 aprile 2009 - Comunicato

TURCHIA: ARRESTI DI MASSA E REPRESSIONE DOPO LA VITTORIA ELETTORALE DEL DTP (Partito della Società Democratica) NEL KURDISTAN TURCO.


Continua la repressione turca in Kurdistan! Il 14 aprile la polizia ha avviato simultaneamente in 13 province del sud est della Turchia una massiccia operazione contro il DTP (Partito della Società democratica).
Nell’ambito di una vasta operazione di polizia, ancora in corso e per la quale non si riesce a prevedere la conclusione, più di 70 esponenti, dirigenti e attivisti, compresi i tre vice-presidenti del DTP sono in stato di detenzione. Anche un canale televisivo, Gun TV, e la sede dell’Unione delle Municipalità del sud-est sono stati bersaglio della polizia e perquisite.
L’operazione, condotta dalle forze di sicurezza turche contro il DTP all’indomani della sua clamorosa vittoria elettorale affermandosi come primo partito nelle 10 province del sud-est della Turchia, rappresenta un duro colpo alle aspirazioni di pace e di democrazia della popolazione kurda e non solo.
Come ha sottolineato Il parlamentare del DTP Selahattin Demirtas “…gli arresti sono una reazione al successo del DTP alle elezioni locali, ed è chiaro che non è una coincidenza che l’operazione arrivi a cosi breve distanza dal voto”.


Gli arresti e le intimidazioni contro gli esponenti del DTP e di molti attivisti seguono di pochi giorni l’uccisione di due giovani studenti ad Amara (Omerli) nel corso di una pacifica manifestazione per il presidente Ocalan, e la feroce repressione, ancora in atto, ad Agri, teatro di brogli elettorali a discapito del DTP, come testimoniato anche dai numerosi osservatori internazionali presenti in Kurdistan, lo scorso mese di marzo - compresi quelli appartenenti alla delegazione italiana promossa dalla Rete di solidarietà con il popolo kurdo.

Azadya te azadya me ye - La tua libertà è la nostra libertà - è lo slogan del popolo kurdo gridato nei Newroz e durante le manifestazioni pacifiche di cui siamo stati testimoni.
Il simbolo della lotta e dell’unità kurda, Abdullah Ocalan, è rinchiuso nel carcere di Imrali – la Guantanamo europea – in uno stato di totale isolamento dal febbraio del 1999 nell’indifferenza di tutti. Il popolo kurdo, che ne chiede la liberazione, cerca il dialogo e si batte in ogni luogo per una soluzione pacifica del conflitto, ma la Turchia continua a rispondere solo con l’uso di violenza e spietatezza. Solo due giorni fa, in segno di buona volontà e a favore della soluzione pacifica della questione kurda, con un comunicato circolato anche in Europa, il movimento kurdo ha dichiarato il prolungamento del cessate il fuoco unilaterale fino al 1 giugno 2009.

Gli stessi esponenti politici del DTP all’indomani delle elezioni hanno fissato tra i punti da rivolgere al governo centrale di rivedere le leggi antiterrorismo e le procedure per la chiusura dei partiti, ma anche di riconoscere il PKK e il suo leader Ocalan come interlocutori legittimi per affrontare e risolvere la questione kurda.
Nella sua dichiarazione ad Ankara il DTP ha sottolineato anche che “le elezioni amministrative (del 29 marzo scorso, ndr) hanno mostrato con forza che questa situazione non può essere risolta senza prendere in considerazione il DTP, il PKK e Ocalan” e che “adesso ci sono grosse aspettative per una soluzione del problema kurdo con politiche nuove”.
Noi tutti europei, che conosciamo ed amiamo il popolo kurdo, speravamo che con i negoziati per l’entrata nell’Unione europea la Turchia attuasse le leggi per il rispetto dei diritti umani delle minoranze, ed abolisse il famigerato articolo 301 del Codice penale, che tiene in carcere migliaia di persone, violando ogni forma di libertà di espressione ed associazione vigente in Europa.

A distanza di anni non è cambiato nulla! Il Governo italiano e l’UE continuano a dimostrare disinteresse per il popolo kurdo e per il leader Abdullah Ocalan, al quale l’Italia ha riconosciuto l’asilo politico nell’ottobre del 1999; continuano ad avallare la repressione turca con la vendita di armi e con il finanziamento di megadighe che porteranno solo distruzione e povertà in Kurdistan. Le incursioni militari continuano quotidiane così come le uccisioni e gli arresti anche di minori. Ne siamo stati testimoni quest’anno, come negli anni scorsi, durante le nostre visite alle organizzazioni politiche e associative kurde nel sud-est della Turchia, che si battono senza sosta per la democrazia e l’affermazione dello stato di diritto.
La Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo si appella affinché:
le Commissioni Esteri di Camera e Senato chiedano al Governo di riferire immediatamente sugli arresti che in Turchia hanno subito politici, avvocati e militanti del DTP; e la società civile italiana ed europea prenda posizione contro questo ennesimo attacco antidemocratico nei confronti del DTP, riconosciuto come suo rappresentante politico dal popolo kurdo, e a tutte le istituzione democratiche della Turchia.
Azadya te azadya me ye - La tua libertà è la nostra libertà
Questo è lo slogan che facciamo nostro, sosteniamo e rilanciamo!
Esprimiamo solidarietà al popolo kurdo, sottolineando come la violazione sistematica dei diritti umani allontani la Turchia dall’Europa e chiediamo di ricercare una soluzione politica del conflitto sin da ora, per fermare la guerra strisciante che da più di vent’anni insanguina il destino dei popoli kurdo e turco. La pace e la democrazia in Medio Oriente rappresentano l’affermazione dei diritti universali per tutti!
16 aprile 2009 - Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo

www.newroz2009.blogspot.com
www.newrozpirozbe.it

*foto di E.Novajra

19/02/09

LA RECESSIONE IN ATTO DÀ FUOCO ALLE PROTESTE

La brace SOTTO LA CRISI
Un grido d'allarme si leva per l'ondata di manifestazioni scatenata dagli effetti sociali del terremoto economico in atto. Dai cortei italiani e francesi alle insurrezioni studentesche in Grecia, dall'amaro risveglio nei paesi neofiti del capitalismo in Europa orientale al protezionismo salariale britannico, la conflittualità riesplode, ma quello che è cambiato davvero è la nuova paura dei «decisori»
«La perdita dei posti di lavoro minaccia la stabilità in tutto il mondo» titolava in prima pagina il New York Times di domenica. È un grido d'allarme che riflette l'ansia con cui finanzieri e industriali - o, più pudicamente, «i mercati» - monitorizzano gli effetti politici e sociali della recessione in atto.
La domanda è: quanto è giustificato questo allarme dalle proteste in corso, e quanto invece riflette il timore per quanto deve ancora avvenire? Abbiamo ancora negli occhi l'imponente corteo della Cgil di venerdì scorso a Roma. E certo, il riepilogo offerto dalla Reuters delle proteste scoppiate in giro per l'Europa non può non colpirci.
Particolarmente inquieti sono i nostri vicini greci, a giudicare non solo dai blocchi stradali organizzati a gennaio dagli agricoltori (ancora in questo mese la polizia ha represso manifestazioni contadine a Creta), ma soprattutto dalle insurrezioni studentesche di dicembre, alimentate tanto dall'ottusa repressione governativa quanto dall'altissimo tasso di disoccupazione giovanile.
Né sono più tranquilli i nostri vicini occidentali: a gennaio più di 2,5 milioni di francesi sono scesi in piazza per protestare contro la (non) risposta alla crisi data dal presidente Nicholas Sarkozy. Ma forse è sfuggito a molti che le proteste più violente si sono scatenate non sul territorio metropolitano francese, ma in quella parte di Francia che è situata nei Carabi, nell'isola di Guadalupe, paralizzata per tre settimane da uno sciopero generale contro l'alto costo della vita: i protestanti hanno bloccato strade, supermercati, pompe di benzina.
Il malcontento serpeggia anche in Germania, come è dimostrato dal recente sciopero del settore pubblico e dagli avvisi di sciopero depositati nelle ferrovie (e a Lufthansa).
Gli italiani hanno poi seguito con inquietudine le azioni degli operai inglesi che protestavano contro l'azienda francese Total che aveva assunto lavoratori italiani e portoghesi per ampliare una propria raffineria nel Lincolnshire: per la prima volta da anni è emerso qui un protezionismo non mercantile, ma salariale, un «protezionismo operaio». Per quanto il tasso di disoccupazione in Gran Bretagna (del 6,1%) sia ancora tra i più bassi in Europa, il suo aumento rappresenta una brusca inversione di tendenza rispetto al boom degli anni (1997-2007). E nella City la situazione è ancora peggiore, visti i licenziamenti a raffica del settore finanziario: martedì scorso i bancari hanno dimostrato di fronte a Whitehall.
Interessante è il caso dell'Islanda: questa piccolissima nazione (286.000 abitanti) era assurta a perno della finanza mondiale, un ruolo spropositato con le sue risorse. Il crollo dell'autunno scorso ne ha fatto esplodere la bolla speculativa, e a gennaio l'isola dei ghiacci è stata scossa da manifestazioni, alcune insolitamente violente, tanto che il primo ministro Geir Haarde si è dovuto dimettere, sostituito da una coalizione di centrosinistra.
Ma dove l'impatto si è rivelato più duro e il risveglio più amaro, è stato nei paesi neofiti, appena convertiti al capitalismo. In Bulgaria, dopo che il mese scorso una sommossa aveva già sconvolto Sofia, la settimana scorsa sono stati i poliziotti a protestare per ottenere un aumento salariale, mentre i contadini bulgari bloccavano l'unico ponte sul Danubio che collega con la Romania. In Montenegro, gli operai di un'impresa di alluminio di proprietà russa hanno chiesto a Podgorica la riapertura della fabbrica chiusa per la crisi, appoggiati dai coltivatori di tabacco e dai siderurgici di Niksic. Inverno caldo anche nelle repubbliche baltiche: a gennaio in Lituania la polizia ha sparato gas lacrimogeni contro dimostranti che tiravano pietre contro il parlamento (80 arresti e 20 feriti), mentre anche nella vicina Lettonia 10.000 manifestanti affrontavano la polizia per protestare contro gli annunciati tagli salariali. Anche i contadini hanno lanciato una serie di azioni sfociate il 3 febbraio con le dimissioni del ministro dell'agricoltura lettone.
La lista può continuare: la protesta a Banja Luka dei metallurgici bosniaci della fabbrica di alluminio Birac; la sequela di proteste che dal mese scorso scoppiano un po' in tutte le città russe e la persistente agitazione degli importatori di auto usate a Vladivostok (vedi articolo accanto).
Insomma, sembrerebbe davvero che la brace sta covando sotto una lunga cenere, che la recessione stia scuotendo inerzie decennali. Ma è davvero così? Per il momento è troppo presto per dirlo. Anzi, a scorrere le passate cronache degli scioperi nei vari paesi, si potrebbe persino sostenere che per il momento il livello di conflittualità non è più alto del solito: scioperi e proteste scoppiano ogni mese in qualche parte d'Europa e del mondo.
Quel che è radicalmente cambiato è il livello di attenzione prestato dalle classi dirigenti alle azioni salariali. L'impressione è che i «decisori» (per usare il brutto termine coniato dagli eurocrati) si stiano impaurendo per le conseguenze di una crisi di cui non avevano misurato l'ampiezza. Come è noto, i «mercati» hanno un'idiosincrasia per la piena occupazione, quando la forza lavoro ha più margini di contrattazione e dispone di leve più forti, tant'è che a ogni aumento della disoccupazione le borse registravano storicamente un rialzo. Ma una cosa è l'occupazione «non-piena», altra cosa è il dilagare della disoccupazione di massa che si delinea all'orizzonte. Tanto più che continuano a piombare pessime notizie, come il crollo dell'economia giapponese il cui Pil è sceso del 12% in un solo anno, il calo peggiore dalla seconda guerra mondiale. O come i 20 milioni di immigrati nelle città che in Cina hanno dovuto riprendere la via delle campagne perché licenziati. Nell'ansia con cui trepidano gli organi di stampa del gran capitale s'intralegge anche un altro timore: quello di aver esagerato, di aver tirato troppo la corda (quella dello sfruttamento), di aver tanto lesinato sulle retribuzioni da distruggere ogni domanda al consumo.

[fonte: di Marco d'Eramo IL MANIFESTO INTERNAZIONALE 17.02.2009]

13/02/09

No ai licenziamenti! Un anno e mezzo fa: i lavoratori della Terim:

18/lug/2007 No ai licenziamenti! Alla Terim, un'industria di tre stabilimenti nella provincia modenese, sono state avviate le procedure di licenziamento per circa 300 dipendenti, in quanto la direzione dell'azienda vuole delocalizzare la produzione all'estero. Per questo motivo gli operai e i sindacati stanno lottando per mantenere il proprio posto di lavoro e il sito produttivo. Nel servizio sono raccolte le testimonianze di alcuni lavoratori durante una giornata di picchetto.


TERIM MODENA DI NUOVO IN LOTTA 23-1-2009...

09/02/09

La lotta dei lavoratori della Terex-Comedil: intervista al delegato Fiom Ambrogio Casati

La Comedil, azienda che assembla gru per cantieri a Cusano Milanino (Mi), è oggetto di una dura lotta dei lavoratori per mantenere il proprio posto di lavoro e impedire la chiusura dello stabilimento. I 49 operai della fabbrica hanno sfidato la proprietà piantando una tenda permanente davanti ai cancelli dell’azienda per impedire l’ingresso ai camion che dovrebbero portare via le gru terminate.
Abbiamo intervistato Ambrogio Casati, delegato Fiom, che ci ha raccontato la storia sindacale degli ultimi anni dell’azienda e quali decisioni i lavoratori stanno mettendo in campo per lottare contro la chiusura.
Cominciamo dall’inizio. Quali sono le tradizioni sindacali della fabbrica?
Per quasi 20 anni abbiamo sempre ottenuto ottimi contratti interni. Nel 2003 siamo riusciti a firmare un precontratto con un aumento superiore alla media nazionale, attraverso ben 3 giorni di fila di sciopero, picchetti davanti ai cancelli e 12 ore consecutive di trattativa. Riuscimmo a fare assumere anche due lavoratori interinali. Anche sul terreno degli straordinari abbiamo sempre siglato dei buoni accordi, mediamente superiori a quelli ottenuti a livello nazionale.
Per molto tempo siamo riusciti a superare i periodi di cassa integrazione e questa è una cosa importante, soprattutto se si pensa che lo stabilimento di Cusano è una filiale: la sede centrale è a Pordenone, dove si producono gru per cantieri di taglia e modello differente da quelle che produciamo qui.
Le prime avvisaglie della crisi si sono manifestate nel 2007: nella sede centrale di Pordenone c’erano molte più commesse e la direzione voleva aprire qui la cassa integrazione. Abbiamo sempre fatto molti sacrifici per mantenere i livelli produttivi dell’azienda: trovammo un accordo per cui, pur di evitare la cassa integrazione per questa sede, avremmo mandato quattro lavoratori su a Pordenone per colmare le mancanze di manodopera e colmare la produzione.
Il 19 dicembre del 2007 l’azienda ci comunicò l’intenzione di non riconfermare 4 lavoratori interinali e uno a tempo determinato: i padroni avevano ben studiato la mossa perchè avevano comunicato i licenziamenti il giorno della consegna del contratto interno. Tale decisione fu comunicata ai lavoratori il giorno seguente. Votammo e cominciammo uno sciopero ad oltranza: nella riunione di fine giornata approvammo la proposta di reintegro di tutti i licenziati non appena fosse ripartita la produzione, da sottoporre all’azienda. Ma i padroni fecero una chiusura totale nei confronti della nostra proposta e ci dissero che con 100 gru invendute in magazzino non avrebbero assunto proprio nessuno. Il ricatto era evidente: usare la crisi per strapparci un contratto interno più morbido.
Due dei cinque lavoratori hanno fatto causa al giudice che ha dato loro ragione: ora devono decidere se essere reintegrati.
Come è scoppiata la lotta attuale?
Per tutto il periodo successivo, ossia dall’inizio del 2008, i padroni continuavano ad assicurarci che non avrebbero mai fatto uso della cassa integrazione fino a dicembre 2008. In realtà stavano solo prendendo tempo, utilizzando questa tattica per otto lunghi mesi.
L’azienda in questi anni ha prodotto tantissimo: la direzione, proprietaria delle azioni quotate a Wall Strett, ha fatto affari d’oro senza che un centesimo di queste rendite venisse riversato nelle tasche degli operai. Nonostante la crisi, i padroni continuavano a dirci che volevano mantenere la filiale di Cusano e che l’unico problema sarebbe stato quello di alzare i ritmi di lavoro: volevano che con lo stesso personale arrivassimo a 1000 gru all’anno attraverso l’impiego di un modello di sfruttamento del lavoro maggiore. Per presentarci questo modello toyotista, che loro chiamavano modello Tbs, i padroni americani sono addirittura arrivati fin qui.
In realtà non hanno fatto altro che usarci come cavie: applicare su di noi questi standard produttivi, consapevoli da tempo che avrebbero chiuso l’azienda, per poi svilupparlo da altre parti.
A giugno, con l’azienda che respirava aria di crisi, hanno addirittura cercato di scaricarci in busta paga le loro azioni, ormai senza valore. Che ipocrisia! Quando l’azienda fioriva non ci hanno mai offerto nulla.
Nel mese di ottobre del 2008 la direzione ha gettato la maschera e ha comunicato la volontà di aprire la cassa integrazione: siamo riusciti ad ottenere un buon accordo, attraverso l’apertura di una cassa integrazione a rotazione per 27 dipendenti. Anche questo lo abbiamo fatto pur di mantenere il sito produttivo e tutti i posti di lavoro.
L’accordo prevedeva la cassa integrazione a rotazione fino al 6 febbraio 2009. A dicembre ci hanno convocato all’Assolombarda per comunicarci che avrebbero chiuso lo stabilimento di Cusano e che tutto il lavoro sarebbe stato portato a Pordenone.
Come è stata sviluppata la trattativa?
Fin dall’inizio realizzammo come la crisi fosse stata un pretesto per la direzione che aveva deciso di chiudere la filiale molto tempo prima. Infatti quando fummo convocati per la seconda volta all’Assolombarda non si presentò nemmeno un membro della direzione. Ci ritrovammo a trattare con l’avvocato dei padroni e il funzionario dell’Assolombarda.
Fin dall’inizio abbiamo fatto causa per comportamento antisindacale: la direzione ha violato l’accordo che prevedeva la cassa ordinaria per 13 settimane. Avremo l’udienza il 5 febbraio: in caso di vittoria deve continuare la cassa integrazione e va riaperta successivamente la trattativa .
Il lavoro di certo non ci manca e siamo sicuri che arriveranno ancora ordini.
Devo dire che stiamo ricevendo la solidarietà di molti lavoratori ed anche delle istituzioni: la tenda della Protezione Civile è stata fornita dal comune. Noi prima dormivamo in macchina per preservare le gru finite e quelle da finire: qui infatti assembliamo e non abbiamo grandi macchinari da difendere, ma il valore degli ordini terminati è molto alto ed è la nostra forma di pressione più grande. Non deve uscire nulla da qui.
E’ una lotta dura: qui vi sono anche lavoratori con problemi di salute – qui interviene Mario, 54 anni, che ci spiega come abbia preso per mesi 500€ di stipendio perchè ha formalmente superato la soglia della malattia. L’azienda ha a disposizione il fondo Inps per la patologia ma stanno facendo di tutto per rinviare il problema, come se la malattia fosse un fastidio per loro e una colpa per l’operaio.
Cosa avete intenzione di fare adesso?
Il presidio serve a non fare uscire le gru. Siamo determinati ad andare fino in fondo per riottenere il nostro posto di lavoro: è in gioco il futuro di 45 lavoratori, delle loro famiglie e di una fabbrica all’avanguardia. La nostra lotta è innanzitutto per il mantenimento del posto di lavoro: se non riusciamo a salvare questa fabbrica i padroni devono trovarci un altro posto di lavoro.
Abbiamo ancora molto materiale in azienda e molte gru da terminare: il lavoro non mancherebbe, nè mancherebbero gli ordinativi. Voglio ricordare che questa azienda, nonostante la crisi, ha terminato l’anno in attivo. La direzione sta chiudendo solo perchè ha guadagnato un po’ meno.
Ci è stato comunicato dal comune che l’area avrebbe un interesse commerciale se l’azienda dovesse chiudere. Visto che quest’anno ci saranno le elezioni speriamo davvero che non vinca la destra.
Ci sono altre aziende in crisi nella zona?
La Metalli Preziosi, a Paderno, ha una crisi che si protrae ormai da diversi anni: sembra che ora abbiano trovato un acquirente. Stiamo cercando di coordinarci come aziende in crisi: per adesso noi della Comedil siamo in contatto con i lavoratori della Metalli Preziosi e della Innse. Cerchiamo di tenerci in contatto per le assemblee, per i presidi, anche se non siamo propriamente organizzati: cerchiamo di fare le cose a mano a mano che si sviluppano.
Questa vertenza può diventare un esempio: quali passi si possono fare per rompere l’isolamento di queste aziende in crisi?
Abbiamo cominciato con l’aprire fin da subito una cassa di resistenza. In generale, pensiamo che le istituzioni debbano impegnarsi tanto quanto ci stiamo impegnando noi per salvare la fabbrica. Certo, la Provincia ha avuto un incontro con l’azienda: forse però il problema è stato permettere l’insediamento di questa multinazionale nelle aziende del territorio senza alcuna forma di controllo.
Siamo ancora tutti uniti: stiamo votando democraticamente ogni passo della vertenza, dalle parole d’ordine della trattativa ai turni nella tenda. Stiamo sfruttando tutti i canali di comunicazione a nostra disposizione: dai volantinaggi ai mercati all’apertura di un blog (il blog ha il seguente indirizzo: http://terexusaegetta.blogspot.com). I padroni americani temono moltissimo la cattiva pubblicità, soprattutto in un periodo di forte turbolenza finanziaria. Mercoledì 28 gennaio andremo davanti ai cancelli della fabbrica di Pordenone a far sentire le nostre ragioni.
In fabbrica facciamo tutto noi: non esiste nessun aspetto dell’assemblaggio che non passi dalle nostre mani.
Ma a parte questo, siamo noi che mandiamo avanti ogni aspetto della fabbrica ogni giorno.
Questo aumenta la nostra volontà ad andare avanti tutti insieme per mantenere la fabbrica e il posto di lavoro di ognuno di noi
Lavoratori Terex/Comedil Cusano Milanino



La completa solidarietà di CultCorner.info a tutti gli operai che si trovano nella situazione dei compagni della Comedil Terex e della INNSE (vedi su questo blog Firma la nostra petizione "Giù le mani dalla INNSE" );
non vogliamo far diventare questo blog un bollettino di guerra, anche se è evidente che lo sia, ma informare il più possibile, con la speranza di ri-formare le coscienze...
lotteremo con voi!

29/01/09

Divieto di segnalazione - siamo medici e infermieri, non siamo spie

MSF, ASGI, SIMM e OISG lanciano un appello alla società civile per chiedere ai Senatori di respingere l’emendamento che elimina il principio di non segnalazione alle autorità per gli immigrati irregolari che si rivolgono a una struttura sanitaria.

28/01/2009

FIACCOLATA DAVANTI A MONTECITORIO

2 FEBBRAIO DALLE 17.30 alle 20.00

Roma, 28 gennaio 2009 – Il 3 febbraio prossimo il Senato voterà un emendamento volto a sopprimere il principio di “non segnalazione” alle autorità per il migrante irregolare che si rivolge ad una struttura sanitaria. Medici Senza Frontiere (MSF), Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG) hanno lanciato oggi un appello alla società civile per chiedere ai Senatori di non abrogare il suddetto principio.

MSF, SIMM, ASGI e OISG hanno inoltre annunciato una fiaccolata della società civile il 2 febbraio davanti a Montecitorio (tra Piazza della Colonna Antonina e l’obelisco) dalle 17.30 alle 20.00 al quale sono invitati a partecipare operatori sanitari, organizzazioni non governative, rappresentanti della società civile e cittadini.

Per aderire all'appello: http://www.divietodisegnalazione.medicisenzafrontiere.it >>

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16/01/09

Udine, presidio per la pace

sabato 17 gennaio
dalle ore 16.00
FERMIAMO IL MASSACRO A GAZA
presidio per la pace in piazza matteotti a udine
Quello che sta accadendo in questi giorni in medio-oriente non può lasciare nessuno indifferente. Le notizie che ci giungono da Gaza sono agghiaccianti, dopo due settimane di bombardamenti incessanti e azioni militari di terra, il bilancio è drammatico: oltre 1000 morti, di cui 400 bambini 4 mila feriti. Siamo di fronte ad un vero e proprio genocidio, a una guerra che viola ogni principio del diritto internazionale il cui unico risultato sarà quello di distruggere ogni speranza e processo di pace in una terrà già segnata da anni di conflitti. Le diplomazie internazionali, comprese quelle dell'Unione Europea, hanno grandi responsabilità per la crisi umanitaria a Gaza causata dal continuo assedio e per l'aver di fatto contribuito alla costituzione di un sistema di apartheid nella Cisgiordania mentre gli Stati Uniti perpetuano la loro politica di complicità con Israele. Le diplomazie internazionali hanno la responsabilità del silenzio e dell'inerzia di fronte ai crimini di guerra e alle violazioni del diritto internazionale e umanitario che avvengono ogni giorno a Gaza. Non ci sarà mai pace finché si costringerà il popolo palestinese a vivere in ghetti, subire vessazioni continue, finché non si permetterà la nascita di uno stato palestinese. L'occupazione militare del territorio palestinese deve finire. L'assedio di Gaza, che causa una tragedia umana tanto grande, deve essere revocato. E' necessario sostenere il diritto all'autodeterminazione e alla resistenza popolare palestinese. Chiediamo di porre fine all'occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, la fine immediata delle operazioni militari, la fine dell'assedio di Gaza, la rimozione del Muro e degli insediamenti, il rispetto delle risoluzioni internazionali, inclusa la 194, e la nascita di uno stato palestinese che possa vivere in pace accanto a quello di Israele. Crediamo sia giusto arrivare a una conferenza di pace che vincoli Israele al rispetto del diritto internazionale, pena la sospensione di tutti gli accordi militari, commerciali e di cooperazione. Crediamo nella necessità di un impegno da parte di tutti per la costruzione di una pace vera e giusta in Medioriente a partire dal dialogo di tutte le parti coinvolte. Questo obiettivo sarà possibile solo se verrà fermata questa nuova ed insensata guerra, se si porrà fine all'aggressione. Ci faremo promotori di un opera di sensibilizzazione su quanto sta avvenendo esigendo dai mezzi di informazione una copertura non reticente dei fatti relativi al conflitto e, allo stesso tempo, crediamo sia necessario costruire anche attraverso petizioni rivolte alle ambasciate e alle diverse istituzioni una pressione dal basso per chiedere il cessate il fuoco e una pace giusta. Noi non ci voltiamo dall'altra parte, noi non siamo indifferenti, noi non lasceremo solo il popolo Palestinese.
piazza matteotti, udine
Aderiscono: Arci Comitato Territoriale di Udine, Donne in Nero, Collettivo Makhno, Movimento Studentesco, Partito della Rifondazione Comunista, Giovani Comunisti/e, Partito dei Comunisti Italiani, Associazione di Amicizia Italia Cuba, Un ponte per…, Vientos del Sur, Associazione Strada Facendo, Associazione Iside, Unione sindacale italiana.

14/01/09

Un sito sionista chiede di uccidere Vittorio Arrigoni!

Negli USA, il sito web di estrema destra, sionista www.stoptheism.com ha messo in rete il nome e la foto di Arrigoni indicandolo all'esercito israeliano come "il bersaglio n.1" da uccidere.

Vittorio Arrigoni è il cooperante italiano residente a Gaza che in queste settimane sta fornendo testimonianze preziose su quanto sta avvenendo nella Striscia, sia attraverso il quotidiano Il Manifesto sia attraverso il suo blog.
Per un sito, evidentemente criminale, che va immediatamente denunciato ed oscurato, che si intitola http://stoptheism.com, Vittorio Arrigoni è indicato come il bersaglio numero uno da uccidere. Avete capito bene, da uccidere. Di lui e di altri cooperanti,
Jenny Linnel (bersaglio numero due), Ewa Jasiewicz, bersaglio numero 3, e una lista di altre persone, sono pubblicate foto e dettagli e segni particolari per poterli identificare e viene fornito perfino un numero di telefono negli Stati Uniti per poter segnalare all'esercito israeliano l'eventuale avvistamento e come poterli eliminare.
La Polizia postale e la Farnesina devono immediatamente attivarsi presso le autorità estere competenti perché chiunque si celi dietro il sito venga identificato e il sito oscurato. Ad una ricerca sul database del servizio Whois per il dominio in questione non è possibile ottenere alcuna informazione rilevante per identificare gli istigatori all'omicidio.

Per mio conto, non é una questione di schieramento da una o dall'altra parte, non c'é tempo per ciò, mi schiero dalla parte della pace, per fermare il massacro, per restituire dignità e libertà al Popolo Palestinese, per fermare la politica Israeliana che sembra completamente impazzita, folle, cieca al rispetto dei Diritti Umani e costringere Israele ed Hamas ad una risoluzione DEFINITIVA che volga al riconoscimento e rispetto della libertà di vivere in pace al così tanto offeso popolo Palestinese finora solo deturpato delle terre, sfruttato e schiavizzato.
Se i Media non lo vogliono fare, raccontare la verità e quel che succede, lo faremo noi freebloggers, con l'unico interesse di fermare il massacro e di rendere un Popolo libero.
Solidarietà a Vittorio Arrigoni e FREE PALESTINA, quindi.... documentando sui blogs e nelle piazze finché sarà necessario. A Udine come in tante altre piazze italiane e nel mondo intero ci sarà una manifestazione/presidio questo sabato 17 Gennaio, leggi qui il comunicato stampa.
http://whoisguerrillaradio.blogspot.com/