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06/02/10

APPELLO degli Immigrati di Rosarno

di Immigrati di Rosarno a Roma
APPELLO
Le nostre richieste al governo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l'assemblea dei lavoratori africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. (...) Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6 per rientrarci solo la sera alle 20 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica.
Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie... prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l'interesse di qualcuno. (...) Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani. Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. (...).
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
• domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada.
• Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.

28/01/10

Lavoro SCHIAVO - di Antonio Onorati

Non è vero che nelle campagne del sud dove le mafie prendono a fucilate gli immigrati lo stato è assente. Al contrario, è l'imposizione delle politiche agricole che determina la crisi attuale
La rivolta dei braccianti di questi giorni, continua ad essere inquadrata come un problema d'ordine pubblico dovuto all'assenza dello Stato. Ma questo non corrisponde assolutamente a quello che succede. Lo Stato, anzi gli Stati, ci sono e portano tutta intera la responsabilità. Quella - semplice da comprendere - come la costruzione di un quadro giuridico che finisce per facilitare la totale disarticolazione del mercato del lavoro e la sua facile gestione da parte di gruppi criminali. Ma una responsabilità ben più grave è quella che deriva all'Italia ed all'Unione Europea, dall'aver costruito e rafforzato con denari pubblici un modello agricolo ed agro-alimentare che, pretesamene vocato ad affermarsi sul mercato mondiale e lanciato nella competizione globale con l'illusione della sua concorrenzialità, si ritrova ad un passo dalla sua implosione sotto le mazzate delle diverse crisi che si sono accumulate nel tempo recente e, ancora più gravemente, demolito proprio dal suo interno dalle logiche che lo hanno guidato e lo guidano ancora: l'idea, sbagliata, che aranci, clementine, pomodori, zucchine, latte, pesche o mele potessero essere prodotte «con profitto» in modo industriale da un numero sempre più ristretto di aziende agricole, comunque sempre più dipendenti da fattori esterni, siano essi l'energia, i pesticidi o i concimi a monte o l'industria agroalimentare e la GDO a valle. I prezzi a ritroso, imposti prima di tutto agli impoveriti consumatori dalle grandi catene commerciali e via via fino alle aziende agricole (non necessariamente la catena è lunga, non c'è molta differenza dal prezzo pagato dalla GDO e dall'intermediario grossista del paese), che, producendo con un prezzo imposto, possono tagliare l'unico costo che controllano, quello della forza lavoro. E questo vale se nei campi c'è solo il contadino, suo figlio o sua moglie o il bracciante irregolare.
Ecco l'agricoltura italiana: da 1,6 milioni di occupati nel 1992 a 850.000 nel 2009. Tra il 2000 ed il 2007 abbiamo perso il 22% delle aziende agricole, ma solo poco più de 2% della superficie agricola, infatti è aumentato il numero di tutte le aziende con una superficie maggiore di 30 ettari, cioè chi è restato si è ingrandito «per vincere la concorrenza». Sempre nello stesso periodo il reddito lordo standard (una misura estimativa) delle aziende con una superficie superiore a100 ettari è aumentato del 60%. E questo da anche l'idea perché le varie mafie investono soldi in agricoltura, non solo per riciclare o approfittare dei premi comunitari ma anche perché oltre una certa dimensione comunque - se puoi tagliare i costi di produzione, cioè i costi del lavoro - ci si guadagna bene.
La situazione in Calabria, Puglia ma anche nelle piane del Lazio o nelle stalle della Lombardia o del Veneto si ripropone, con livelli d'abuso diversi ma attraverso gli stessi meccanismi, in Andalusia per le fragole (con il «contratación en origen») o in Francia, nelle Bouche du Rhone ( i contratti «OMI»). Meccanismi simili perché simile è il modello agricolo: un'agricoltura industriale risultato di mezzo secolo di politiche pubbliche. Politiche imposte oggi alla Romania, paese membro dell'Unione Europea dove un'agricoltura familiare di piccolissima scala, che è riuscita ad attraversare l'era Ceausescu viene quasi annientata dall'applicazione della PAC provocando l'esodo dalle campagne verso le serre spagnole o di Latina (Mircea Vasilescu, 2006). Politiche imposte ai paesi africani dove l'Unione Europea stessa dice: «Occorre liberalizzare i mercati agricoli sulla base di una liberalizzazione reciproca» (UE, 2007) ma poi mette tutti sull'avviso che ad esempio «L'avvenire delle esportazioni nordafricane di prodotti agricoli è compromesso...». Infatti aumentano le importazioni alimentari dei paesi africani. Quelle dell'Africa francofona in 10 anni sono aumentate di oltre l' 80% ma la quota dell'Africa negli scambi mondiali in venti anni è scesa dal 2% al 1,6% del totale. E giusto per avere un'idea di come funziona: il latte importato costa intorno ai 200 FCFA in Senegal, ma il costo di produzione locale di un litro di latte non scende mai sotto i 400 FCFA. Certo che anche in questi paesi le elite dominanti approfittano della liberalizzazione, ad esempio in Tunisia il 2% delle aziende agricole controlla più del 60% delle terre coltivate e fertili. In Marocco in 20 anni il numero totale delle aziende agricole è diminuito del 22% ma nello stesso periodo il numero delle grandi aziende è aumentato del 10% circa. E la Banca Mondiale stessa, all'origine dei duri processi di liberalizzazione e industrializzazione delle agricolture , deve riconoscere «L'agricoltura contadina, di autoconsumo ed approvvigionamento del commercio di prossimità saranno toccati duramente della rottura del tessuto sociale e delle attività economiche degli spazi rurali dove loro completano sia il reddito necessario alla famiglia che i ciclo produttivo...» (Banque Mondiale, 2002). Saranno questi deportati economici a finire nei campi di pomodori e clementine, nelle serre dove si coltivano fragole ed insalata senza terra, con le flebo di chimica.
In questi paesi le politiche pubbliche imposte nell'ultimo quarto di secolo hanno prodotto il crescente processo di privatizzazione della terra e la difficoltà di mantenerne il controllo da parte dei piccoli contadini, la predazione delle risorse naturali fondamentali per l'agricoltura (acqua, foreste, fertilità, biodiversità,), taglio egli investimenti pubblici per l'agricoltura familiare e smantellamento delle protezioni del mercato interno agroalimentare, riduzione delle rese e della produzione agricole, distruzione dell'economia rurale con esodo e rottura del tessuto sociale del paese stesso, conquista del mercato interno alimentare da parte della GDO multinazionale ed il conseguente crollo dei redditi familiari rurali. Quindi siamo di fronte ad un problema globale e nazionale di politica agricola ed alimentare di cui gli Stati portano tutta intera la responsabilità. Da parte loro le organizzazioni agricole, come il Cordinamento Europeo della Via Campesina (CEVC), chiedono che la «Unione europea garantisca il rispetto da parte degli Stati delle condizioni di lavoro della manodopera agricola, in particolare stagionale, anche negando agli Stati che non rispettano gli obblighi minimi in materia di lavoro salariato stagionale agricolo i fondi di supporto all'agricoltura».

La mobilitazione e la solidarietà continua. Prossimo appuntamento del Coordinamento Europeo della Via Campesina a Torino dal 29 al 31 gennaio, un incontro di lavoro, facilitato da Associazione Rurale Italiana, per licenziare la piattaforma europea sul lavoro schiavo in agricoltura.

12/12/09

Sher Khan, irregolare sempre in prima fila

di Cinzia Gubbini - ROMA

Sher Khan, irregolare sempre in prima fila
Muore di freddo a piazza Vittorio uno storico leader antirazzista
Un mazzo di fiori e alcuni ceri. E soprattutto i compagni di lotta di Sher Khan, increduli, in questo angolo di piazza Vittorio - tra via Bixio e via Principe Eugenio - dove ieri notte è stato trovato morto «un clochard», come hanno battuto le agenzie di stampa. Ma in poche ore nella Roma antirazzista si è diffusa la notizia: una volta tanto quel «barbone», quel «senza fissa dimora», lo conoscono tutti. Si chiamava Mohammad Muzaffar Alì, detto Sher Khan, e ieri sera il gruppo di persone corse in piazza Vittorio - dove era stata convocata una riunione per decidere cosa fare per rendergli omaggio - non smettevano di ricordare quanto fosse «un infaticabile rompicoglioni».
Alto, grosso, come tanti immigrati dall'Asia non aveva mai imparato a parlare bene l'italiano. Rimbomba nelle orecchie la sua voce possente: «Noi vo-glia-mo permesso di soggiorno». Era lo slogan scandito fino al parossismo nelle grandi manifestazioni antirazziste degli anni '90. In quei primi movimenti di massa che vedevano le comunità immigrate organizzarsi per chiedere un documento. Sher Khan c'era sempre. Aveva iniziato alla Pantanella, insieme a don Luigi Di Liegro e Dino Frisullo. Aveva fondato al prima associazione degli immigrati asiatici, la «Union asian workers association». «Un gran rompiscatole, che ti telefonava alle ore più impensate dicendo "corri, c'è tanti ragazzi qui che dormono al freddo, bisogna fare qualcosa", ed era capace di non mollare la presa finché non ti mettevi in moto», lo ricorda Alessia Montuori di Senzaconfine.
A Roma era arrivato nel 1988 dal Pakistan, dalla città di Dera Ghaji Khan dove ora si cercherà di rimandare il suo corpo facendo una raccolta fondi. Ad aspettarlo sono rimasti solo alcuni fratelli. Giovedì prossimo, invece, ci sarà una commemorazione e forse anche un corteo. A lui sarebbe piaciuto. Per Sher Khan fare politica, organizzarsi, fare gruppo e contestare era un modo di vita. «Uno splendido caratteraccio, che ti costringeva a mollare ogni impegno per fare le cose, con ogni mezzo necessario», per dirla con il responsabile immigrazione di Rifondazione, Stefano Galieni. L'esatto contrario del «modello immigrato» a cui aspirano le leggi italiane: Sher Khan era il tipico soggetto che in tanti avrebbero volentieri cacciato a calci fuori dall'Italia. Un improduttivo, uno con cui non era facile ragionare, uno che non ha mai fatto niente per piacere. E, in parte, ce l'hanno fatta. È stato un lavoro facile: a Sher Khan è stata data la caccia. Non a lui in particolare, ovviamente. Ma ogni nuova barriera edificata a suon di legge per rendere impossibile una vita dignitosa a chi non si normalizza, gli ha tolto un pezzetto d'aria. Il suo lavoro era un'occupazione informale, ma preziosa: accompagnava gli immigrati in questura, si occupava di seguire le loro pastoie burocratiche, e in cambio chiedeva dei soldi. Mai abbastanza - a differenza di altri - per diventare ricco. Infatti non ha mai avuto una casa. Sher Khan ha sempre vissuto dove capitava. Fino alla fine di settembre abitava nell'occupazione della Cartiera, quella che è stata sgomberata dal sindaco Gianni Alemanno insieme all'occupazione dell'ospedale Regina Elena. Centinaia di persone per strada perché secondo il sindaco di Roma non si possono più tollerare illegalità. Sempre per lo stesso motivo - e cioè perché non si possono tollerare le illegalità - Sher Khan ha passato il mese di ottobre nel Centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria: non aveva un permesso di soggiorno. Ora si scopre che a giorni ne avrebbe ottenuto uno per motivi umanitari: glielo avrebbe rilasciato la questura di Roma, dove alla fine era approdata la sua antica richiesta di asilo politico. Un permesso che non avrebbe risolto la sua situazione se non per poco tempo: quel tipo di documento dura un anno, ed è difficilissimo da rinnovare. Presto, sarebbe tornato ad essere un clandestino. Il primo permesso lo aveva ottenuto tanti anni fa con la sanatoria delle legge Martelli. Poi, siccome uno straniero per vivere in Italia deve avere un regolare contratto di lavoro e una casa con tutti i crismi, ha finito per perderlo. Cosa dovessero identificare a Ponte Galeria - visto che il soggetto era ben conosciuto dalla questura romana - non si capisce bene, ovviamente. Né dove avrebbero voluto espellerlo, visto che Sher Khan viveva da ventidue anni in Italia. Infatti, a rinviarlo in patria non ci ha pensato nessuno: ha semplicemente fatto un ennesimo soggiorno nelle patrie galere per stranieri per poi tornare sui marciapiedi di Piazza Vittorio. Forse, un po' più depresso. Una persona che lo ha incontrato proprio martedì dice di aver raccolto le sue lamentele: «Non sto tanto bene», avrebbe detto. Certamente non abbastanza per vivere in strada.
La legge, invece, Sher Khan la conosceva bene. Non le è sfuggito. Aveva precedenti penali, e alcuni anni fa è stato condannato a un anno e otto mesi di galera con un'accusa infamante: tentativo di stupro. Ma quell'episodio che destò scandalo, va raccontato per quello che è stato almeno il giorno della sua morte: Sher Khan toccò il sedere a un'addetta alla sicurezza delle metropolitane con cui litigò perché - ubriaco e senza biglietto - voleva infilarsi sul treno. Chi lo ha conosciuto, e ha conosciuto il suo modo a volte arrogante e machista di relazionarsi, può tranquillamente immaginarlo mentre compie un atto del genere. La condanna - e altri precedenti legati alla sua vita di strada - hanno rappresentato un insormontabile ostacolo all'ottenimento di un permesso di soggiorno. Quello che ha chiesto a gran voce attraversando le strade di Roma per vent'anni. Se n'è andato senza riuscire a metterci le mani sopra. Che maledizione, Sher Khan.

[fonte: "Il Manifesto" 10/12/2009]

07/10/09

Adolfo Perez Esquivel - Dalla lotta contro le dittature alla salvaguardia del creato

Non c’è primo, secondo, terzo o quarto mondo, c’è un unico mondo, i diritti sono uguali per tutti. Dobbiamo combattere le ingiustizie e le dittature usando gli strumenti della nonviolenza e le istanze giuridiche internazionali. Ma il nostro impegno oggi si deve allargare anche alla difesa di tutto il Creato. Questo in estrema sintesi il messaggio lanciato a Trento dal premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel, che ha parlato ieri in una sala Depero gremita di pubblico. "Sulle rotte del mondo", quest'anno alla sua prima edizione, si sta confermando - anche grazie all'apprezzamento che i trentini riservano a tutti gli eventi pubblici della manifestazione - un vero e proprio "festival della solidarietà", con tante voci che si incrociano e dialogano in libertà, a partire naturalmente da quelle dei missionari.

Visita il sito: www.missionetrentino.it


27/09/09

Reportage dal raduno padano di Venezia - Venezia invasa

Sono tornati, come ogni anno. Riva dei Sette Martiri e l’adiacente via Garibaldi (una toponomastica che la dice lunga sull’identità veneziana) invasi dal popolo xenofobo della Lega (loro dicono in ottantamila. la questura trentamila, ma se vi fidate di uno che questi luoghi li conosce bene, non arrivavano a diecimila, a meno che la stragrande maggioranza non fosse in gita in giro per la città e non nel luogo convenuto). Sono arrivati urlando “padania libera” (minuscola, la p, scrivo io, da sempre, dato che la padania non esiste), perché il federalismo non gli basta più. Razzisti più che mai, arroganti più che mai, volgari più che mai e adesso pure violenti, perché a qualche centinaio di metri da lì, in Calle degli Specchieri, in un locale gestito da una famiglia egiziana, un cameriere veniva bastonato a sangue perché “sporco albanese” da otto razzisti con la camicia verde della Lega che, non contenti, devastavano poi il locale. Ovviamente il capogruppo in comune, Mazzonetto, ci metteva un nanosecondo a dire che si trattava di infiltrati, mentre là, dal palco, i proclami contro chi “non è dei nostri” erano l’unico tema vero di cui si parlava, ripetuto da tutti e con toni inequivocabili. Non solo: farneticazioni terribili contro “l’islamizzazione delle nostre terre”, e allora ecco il ministro Zaia (che molti qui vorrebbero candidato a governare il Veneto, altri invece preferirebbero il sindaco di Verona Tosi), eccolo proclamare che il crocifisso deve stare in ogni classe, nei municipi, perché la Lega porta avanti i valori cristiani, sottolinea, certo, non fosse che la bestemmia ricorrente pare essere l’unica maniera di comunicazione del popolo padano, pronunciata però in perfetto dialetto veneto e lombardo, ché nelle scuole quello bisogna insegnare, dicono dal palco. Il dialetto, non la bestemmia. Vengono i brividi a sentirli parlare. E anche a leggere i giornali locali, dove c’è il ritratto del Veneto di oggi, che mette in prima pagina il raduno leghista e, di spalla, la sua diretta conseguenza: un operaio di Portogruaro vittima di un incidente sul lavoro, in cura al Centro Ustionati di Padova, aggredisce l’infermiera congolese che lo sta medicando perché è “negra”. Il solerte giornalista, dopo aver definito folle e indecente il gesto, sente poi il dovere di chiosare che l’infermiera è “tra l’altro molto valida”. Tra l’altro cosa? In altra pagina, il presidente della Provincia di Treviso, leghista, bolla come sanguisughe i lavoratori del sud residenti dalle nostre parti. Eccolo il Veneto di oggi. E qui, su questo palco, da questa “festa dei popoli padani”, partono gli slogan che poi faranno proseliti, che intaccheranno nel profondo gli animi dei veneti. Sono i presidenti delle province a essere i più agguerriti. Francesca Zaccariotto, presidente della provincia di Venezia, nonché sindaco di Sandonà, una che appena insediata ha visto bene di aumentare lo stipendio a se stessa e ai suoi assessori, dice che “per la prima volta ho fatto questo tratto di strada con sicurezza, perché c’eravate voi e non gli extracomunitari abusivi”, contro i quali proprio lei ha mandato la polizia provinciale e chiesto – e ottenuto – l’intervento dell’esercito. Chiude raccontando come ha fatto a conquistare Ca’ Corner. Narra in modo maldestro una sorta di fiaba di Calimero, dove la provincia era solo sporca del rosso dei comunisti e andava ripulita di verde.
Al bar arriva Miss Camicia Verde 2009 (così recita la fascia trasversale che indossa) e le camicie verdi si mettono in coda per farsi fotografare. È mulatta, guarda caso. Scelta per dimostrare che “noi non siamo razzisti”, ma svelando invece un doppio razzismo. Se l’extracomunitaria è giovane e bella , allora evviva. È il velinismo leghista, questo, se possibile ancora più becero di quello di Papi. Dal palco, nel frattempo, una voce si lamenta dei clandestini: “Dicono che noi siamo cattivi. Ma noi siamo riusciti a respingerli e pochi sono finiti in fondo al mare”. Dice proprio così, finiti in fondo al mare, come se si trattasse di scatole. No, non sono cattivi, loro. Di fronte al palco, come ogni anno, la signora Lucia Massarotto ha appeso alla sua finestra il tricolore. A metà mattina, cercano di oscurarlo con uno striscione della Lega di Gallarate, con su scritto un nient’affatto xenofobo “no alla moschea”. Ce ne sono altri, però, di tricolori, più indietro, ad accogliere il popolo padano, lungo Riva degli Schiavoni, militanti di un partito del governo italiano con addosso magliette con su scritto “padania is not Italy”. Che ne penserà Fini? È lui infatti un altro dei bersagli di oggi. Lui che “osa parlare di diritti agli immigrati”.
Arriva Bossi, il capo, il grande capo, come lo chiamano loro, a dimostrazione di come la Lega sia lontana dall’essere un partito dalla struttura democratica. Dicono ci sia stato un boato ad accoglierlo. Ma così come i trentamila, io il boato non lo sento. Ma sono di parte, potrebbero dire. Non di questa, di sicuro. Ma, da dove mi trovo, non sento nemmeno la flebile voce del capo. Mi avvicino al palco. Sta per dare la parola a quello che è e resterà per sempre il suo delfino o, se volete, il suo braccio armato (vedi ronde e tutto il resto). Nel farlo ci tiene a sottolineare che “Maroni l’ho allevato io”. E racconta di quando da giovani andavano a imbrattare i muri dei loro slogan, già allora colmi d’odio. Dopo l’amarcord, il ministro degli interni italiano esordisce urlando: “Padania libera!”. Sì, è proprio questo il vero messaggio politico di oggi. Alla Lega non basta più il federalismo. Ora vuole la secessione, e la vuole sul serio, “con le buone o con le cattive”, dirà Bossi, che tanto – parole testuali – “nemmeno la galera ci fa più paura”. Sono i loro slogan, a far paura. E Venezia dovrà respingerli con forza, nei prossimi mesi, per non ritrovarli padroni del municipio. Per non lasciare che Riva dei Sette Martiri si trasformi in una delirante Riva dei popoli padani.

10/07/09

Raffaele Nogaro, un «diavolo amico dei marxisti»

di Luca Kocci
altra italia
Diavolo DI UN VESCOVO
Oggi (domenica 5 luglio 2009) è l'ultimo giorno di lavoro del vescovo di Caserta. Quando arrivò, fu apostrofato dalla Dc come un «diavolo amico dei marxisti». La guerra alla malapolitica e alla camorra, gli scontri con Ruini, le campagne contro la Bossi-Fini al fianco degli immigrati
Quel vescovo «è un diavolo, è amico dei marxisti, se fossi san Pietro lo manderei all'inferno». Così nel 1992 Giuseppe Santonastaso - all'epoca ras demitiano della Dc casertana, più volte sottosegretario ai Trasporti dei governi Craxi e Andreotti negli anni di tangentopoli, poi condannato sette anni e mezzo di carcere per concussione - parlava di Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, che da quando era arrivato in città denunciava la corruzione e le infiltrazioni della camorra nella politica e aveva spezzato il collateralismo Chiesa-Democrazia Cristiana.
Oggi, compiuti 75 anni e quindi obbligato alle dimissioni secondo la norma canonica, Nogaro va in pensione (al suo posto arriva il responsabile dell'otto per mille, mons. Pietro Farina, che inizia il mandato con una messa solenne e decisamente poco sobria alle ore 19 nel piazzale delle bandiere della Reggia, nell'area dell'Aeronautica militare) e, come venti anni fa, i politici di palazzo, contraddicendo l'abituale ossequio nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, salutano con sollievo la partenza di un vescovo sempre scomodo e mai disponibile a compromessi.
La «cittadinanza emerita» gliel'hanno però conferita dal basso i cittadini, credenti e non credenti, militanti dei gruppi cattolici e del centro sociale Ex Canapificio, in una affollata manifestazione lo scorso 30 giugno, all'università: alcuni abitanti dei nove Comuni della diocesi di Caserta insieme al senegalese Mamadou Sy in rappresentanza del movimento dei migranti e dei rifugiati hanno consegnato il riconoscimento dei «cittadini sovrani» al vescovo che - si legge nella loro lettera aperta - ha messo gli ultimi e gli esclusi «al primo posto» di un episcopato «tutto teso alla difesa della vita, della salute, del territorio e delle sue risorse locali e della dignità di tutti gli esseri umani residenti nella diocesi».
Quando giunge a Caserta alla fine del 1990 - dopo otto anni a Sessa Aurunca, dove era stato mandato a fare il vescovo direttamente da casa sua, il Friuli - appare subito chiaro da che parte sta: chiede che la Giunta comunale a maggioranza democristiana - che ha appena respinto la richiesta della Caritas diocesana di uno stanziamento di 50 milioni di lire per un centro di accoglienza per immigrati - non spenda una lira per festeggiarlo, ma che ci sia una cerimonia solo religiosa. La richiesta però non viene esaudita e l'amministrazione, forse con la speranza arruolarlo fra i suoi, investe 30 milioni per salutare l'ingresso in diocesi di Nogaro, regalandogli fra l'altro una chiave della città del valore di 4 milioni.
La lettera aperta ai cristiani
Negli anni successivi non mancheranno le frizioni fra la Dc e il vescovo che critica il collateralismo della Chiesa e il dogma dell'unità dei cattolici sotto lo scudocrociato sostenuto dal cardinale Camillo Ruini, neo presidente della Conferenza episcopale italiana, e si attira attacchi e minacce di querele da parte dei notabili democristiani che vedono scalfito il loro blocco di potere e le loro clientele. In questo periodo Nogaro sostiene una coraggiosa «lettera aperta ai cristiani di Caserta» di 11 associazioni cattoliche (fra cui Azione Cattolica, Acli e Agesci) che denuncia l'uso strumentale della religione e la corruzione all'interno della Dc casertana. Dalla lettera scaturirà poi "Alleanza per Caserta nuova", lista elettorale formata dai cattolici di base e dai partiti della sinistra che nel 1993 vince le elezioni comunali, interrompendo mezzo secolo di egemonia democristiana.
Saldamente ancorato al Vangelo, il ministero episcopale di Nogaro non è spiritualistico e disincarnato ma centrato sui problemi e sui bisogni concreti delle donne e degli uomini: denuncia la malasanità, l'illegalità e la corruzione, mette sotto accusa l'abusivismo e la speculazione edilizia, è in prima linea nella difesa dell'ambiente, contro le cave e le discariche che assediano Caserta e minano la salute delle persone. E anche contro la camorra, che nel 1994 uccide don Giuseppe Diana, il prete che contrastava i boss di Casal di Principe: «Nella tua testimonianza - dirà il vescovo dopo l'omicidio di don Diana - avevo visto una Chiesa nuova, una Chiesa non più compromessa con il potere».
Il 1994 è anche l'anno della prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi, e Nogaro non manca di far sentire la propria voce per mettere in guardia la Chiesa dal rischio di un nuovo abbraccio mortale con Forza Italia al posto della Dc e per contrastare gli attacchi contro gli immigrati della destra di governo, neo-fascista e leghista. Ma sarà altrettanto duro e intransigente nei confronti dei governi di centro-sinistra e della legge Turco-Napolitano che introduce i Centri di permanenza temporanea, moderni lager per gli immigrati clandestini. Negli ultimi anni, poi, denuncia la «nuova apartheid» della Bossi-Fini, proclama la «disobbedienza civile» e, appena due settimane fa, scende in piazza contro il «pacchetto sicurezza» e distribuisce, insieme ai comboniani e ai centri sociali, i «permessi di soggiorno di nome di Dio».
Pacifismo e antimilitarismo
La pace e l'antimilitarismo sono gli altri punti forti dell'episcopato di Nogaro. Durante le guerre dei Balcani va in Kosovo, con il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi e i pacifisti, per portare sostegno alle popolazioni martoriate dal conflitto. Insieme a Pax Christi - di cui, per i veti del cardinale Ruini, non sarà mai presidente - chiede la smilitarizzazione dei cappellani militari. E dopo l'attentato alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001, con l'inizio della "guerra infinita" di Bush a cui si associa subito l'Italia di nuovo berlusconiana, critica i parlamentari cattolici che hanno approvato l'intervento militare in Afghanistan, scatenando le ire dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che lo accusa di «presunzione dottrinale» e «arroganza autoritaria» e ne chiede la rimozione dall'incarico. Due anni dopo c'è la strage dei militari italiani a Nassiriya, in Iraq, Nogaro si dissocia dalla retorica collettiva e avverte: «Bisogna fare attenzione a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria, strumentalizzando la morte di questi nostri giovani per legittimare guerre ingiuste». E stavolta è il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu - ma Cossiga non gli fa mancare il suo sostegno - a chiedere la cacciata del vescovo.
Negli ultimi anni, a Caserta, ancora l'impegno per la città: si schiera, anche occupandola, contro l'apertura di una nuova discarica a Lo Uttaro, un sito già inquinato da rifiuti tossici e collocato in una zona densamente popolata della città, attirandosi il pubblico rimprovero del commissario all'emergenza rifiuti Guido Bertolaso e dell'allora segretario della Cei monsignor Giuseppe Betori; dà il via e appoggia la battaglia, tutt'ora in corso, per il Macrico, una ex area militare di 33 ettari di proprietà dell'Istituto per il sostentamento del clero, a due passi dalla Reggia, che i cittadini vorrebbero trasformata in un'area verde pubblica e non data in pasto ai palazzinari.
Lontani dal potere
Se ne va oggi il vescovo Nogaro, ma ribadisce la sua visione, ancora irrealizzata, di una Chiesa lontana dal potere e vicina agli ultimi. «Il Vangelo non è più la trasparenza della Chiesa, viene compromesso da tutte le vicende politiche della Chiesa stessa» che «sembra voler essere l'autovelox della morale: sta nascosta dietro l'angolo e quando la cultura sfreccia e magari sembra violare, per eccesso di velocità, soprattutto i temi della morale - l'aborto, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, la famiglie, le coppie di fatto, i divorziati, gli omosessuali - eleva sanzioni». È spesso una «Chiesa autoreferenziale», che «confonde facilmente i suoi fini con i suoi interessi». Vorrei invece, prosegue, «una Chiesa di frontiera, e la frontiera è fuori dal tempio, è un luogo esposto, è il luogo degli arrivi e delle partenze, dell'imprevisto e dell'inedito». Una Chiesa capace di «difendere l'uomo dal dominio incontrollato delle istituzioni e delle corporazioni, che rischiano di renderlo puro strumento della loro volontà di potenza; di allargare gli ordinamenti democratici, che esprimono la sovranità popolare, per rendere attiva sempre la libertà personale; di difendere l'uguaglianza tra gli uomini, impedire lo sfruttamento di una classe sull'altra, di un popolo su un altro e combattere apertamente l'onnipotenza del capitale e del profitto, della mafia e della camorra». E a proposito di camorra, con l'esperienza di chi la conosce da vicino, dice ancora: «Le gerarchie ecclesiastiche sono molto preoccupate di difendersi dai nemici ideologici, comunisti, laicisti di ogni genere, e sottovalutano l'inquinamento morale e civile causato dai poteri illegali. I camorristi, che pure sradicano il Vangelo dal cuore della nostra gente, negando ogni forma di amore del prossimo, diventano facilmente promotori delle iniziative della ritualità religiosa e della collettività. Proteggono un certo ordine stabilito, e quindi vengono corteggiati dalle istituzioni. E, per un falso amore di pace, la Chiesa tace».
da "Il Manifesto" del 05/07/09

23/06/09

SABATO 27 GIUGNO 2009 MANIFESTAZIONE REGIONALE A UDINE PER DIRE

Ø NO ad un welfare regionale che discrimini minori, studenti e famiglie in base alla loro provenienza
Ø NO ai contenuti demagogici del DdL Sicurezza
Ø NO a razzismo, xenofobia e discriminazioni
Ø SI' ad un welfare che promuova l’integrazione e la coesione sociale, i diritti alla protezione dell’infanzia, il diritto allo studio e al sostegno alle famiglie, che sono diritti di tutti
Ø SI' ad ogni diritto di cittadinanza
Ø SI' ad un’Italia che rispetti il diritto d’asilo
Ø SI' ad una Regione e ad un Italia in cui la sicurezza sia un bene per tutti e si garantisca con la crescita culturale di ciascuna e ciascuno.

PARTECIPA
SABATO 27 giugno 2009 – UDINE
ore 16.00 ritrovo in Piazza San Giacomo;
ore 16.45 corteo attraverso il centro fino a Piazzale Venerio, con interventi di migranti, associazioni, sindacati e del Sindaco di Udine


Iniziativa promossa dalla Rete Diritti di Cittadinanza FVG, Centro Balducci, CGIL, ACLI, RdB-CUB, Associazione Immigrati di Pordenone, Donne in Nero-Ud, Associazioni “La Tela” e “Officina del Mondo”-Ud

Prime adesioni: ALEF FVG, ANPI prov. Ud, ARCI prov. Ud, ASEF FVG, ASGI FVG, Associazioni “Bhairab” e “Bimas”-Monfalcone, Associazione Ce.Si.-Ud, Associazion Culturâl "el tomât" di BUJE, Associazione dei Serbi Nicola Tesla FVG, Associazione “ICARO”, Associazione “PSII” – Ud, Associazione “Mediatori di Comunità”, Associazione Tricolorul di Romania, Associazione UNITA' ex URSS, Associazione “Vicini di casa”, Bande Garbe, CACIT - TS, Casa Internazionale delle Donne di Trieste, CIAM, Circolo Mediatori Culturali-Linguistici dell’Acli, Cobas Scuola, Comitato “Noi non segnaliamo” PN, Comitato per i diritti civili delle prostitute, Comunità “Arcobaleno” - GO, Conferenza Volontariato Giustizia del FVG, GR.I.S. FVG – SIMM, ICS – TS, Nigerian Association FVG, Radio Onde Furlane, UIL – FVG, Partito della Rifondazione Comunista FVG, Partito Democratico FVG, Partito Umanista FVG, Sinistra e Libertà FVG, Associazione Culturale PropitQmò


17/06/09

800-99-99-77 Un telefono che sventa il razzismo quotidiano

di Cinzia Gubbini - ROMA
SICUREZZA - L'iniziativa «Sos diritti» dell'Arci
Un telefono che sventa il razzismo quotidiano
«All'inizio ci hanno chiamato soprattutto persone che ci chiedevano: ma mi devo sposare?». Le preoccupazioni che agitano la società italiana di fronte all'approvazione del pacchetto sicurezza a volte sono difficilmente registrabili. Poi qualcuno, per esempio i ragazzi dell'Arci, pensa che si possa mettere a disposizione un numero telefonico. Nasce così - era febbraio - il numero «S.o.s diritti», una «linea amica» per chi vuole segnalare discriminazioni e atti di razzismo. E si scopre che del pacchetto sicurezza non fanno paura soltanto i medici o i presidi «spia» (anche quelli). Ma soprattutto il divieto di sposarsi con un immigrato senza permesso di soggiorno. Indicatore più che eloquente di quanto la società sia più avanti della politica: l'amore scocca con o senza documenti. «Ne sono arrivate davvero decine di telefonate così. E noi cosa possiamo rispondere? Che se l'evento era già programmato o se almeno si pensa di essere davvero convinti, beh sì..conviene sposarsi subito». Valentina Itri è la coordinatrice del centralino anti-razzismo. Così è stato ribattezzato il numero 800-99-99-77 a cui rispondono tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 9,30 alle 18,30, operatori qualificati. L'iniziativa dell'Arci è nata in concomitanza con la campagna «Apriti agli altri-Non avere paura», che proprio ieri ha visto una raccolta straordinaria di firme a largo Argentina a Roma - presenti il presidente della regione Lazio Marrazzo, quello della provincia Zingaretti e del vicesindaco Cutrufo che rappresentava Alemanno - promossa da associazioni e sindacati. Ma l'iniziazione per il centralino arriva con un fatto concretissimo e soprattutto molto serio: un ragazzo senegalese che viene aggredito in pieno giorno nel mercato di via Sannio. Senza che nessuno muova un dito. Su un giornale legge che esiste questo servizio. E decide di rivolgersi al centralino. Per gli operatori è il battesimo del fuoco: lo incontrano, gli presentano un avvocato, lo assistono e lo confortano nella sua decisione di sporgere denuncia.
E' questa la funzione del centralino. Valentina, Nat, Rosaria e Elvis sono in grado di mettersi immediatamente in contatto con 16 interpreti e con gli avvocati, attraverso telefonate «in conferenza».
Di chiamate fino a oggi ne sono arrivate circa 500. Raccontano un'Italia pericolosa, e un razzismo che si annida dove meno te lo aspetti. Una dottoressa moldava, laureata in Italia, ha dovuto ricorrere al servizio «S.o.s. diritti» per ottenere l'iscrizione all'Ordine dei medici di Vicenza. Gli operatori si sono attaccati al telefono, chiamando a rotazione l'Ordine, il ministero della salute, gli avvocati, inviando e-mail con tutti i riferimenti giuridici che attestavano il diritto della dottoressa ad accedere all'albo. Solo dopo molte insistenze è stata iscritta. Poi c'è la storia di un uomo ruandese, sposato con una donna italiana, che lavorava all'Inps. I colleghi avevano preso l'abitudine di fargli trovare attaccato sul monitor del computer i titoli dei giornali in cui si parlava degli ultimi sbarchi a Lampedusa. Lui ha chiamato il centralino per denunciare la cosa. «Era veramente demoralizzato, offeso, incredulo», racconta Nat. I ragazzi del centralino hanno cercato di incoraggiarlo a fare delle foto per arrivare a una denuncia formale. Ma lui ha preso un'altra strada: se ne è andato. Si è trasferito in Belgio, con la moglie e le due figlie. «Lì - ha detto - le coppie miste sono più normali». Oppure c'è il caso della donna rumena vestita con un abito tradizionale per una festa, che il 10 febbraio a Roma è stata fatta scendere a forza dall'autobus 23. Nessuno ha fatto niente per difenderla.
Episodi di discriminazione che non risparmiano le sedi istituzionali. Arrivano telefonate da tutta Italia per denunciare che i Comuni si rifiutano di concedere la residenza anagrafica. Una cosa illegale. «Noi inviamo tutti i riferimenti giuridici - dice Valentina - e poi telefoniamo agli uffici. Quasi sempre riusciamo a farli iscrivere». Decine sono le chiamate delle persone rinchiuse nei centri di permanenza «e che denunciano condizioni di sovraffollamento e maltrattamenti», racconta Valentina. Voci che nessuno vuole ascoltare. Ma ora basta alzare il telefono.

22/04/09

SOLIDARIETA' ALLA LOTTA PACIFICA E DEMOCRATICA DELLA POPOLAZIONE CURDA - Popolo Kurdo - 1


COMUNICATO STAMPA FIOM NAZIONALE – UFFICIO INTERNAZIONALE

SOLIDARIETA' ALLA LOTTA PACIFICA E DEMOCRATICA DELLA POPOLAZIONE CURDA

Più di 70 esponenti della società civile e politica curda, molti dei quali amministratori eletti nelle recenti elezioni del 29 marzo in Turchia, sono stati arrestati dalla polizia turca a partire dal mattino del 15 aprile. Tra loro anche alcuni dirigenti del partito DTP (Partito della società democratica) che ha ottenuto una grande vittoria elettorale. Anche un canale televisivo e la sede delle Municipalità del sud est sono state prese di mira dalla polizia. Le operazioni sono ancora in corso.

Questa azione, palesemente rivolta contro la società civile impegnata in una lotta pacifica e democratica per far valere i diritti della popolazione curda in Turchia, fa seguito a dichiarazioni del Governo contro i risultati elettorali e quindi contro la strada democratica e non violenta che si sta affermando nelle provincie curde. Essa rappresenta una forte minaccia a questo processo, diritti della popolazione curda e alle stesse Istituzioni democratiche curde.

La Fiom, che ha partecipato alla delegazione di osservatori internazionali recatasi in Turchia in occasione delle elezioni amministrative, esprime la propria ferma condanna a questa operazione poliziesca e richiede che gli arrestati vengano immediatamente rilasciati.

Esprime la propria solidarietà agli arrestati e a tutti coloro che sono impegnati nella affermazione pacifica dei diritti e della democrazia in Turchia.

Non è accettabile che uno Stato, come la Turchia, che intende entrare nella Unione Europea, effettui violazioni dei diritti e del processo democratica in questo modo.

La Fiom si è espressa a favore dell'importanza dell'accesso della Turchia alla Unione Europea, ma intende ribadire che questo processo rischia di essere fortemente danneggiato dalla violazione di diritti sociali, civili e politici della popolazione curda e turca da parte del Governo Turco.

Pertanto si impegna a continuare, con le iniziative necessarie, nel sostegno e nella solidarietà alla lotta pacifica e democratica per tutti i diritti della popolazione curda, per le libertà politiche e sindacali, per la libertà di informazione.

17 aprile 2009

Federazione Impiegati Operai Metallurgici nazionale

Ufficio internazionale

corso Trieste, 36 - 00198 Roma - tel. +39 06 852621 - fax +39 06 85303079

www.fiom.cgil.it


*foto di Eugenio Novajra

30/03/09

Check out "il nuovo video-shock della brutalità della polizia cinese in Tibet" su Candle4Tibet

Chinese Police Brutality In Tibet Exposed.

Please check out this video and make sure you spread it around in your networks.

Free Tibet ! Svaha !

Shocking New Video Of Chinese Police Brutality In Tibet
Shocking New Video Of Chinese Police Brutality In Tibet
more news about Tibet on youtube ... http://www.youtube.com/ljbonner http://www.youtube.com/TheRealChina
Video link:
Shocking New Video Of Chinese Police Brutality In Tibet

About Candle4Tibet
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You Tube è inaccessibile dalla Cina.
Le ragioni della censura non sono note.
In passato i controllori delle rete cinese hanno bloccato singoli video.
Una lunga serie di blog cinesi ed americani sono inaccessibili, cosi’ come quelli filo-tibetani e qualsiasi altro sito sia ritenuto dannoso.
Il portavoce del ministero degli esteri Qin Gang ha affermato di non essere al corrente della chiusura del sito.

UPDATE: Secondo la Bbc, Youtube sarebbe stato oscurato dopo la messa in rete di video che mostrano soldati cinesi pestare monaci tibetani indifesi.

24/03/09

URGENTE: Firma contro la repressione cinese in Tibet

Sabato, 21 marzo.
Più di un migliaio di tibetani hanno protestato in Ragya, una città nella parte orientale del Tibet, dopo che un giovane monaco chiamato Tashi Sangpo si è buttato nel fiume Machu (Fiume Giallo). Quando ha assunto questo atto disperato, Tashi era in custodia della polizia per la raccolta di notizie di bandiera tibetana in cima il monastero e la distribuzione di volantini pro-indipendenza del10 marzo. Anche se Tashi non è atao ritrovatoi, i tibetani della zona dicono che è improbabile che possa sopravvivere data la forza del fiume.

Ci sono rari filmati della protesta fatti col cellulare che filmano questo incidente. Guarda il filmato. Leggi la dichiarazione del SFT per saperne di più (è in inglese).

Venerdì scorso, il governo tibetano in esilio ha pubblicato un video, compresi i filmati di contrabbando fuori dal Tibet, che conferma come le forze cinesi sono state usate con estrema violenza contro i tibetani in seguito alle proteste del marzo 2008.

Guarda il video completo. *** Attenzione: Il video contiene immagini estremamente dure e violente!.

Questo preoccupante video ci mostra l'inimmaginabile e duratura sofferenza dei tibetani nelle mani delle autorità cinesi. Ma le nostre azioni sono in grado di dimostrare loro che non sono soli.

In questo momento buio, è essenziale che noi teniamo i riflettori internazionali sul Tibet e far pressione su Pechino per fermare la sua violenta repressione.

AGIRE

Avvisa il tuo rappresentanti del governo sulle recenti proteste in Tibet ed i leader a livello mondiale chiamati a sollevare la questione direttamente con il presidente cinese Hu Jintao in occasione del prossimo incontro del G20 a Londra il 2 aprile.

Registrati con una mail c/o Arcivescovo Desmond Tutu e altri premi Nobel e celebrità a sostegno del popolo tibetano. Una volta che 100.000 persone avranno firmato la lettera, sarà consegnato alle autorità cinesi. Visualizza il firmatario di un elenco aggiornato il numero di firme. Chiedete ai vostri familiari, amici, che partecipino a questa campagna umanitaria.

Dillo al mondo, con le parole, quello che 50 anni di occupazione cinese ha significato per voi (se siete tibetano) o per il popolo tibetano (se sei un sostenitore del Tibet). Inviaci un video o una dichiarazione scritta che si può postare sul blog SFT in risposta alle indicazioni della Cina che ha "liberato" il Tibet.

Grazie per aver scelto di agire per il Tibet in questo momento critico,
Lhadon, Tendor, Kate, Heather, Chand and all of us at SFT HQ

Visita il sito indicato di seguito per dire ai tuoi amici su questo.
Tell-a-friend!

14/03/09

Ho fatto un lungo sogno... e sono andato a rubare!


… dove si scopriva che "Il disegno di legge del senatore Franco Orsi "

serviva soprattutto per tenersi buoni i cacciatori ed anzi aumentare il numero (ottime guardie padane), ed incentivare la vendita di armi, favorendo quegli imprenditori che avevano “donato” il voto; un flash del sogno dove entro in armeria: per armarmi anch'io? No!! per acquistare dei costosissimi giubbetti antiproiettile per me e per i miei cani, sì, perché a noi ci garba tantissimo andare a camminare e giocare nei campi, all'aria aperta. Alla cassa la sorpresa quando consegno fiducioso il bancomat: non ho soldi! Sì perché sono già tre o quattro mesi che sono in cassa integrazione, ma non hanno ancora versato i soldi sul conto; ok niente giubbetti cari amici cani, vuol dire che ce ne staremo barricati in casa! Anzi ora devo vedere se trovo qualche lavoretto in nero, così, per poter sopravvivere, faccio un paio di telefonate e vedrete che combino... cazzo non ho credito sul cellulare! L'auto? Siii ! E la benza? .. intanto con senso di sconfitta me ne torno a casa, oh! Ma quanta posta! 4 bollette, tre solleciti di pagamenti e... LO SFRATTO! È chiaro, me l'aspettavo, se non lavoro, come faccio a pagar l'affitto?

Ed il sogno cambia episodio:

sono dentro un cartone, impaurito, i miei cani abbaiamo impauriti anche loro, la barba incolta e lurida mi prude, ma dove sono? Che ci faccio lì in un cartone sotto un ponte? Perché ho paura? Vedo quel SUV nero, scendono dei ragazzi con dei bastoni! I cani urlano! Io sono impietrito, qui finisce male, non ho nemmeno la forza di scappare, ma per mia fortuna se la prendono con quel ragazzo che poco prima m'ha regalato una sigaretta, un cinque euro ed un sacchetto di pane vecchio, ma buono, quel caro ragazzo che non ha fatto nulla di male, dai modi gentili, anche un po' effeminato, ma per me non fa differenza, perché è una brava persona, che ci aiuta a tirar avanti donandoci quel che può ed ora è a terra e non riesce a parare tutti quei colpi inferti con inaudita violenza da quei ragazzi senza volto, vestiti di nero ed io che non riesco a fare nulla e penso, poi toccherà a me?

Toccherà a me ma nel sogno mi salvo, perché l'episodio cambia, ma il sollievo dura poco, ora sono in corteo insieme a tanti operai, studenti, vecchi, bambini, ci sono famiglie al completo, tutti uniti per protestare, bandiere colorate di pace e rosse di protesta, i cori, i tamburi, gli striscioni, ora ve ne leggo qualcuno... ma non faccio in tempo perché c'è la carica della polizia! Ma che fate? E' un corteo di protesta popolare, non vedete? Non capite? Siamo gente come voi e lo facciamo anche per voi! Anche voi siete scontenti e sottopagati... ma non riesco a finire il pensiero che mi trovo davanti un agente in assetto antisommossa che mi prende per il collo della giacca e prima di colpirmi, mi dice: “mi dispiace Marco” e giù!

Ora sono sveglio, non ho nemmeno sentito il colpo, ma ora sento l'angoscia! Anche questa è violenza, come è violenza quotidiana sentire e leggere di quante famiglie si riducono alla fame per aver perso il lavoro prima e poi la casa e la dignità. La sofferenza di pensare a quale futuro dei figli, dei nipoti e mi viene da pensare che questa situazione non è molto chiara a tutti, ma solo ad una minoranza e ora c'è anche la maggioranza che vuole infierire col colpo finale: vuole costruire le centrali nucleari!!!! Sicuramente sarà un business molto proficuo per le loro tasche in cambio della forse così non più lenta autodistruzione del pianeta; e poi perché autodistruzione? Io non lo voglio, allora questo è assassinio! Stanno assassinando la democrazia ed il pianeta! Che ore sono? Quasi le dieci? Ora penso che molti di questi Signori che allegramente decidono per la nostra morte e per quella dei loro figli, per la morte della dignità della gente onesta, ora, si stanno avviando con la famiglia riunita dentro il SUV, alla Santa Messa,

amen

Solidarietà ai compagni della Comedil-Terex: guardate bene questo video, per capire bene come stanno andando le cose: questa è la realtà e non quella che ci viene propinquata ogni strafottuto giorno sui giornali e televisione di regime! SVEGLIA CAZZO!!! SVEGLIATETEVI TUTTI!!!




18/01/09

PERCHE' ISRAELE E' UNO STATO NAZISTA da ComeDonChisciotte

Israele / Palestina DI ELIAS AKLEH
Desertpeace

Richard Falk, il professore di diritto internazionale della Princeton University e inviato speciale Onu nei territori palestinesi, ha accusato Israele di violare la legge internazionale, le leggi umanitarie internazionali e la convenzione di Ginevra. Egli ha descritto le politiche di Israele contro i palestinesi e l'assedio di Gaza come " crimini di guerra", "tendenze genocide", " risvolti da Olocausto", e " Olocausto in corso". Egli ha esortato il Tribunale Criminale Internazionale ad indagare la possibilità di incriminare i leader israeliani per crimini di guerra.

Il professor Falk conosceva già i crimini nazisti di Israele e le sue violazioni di diritti umani quando si è diretto in Israele la scorsa domenica 14 dicembre 2008 per visitare la Cisgiordania occupata e la striscia di Gaza per riferire sul rispetto israeliano degli standard dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale. Gli israeliani hanno detenuto il professor Falk all'aeroporto, lo hanno trattato come criminale e come una minaccia per lo Stato, lo hanno umiliato e deportato il giorno dopo a Ginevra.

Nonostante le forti dichiarazioni di Israele sul fatto che ogni ebreo al mondo ha la garanzia di ricevere automaticamente la piena cittadinanza israeliana con tutte le protezioni che questa implica, e nonostante sia un ebreo egli stesso, al professor Falk non sono state risparmiate le umiliazioni e la crudeltà cui Israele tratta i propri nemici.

A seguire: "Parlamentare ebreo britannico accusa Israele di comportarsi come i nazisti" (Uruknet)

Accanto al titolo: la vignetta pubblicata da VG, il maggiore quotidiano norvegese

Rafforzata dalla cecità e dal cieco supporto dell'America, lo spavaldo Israele voleva additare pubblicamente Falk e le Nazioni Unite che egli rappresenta, dichiarandosi al di sopra delle leggi internazionali e al di sopra di qualunque critica sui crimini e le sue violazioni di diritti umani, persino se tali critiche provengono da un ebreo. Una tale sfacciata umiliazione dell'organismo politico mondiale serve ad allontanare l'Onu, e perciò il mondo intero, dall'Olocausto che Israele sta perpetrando contro un milione e mezzo di palestinesi a Gaza e tutti gli attuali crimini di guerra contro il resto di palestinesi in tutta la Palestina.

Le accuse da parte di Falk di crimini da Olocausto nazista non sono differenti da quelle mosse da John Dugard, il suo predecessore, in diversi rapporti sulle condizioni della Palestina occupata. Molti personaggi politici coscienziosi, così come normali cittadini, di tutto il mondo, hanno descritto le politiche di Israele nella Palestina occupata in particolare, e in Medioriente in generale, come crimini di guerra e una minaccia alla pace mondiale.

Paragonando l'attuale Israele con la Germania nazista si scopre che la maggior parte delle politiche israeliane sono la copia esatta delle politiche naziste. La Germania nazista aveva invaso i suoi vicini europei dall'Inghilterra alla Russia. Anche Israele ha invaso tutti i suoi paesi confinanti: Egitto, Giordania, Siria e Libano. E' anche coinvolto pesantemente nell'invasione dell'Iraq e dell'Afganistan. I suoi tentacoli hanno anche raggiunto paesi africani come Sudafrica, Somalia, Sudan, Angola e Sierra Leone.

Le macchine da guerra naziste erano solite invadere le città che resistevano, allineare gli uomini al centro della città e ucciderli a sangue freddo, distruggere poi l'intera città come esempio deterrente per qualunque altra possibile città disposta a resistere. Peggio dei nazisti le forze israeliane hanno invaso pacifiche città palestinesi, ucciso uomini, donne e bambini a sangue freddo ovunque e in qualunque posto li incontrassero, hanno fatto esplodere le loro case con i residenti dentro e infine hanno demolito intere città per fare spazio a nuove colonie israeliane. In tutto il 1948-1949 gli israeliani hanno commesso 70 orribili massacri contro villaggi palestinesi, distrutto totalmente 675 città e villaggi palestinesi comprese chiese e moschee. Tali massacri e demolizioni hanno seguito un disegno prestabilito, sono stati ripetuti in un villaggio dopo l'altro indicando un piano genocida premeditato.

Come detto dal defunto generale israeliano Moshe Dayan: " la dichiarazione dello stato di Israele nel 1948 è stata fatta alle spese della pulizia etnica di 513 villaggi palestinesi, creando più di 700.000 rifugiati palestinesi, espropriando le loro terre, case e negozi per il 78% della Palestina... Non c'è un solo posto costruito in questo paese che non avesse una precedente popolazione (palestinese)."

Israele sta, ancora oggi, compiendo questi crimini genocidi da Olocausto nazista soffocando gradualmente un milione e mezzo di palestinesi a Gaza con la fame, la sete, la mancanza di carburante e le malattie. L'esercito israeliano sta demolendo 40 villaggi palestinesi nel deserto del Negev. I bulldozer dell'esercito distruggono quotidianamente le case palestinesi in tutte le maggiori città della Palestina quali Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Ramallah, e Nablus.

L'esercito nazista perpetrò molti massacri contro i prigionieri di guerra. Erano soliti giustiziare i prigionieri e gettarli in fosse che precedentemente i prigionieri erano stati ordinati di scavare per se stessi. L'esercito israeliano ha seguito lo stesso metodo di giustiziare i prigionieri di guerra, specialmente durante le guerre tra Israele ed Egitto del 1956 e del 1967. Ciò è stato riferito dal quotidiano israeliano Haaretz il 27 giugno del 2000. Il segretario generale dell'organizzazione egiziana per i diritti umani, Muhammad Munib, ha pubblicato un rapporto che conferma che Israele aveva uccisotra i 7000 e i 15000 prigionieri di guerra egiziani del 1956 e del 1967. Il rapporto identificava anche l'ubicazione di 11 fosse nel Sinai e in Israele in cui erano stati sepolti migliaia di prigionieri egiziani.

Il più grande di questi massacri fu quello di El-Arish, in cui le forze israeliane uccisero almeno 150 prigionieri di guerra egiziani. Alcuni dei prigionieri furono investiti più volte dai carri armati israeliani, un crimine che è ancora praticato dall'esercito israeliano specialmente nella striscia di Gaza. La storia del massacro fu inizialmente riferita da testimoni oculari israeliani sul quotidiano Yediot Ahronot e successivamente dal giornalista Ran Adelist sulla tv israeliana. Fu anche riportato dallo Washington Report di maggio/giugno 1996 alle pagine 27 e 28. Il massacro fu anche registrato dalla nave di pattuglia americana USS Liberty che navigava a 12 miglia dalla costa di Gaza. Questo massacro era un grave crimine di guerra e potrebbe essere stata la principale ragione per l'attacco israeliano contro la Liberty.

Peggio dei nazisti l'esercito israeliano ha adottato la politica di colpire giovani bambini palestinesi nel tentativo di "incoraggiare" le famiglie palestinesi a lasciare il paese per garantire un futuro ai figli e/o per esaurire le loro risorse economiche con le cure e l'assistenza ai loro figli feriti e disabili, vittime dei cecchini israeliani. Dall'inizio della seconda intifada palestinese, settembre 2000, le forze israeliane hanno assassinato 1050 bambini nella striscia di Gaza e in Cisgiordania; vedete anche il Guardian del 21 ottobre 2008 e Al-Jazeera, 22 ottobre 2008. Un documentato rapporto del Palestinian Centre for Human Rights, con testimonianze oculari, riferisce che almeno 68 bambini sono stati uccisi dall'esercito israeliano durante 12 mesi dal giugno 2007 al giugno 2008 prima dell'accordo di tregua. Il numero delle vittime tra i bambini è salito drammaticamente durante i primi sei mesi del 2008 con il massiccio assalto dell'esercito israeliano contro la striscia di Gaza denominato "Operation Winter Heat". I bambini venivano direttamente presi di mira dai cecchini israeliani mentre camminavano per le strade, mentre stavano di fronte alle loro case e persino mentre stavano nelle aule di scuola, così come sono stati colpiti da missili comandati a distanza mentre giocavano nei cortili. Essi sono anche le vittime indirette del deliberato prendere di mira da parte di Israele di aree residenziali densamente popolate (Gaza è densamente popolata) che comprendono scuole, ospedali e mercati.

L'età media dei bambini colpiti è di 10 anni secondo un documento di 1000 pagine di Save the Children. La maggioranza di questi bambini erano innocenti passanti che non partecipavano ad alcuna attività "ostile" e che non costituivano alcuna minaccia ai soldati israeliani pesantemente armati. Nell'80% dei casi di bambini colpiti, Israele ha impedito che le vittime ricevessero cure mediche. Il rapporto documenta anche che più di 50.000 vittime minorenni hanno avuto bisogno di cure mediche per ferite che comprendono colpi di arma da fuoco, inalazione di gas lacrimogeni e fratture multiple. Un bollettino intitolato " omicidio deliberato" pubblicato nel 1989 dalla Israeli League for Human and Civil Rights riferiva che soldati e cecchini israeliani, provenienti da unità speciali e che prendevano di mira bambini palestinesi avevano "accuratamente scelto" le vittime, che furono colpiti alla testa o al cuore morendo istantaneamente (Mike Berry & Greg Philo, 'Israel and Palestine-Competing Histories’, Pluto Press, London, 2006, pp. 86-87).

Secondo la quarta convenzione di Ginevra del 1949, secondo la Convenzione Onu sui Diritti del Bambino del 1989 (firmate da Israele) ai bambini deve essere fornita speciale protezione durante i conflitti armati internazionali. Israele ha violato e continua violare queste leggi internazionali.

Come la Germania nazista, che ha sviluppato e utilizzato ogni tipo di nuova arma compresi i razzi V2 e il gas nervino, Israele ha utilizzato ogni tipo di armi, comprese armi nuove e sperimentali, contro i civili palestinesi. Queste comprendevano i proiettili esplosivi Dumdum, il gas nervino, armi sperimentali chimiche e biologiche, velivoli comandati a distanza e DIME (Dense Inert Metal Explosive, esplosivi a metalli inerti e densi) e le ultime mitragliatrici ad alta potenza e controllo remoto ("seer shots", vedi filmato sotto n.d.t.) installate sulle alte torri del muro di prigionia ("muro di separazione") e gestite da soldatesse adolescenti in lontane stanze di controllo come se fossero giochi di guerra al computer. Israele è anche noto per possedere armi nucleari ed è solita suggerire che la userebbe se/quando si sentisse minacciato.

I nazisti tedeschi avevano subito un lavaggio del cervello ed erano guidati da un'ideologia sociale suprematista della superiore Razza Ariana. Essi credevano di essere superiori agli altri popoli e che avrebbero dovuto governare il mondo. In modo simile gli israeliani hanno subito un lavaggio del cervello e sono guidati da un'ideologia religiosa suprematista di un popolo scelto da Dio nella terrà promessa da Dio, e credono che sia loro dovere religioso (mitzvah) ripulire la terra dai gentili e stabilire un governo ebraico in preparazione dell'arrivo del Messia. Un'ideologia estremista simile viene insegnata ai bambini israeliani sin dall'infanzia.

Moshe Feiglin, che ha raggiunto una rispettabile posizione nella lista di candidati del Likud alla Knesset per le prossime elezioni, è un ammiratore di Hitler e della sua ideologia superiore. In un'intervista col quotidiano Ha’aretz nel 1995 e gli ha descritto Hitler come un genio militare e un grande costruttore della nazione. "Hitler era un genio militare senza pari. Il nazismo aveva trasformato la Germania da un basso ad un fantastico status fisico e ideologico. La gioventù stracciona si trasformò in una parte pulita e ordinata della società e la Germania ricevette un regime esemplare, un sistema di giustizia appropriato e un ordine pubblico.... Non era un branco di delinquenti. Essi semplicemente utilizzarono delinquenti e omosessuali". La sua soluzione da olocausto al problema palestinese, secondo il suo sito Manhigut ha’Yehudit (" leadership ebraica"), è di ordinare "la completa interruzione di acqua, elettricità e comunicazioni" ai 4 milioni di palestinesi in Cisgiordania e a Gaza.

Feiglin esprime i sentimenti profondi di ogni leader politico israeliano ad iniziare dal primo Primo Ministro Ben Gurion sino a Tzipi Livni, l'ultimo primo ministro facente funzione e ministro degli esteri, che hanno chiesto l'uccisione e il trasferimento di palestinesi al di fuori della terra di Israele promessa da Dio (Eretz Israel). Le loro vere politiche diventano ovvie e più evidenti nella loro retorica da campagna elettorale.

Tali tendenze genocide sono nutrite, incoraggiate e richieste dei maggiori rabbini e leader politici israeliani. Rabbi Yousef Obadia, il maggiore leader religioso israeliano, Rabbi Yisrael Rosen, direttore dello Tsomet Institute, Rabbi Mordechai Eliyahu, la maggiore autorità religiosa nella corrente nazionalista religiosa israeliana ed ex capo di "Eastern rabbi for Israel", Rabbi Dov Lior, presidente del consiglio dei rabbini di Giudea e Samaria (la Cisgiordania), Rabbi Shmuel Eliyahu, il rabbino capo di Safed e candidato al posto di rabbino capo di Israele, Rabbi Eliyahu Kinvinsky, la seconda autorità per anzianità nella corrente religiosa ortodossa, Rabbi Israel Ariel, uno dei più prominenti rabbini nelle colonie della Cisgiordania, e Rabbi Yitzhaq Ginsburg, un importante rabbino israeliano, insieme a molti altri leader religiosi estremisti, chiedono ripetutamente il totale sterminio e il trasferimento dei palestinesi.

Gli israeliani ipnotizzati e fuorviati, specialmente i fondamentalisti religiosi, attaccano regolarmente le città palestinesi, le loro chiese, moschee e cimiteri con slogan come " morte agli arabi", " gasiamo gli arabi" e " Maometto è un maiale" occupando la terra palestinese dopo avere cacciato con la forza i proprietari, attaccato i contadini, bruciato i raccolti, tagliato i loro alberi da frutto, avvelenato i loro pozzi d'acqua, ucciso i loro animali, distrutto le proprietà, saccheggiato i negozi, terrorizzato civili e bambini e sparato alla gente. Cercate su YouTube "Israeli settlers violence" e vedrete centinaia di video che mostrano il terrorismo dei coloni israeliani [un esempio qui sotto n.d.t.].

Una notevole somiglianza tra Israele e i nazisti è data dai loro gruppi terroristici appoggiati dallo Stato. Secondo gli articoli "Eichmann Tells His Own Damning Story" ["Eichmann racconta la sua maledetta storia"], Life Magazine, Volume 49, Numero 22, (28 Novembre 1960) pp. 19-25, 101-112, e "Eichmann’s Own Story: Part II" ["La storia di Eichmann: parte II"], Life Magazine, 6 Dicembre 1960 pp. 146-161, Adolf Eichmann affermò come i leader sionisti fossero idealisti come i leader nazisti, disposti a sacrificare centinaia di migliaia di persone del loro stesso sangue per raggiungere uno scopo politico. Lenni Brenner spiega nel suo libro "Zionism in the Age of Dictators", [" il sionismo nell'età dei dittatori"], capitolo 25, che Eichmann si riferiva ad un accordo che i nazisti strinsero con i leader sionisti, come l'ungherese Rezso Kastner, per salvare poche migliaia di sionisti appositamente scelti e ricchi ebrei, che sarebbero immigrati in Palestina, in cambio della consegna di 750.000 ebrei ungheresi e di altri milioni di ebrei europei destinati alla morte per rendere gli ebrei le "vittime legittime" in modo che l'Organizzazione Sionista Mondiale avesse poi il "diritto" di andare " al tavolo delle trattative a cui sarebbero state divise nazioni e terre alla fine della guerra... perché solo con il sangue (ebraico) noi (sionisti) otterremo la terra".


[Un altro esempio di legame tra sionisti e nazisti: la lettera del 1941 con cui il gruppo armato sionista Lehi, di cui faceva parte il futuro primo ministro israeliano Yitzhak Shamir, offriva collaborazione alla germania nazista. Vedi storia su Wikipedia.]


I nazisti crearono il Police Battalion 101, un gruppo terroristico il cui solo scopo era dare la caccia a cittadini ebrei, ucciderli e saccheggiare e distruggere le loro proprietà. Daniel Jonah Goldhagen afferma nel suo libro "Hitler’s Willing Executioners" ["I volenterosi carnefici di Hitler"] che il Battalion 101 fu responsabile per " la deportazione e l'orribile massacro di decine di migliaia di uomini, donne e bambini ebrei in Polonia".

Israele sotto il terrorista Ariel Sharon, che dopo divenne primo ministro d'Israele, ebbe la sua esatta copia del Battalion 101 chiamata Unit 101. Sotto la leadership di Sharon la Unit 101 adottò gli stessi metodi criminali per terrorizzare i palestinesi. Sviluppò anche quelli che divennero noti come "jeep raids"; guidare jeep, con mitragliatrici montate davanti e dietro, dentro le città palestinesi uccidendo abitanti, bombardando case e bruciando campi. Sin dai primi anni 50 la Unit 101 fu responsabile per massacri di palestinesi in città quali il campo profughi di Bureij, Qibya, Idna, Surif, Wadi Fukin, Falameh, Rantis, Gerusalemme, Budrus, Dawayima, Beit Liqya, Khan Younis e Gaza.

Israele ha sempre fatto ricorso ad attacchi terroristici contro gli ebrei in altri paesi, specialmente paesi arabi come paesi nordafricani, Iraq, Libano e Giordania, per incoraggiare i residenti arabi ebrei ad emigrare in Israele. L'affare Lavon è solo un famoso episodio terroristico di questo tipo avvenuto in Egitto.

Il 29 gennaio 1999, in un articolo sul quotidiano Ha’aretz, Gideon Spiro, ex membro del battaglione 890, affermò che la Unit 101 era un prototipo iniziale e primitivo per le più sofisticate unità di liquidazione Duvdevan e Shimshon costituite durante l'intifada. Le loro operazioni erano caratterizzate "dall'uccisione di mucchi di civili e da poco vero combattimento".

Israele è l'unico paese al mondo con molti primi ministri che sono stati membri di organizzazioni terroristiche o di terrorismo di Stato coinvolte nel massacro di civili. Questi personaggi includono Golda Meir, Yitzhak Rabin, Menachem Begin, Yitzhak Shamir, Ehud Barak, Ariel Sharon, e Shimon Peres.

Arnold Toynbee scrisse che " è stata una tragedia suprema che la lezione imparata dagli ebrei dall'incontro con la Germania nazista sia stata non di rifuggire ma di imitare alcune delle malvagità che i nazisti avevano commesso contro gli ebrei".

Gli israeliani e gli ebrei del mondo hanno inseguito senza sosta per decenni i criminali di guerra nazisti per i loro crimini commessi durante la seconda guerra mondiale. Hanno inseguito criminali di guerra nazisti per il resto delle loro vite, anche quando erano vecchi e prossimi alla morte, perché pagassero per i loro crimini. Non ho alcun dubbio che, a loro volta, i criminali di guerra israeliani saranno perseguiti e condannati per i loro crimini di guerra commessi contro gli arabi.

Il Dr. Elias Akleh, redattore di MWC (Media With Coscience), è uno scrittore arabo di origine palestinese nato nella città di Beit Jala. La sua famiglia fu dapprima espulsa da Haifa dopo la "Nakba" del 1948. poi espulsa da Beit Jala dopo la "Nakseh" del 1967. Oggi vive negli USA, e pubblica su internet i suoi articoli sia in arabo che in inglese.

Titolo originale: "Nazi Israel … Indeed"

Fonte: http://desertpeace.wordpress.com
Link
22.12.2008

PARLAMENTARE EBREO BRITANNICO ACCUSA ISRAELE DI COMPORTARSI COME I NAZISTI

DI SETFREE68
Uruknet

"Israele è nato dal terrorismo ebraico, il padre di Tzipi Livni era un terrorista". Incredibili affermazioni alla House of Parliament. Sir Gerald Kaufman, un veterano dei parlamentari laburisti, ieri ha paragonato le azioni delle truppe israeliane a Gaza ai nazisti che costrinsero la sua famiglia a scappare dalla Polonia.

Durante un dibattito alla Camera dei Comuni sui combattimenti a Gaza, egli ha esortato il governo a imporre un embargo delle armi a Israele.

Sir Gerald, che è stato cresciuto come ebreo ortodosso e sionista, ha detto: "Mia nonna era malata nel suo letto quando i nazisti entrarono nella sua casa e un soldato tedesco le sparò uccidendola mentre era a letto."

"Mia nonna non è morta per fornire una copertura ai soldati israeliani che uccidono le nonne palestinesi a Gaza. L'attuale governo israeliano sfrutta cinicamente e spietatamente la perpetua colpa dei gentili per il massacro degli ebrei nell'Olocausto come giustificazione per la sua uccisione dei palestinesi".

Egli ha detto che l'affermazione che gran parte delle vittime palestinesi fossero militanti "era la replica dei nazisti" e ha aggiunto: "Suppongo che gli ebrei che combattevano per la loro vita nel ghetto di Varsavia sarebbero potuti essere qualificati come militanti".

Egli ha accusato il governo israeliano di cercare la conquista e ha aggiunto: "non sono semplicemente dei criminali di guerra, sono dei pazzi".


Titolo originale: "Video: UK Jewish MP: Israel acting like Nazis in Gaza"

Fonte: http://www.uruknet.info
Link
17.01.2009

Articoli scelti e tradotti per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

VEDI ANCHE: PERCHE’ E’ GIUSTO PARAGONARE SIONISMO E NAZISMO


14/01/09

Un sito sionista chiede di uccidere Vittorio Arrigoni!

Negli USA, il sito web di estrema destra, sionista www.stoptheism.com ha messo in rete il nome e la foto di Arrigoni indicandolo all'esercito israeliano come "il bersaglio n.1" da uccidere.

Vittorio Arrigoni è il cooperante italiano residente a Gaza che in queste settimane sta fornendo testimonianze preziose su quanto sta avvenendo nella Striscia, sia attraverso il quotidiano Il Manifesto sia attraverso il suo blog.
Per un sito, evidentemente criminale, che va immediatamente denunciato ed oscurato, che si intitola http://stoptheism.com, Vittorio Arrigoni è indicato come il bersaglio numero uno da uccidere. Avete capito bene, da uccidere. Di lui e di altri cooperanti,
Jenny Linnel (bersaglio numero due), Ewa Jasiewicz, bersaglio numero 3, e una lista di altre persone, sono pubblicate foto e dettagli e segni particolari per poterli identificare e viene fornito perfino un numero di telefono negli Stati Uniti per poter segnalare all'esercito israeliano l'eventuale avvistamento e come poterli eliminare.
La Polizia postale e la Farnesina devono immediatamente attivarsi presso le autorità estere competenti perché chiunque si celi dietro il sito venga identificato e il sito oscurato. Ad una ricerca sul database del servizio Whois per il dominio in questione non è possibile ottenere alcuna informazione rilevante per identificare gli istigatori all'omicidio.

Per mio conto, non é una questione di schieramento da una o dall'altra parte, non c'é tempo per ciò, mi schiero dalla parte della pace, per fermare il massacro, per restituire dignità e libertà al Popolo Palestinese, per fermare la politica Israeliana che sembra completamente impazzita, folle, cieca al rispetto dei Diritti Umani e costringere Israele ed Hamas ad una risoluzione DEFINITIVA che volga al riconoscimento e rispetto della libertà di vivere in pace al così tanto offeso popolo Palestinese finora solo deturpato delle terre, sfruttato e schiavizzato.
Se i Media non lo vogliono fare, raccontare la verità e quel che succede, lo faremo noi freebloggers, con l'unico interesse di fermare il massacro e di rendere un Popolo libero.
Solidarietà a Vittorio Arrigoni e FREE PALESTINA, quindi.... documentando sui blogs e nelle piazze finché sarà necessario. A Udine come in tante altre piazze italiane e nel mondo intero ci sarà una manifestazione/presidio questo sabato 17 Gennaio, leggi qui il comunicato stampa.
http://whoisguerrillaradio.blogspot.com/

07/01/09

Gaza / Italia e la lotta per la liberazione - 25 aprile!!!

ALLORA MIO PADRE ERA UN TERRORISTA! guerra di liberazione partigiana (poco più di sessantanni fa)

GAZA: 60 anni di OCCUPAZIONE!!!
60 anni di lotta e compromessi e promesse mai mantenute da parte NOSTRA! Si, perché NOI [occidente] siamo complici dei CAPI Israeliani e dei Governi che SEMPRE hanno sostenuto la loro causa di OCCUPAZIONE e violazione dei diritti umani, sbandierando continuamente, facendosi scudo con lo STERMINIO NAZISTA nei confronti del POPOLO EBREO!
Basta! non serve sprecare altro fiato e mi sento solo di dire che ognuno di noi sarà RESPONSABILE DI QUESTO MASSACRO e che OGNUNO DI NOI DEVE ORA PRENDERE POSIZIONE su questa SPORCA GUERRA ( di sterminio da parte di Israele) (partigiana, da parte dei PALESTINESI)

.. mio padre é stato partigiano, non c'é più ora... ma so che non é felice........

Gaza/Italy and the struggle for liberation - april the 25th!!!

THEN MY FATHER WAS A TERRORIST!
partisan war for liberation (few more than sixty years ago)

OCCUPATION!!!
60 years of fighting and compromise and promises WE never kept!
that's so because WE (the West) are partner in crime with the Israeli LEADERS and the Governments that have been claiming their OCCUPATION and VIOLATION OF HUMAN RIGHTS campaign since ever, nonstop touting and shielding themselves behind the NAZI EXTERMINATION against the JEWISH PEOPLE

THAT IS ENOUGH! ain't no use in spreading more words, I say but EACH OF US will be RESPONSIBLE FOR THIS SLAUGTHER and EACH OF US MUST TAKE A STAND NOW on this FILTHY WAR (of extermination from Israel) (partisan from the Palestinians)

...my father was a partisan, now he is no more...but I know he's not happy...

Diario da Gaza, noi bersagli ambulanti

Testimonianza di Vittorio Arrigoni

Sfilano timorosi con gli occhi rivolti in alto, arresi ad un cielo che piove su di loro terrore e morte, timorosi della terra che continua a tremare sotto ogni passo, che crea crateri dove prima c'erano le case, le scuole, le università, i mercati, gli ospedali, seppellendo per sempre le loro vite. Ho visto carovane di palestinesi disperati sfollare da Jabiliya, Beit Hanoun e da tutti i campi profughi di Gaza, ed andare ad affollare le scuole delle Nazioni Unite come terremotati, come vittime di uno tsunami che giorno per giorno sta inghiottendo la Striscia di Gaza e la sua popolazione civile, senza pietà, senza alcuna minima osservanza dei diritti umani e delle convenzioni di Ginevra. Soprattutto senza che nessun governo occidentale muova un solo dito per fermare questi massacri, per inviare qui personale medico, per arrestare il genocidio di cui si sta macchiando Israele in queste ore.

Continuano gli attacchi indiscriminati a ospedali e a personale medico. Ieri dopo aver lasciato l'ospedale di Al Auda a Jabiliya ho ricevuto una telefonata da Alberto, compagno spagnolo dell'Ism, una bomba è caduta sull'ospedale. Abu Mohammed, infermiere, è rimasto seriamente ferito al capo. Giusto poco prima, con lui, comunista, davanti a un caffè, ascoltavo le eroiche gesta dei leader del Fonte Popolare, i suoi miti: George Habbash, Abu Ali Mustafa, Ahmad Al Sadat. Gli si erano illuminati gli occhi al sapere che le prime nozioni di cosa fosse l'immensa tragedia della Palestina mi erano stati impartiti dai miei genitori, comunisti convinti. Mi aveva chiesto quali erano i leader di sinistra italiani davvero rivoluzionari, del passato, e gli avevo risposto Antonio Gramsci, e quelli di oggi, mi ero preso tempo, gli avrei risposto oggi. Abu Mohammed giace ora in coma nell'ospedale dove lavorava, si è risparmiato la mia deludente risposta.

Verso mezzanotte ho ricevuto un'altra chiamata, questa volta da Eva, l'edificio in cui si trovava era sotto attacco. Conosco bene anche quel palazzo, al centro di Gaza city, ci ho passato una notte con alcuni amici fotoreporters palestinesi, è la sede dei principali media che stanno cercando di raccontare con immagini e parole la catastrofe innaturale che ci ha colpito da dieci giorni. Reuters, Fox news, Russia today, e decine di altre agenzie locali e non, sotto il fuoco di sette razzi partiti da un elicottero israeliano. Sono riusciti a evacuare tutti in tempo prima di rimanere seriamente feriti, i cameramen, i fotografi, i reporter, tutti palestinesi dal momento in cui Israele non permette a giornalisti internazionali di mettere piede a Gaza. Non ci sono obbiettivi «strategici» attorno a quel palazzo, né resistenza che combatte l'avanzata dei mortiferi blindati israeliani, ben più a nord. Chiaramente qualcuno a Tel Aviv non riesce a digerire le immagini dei massacri di civili che si sovrappongono a quelle dei briefing, con rinfresco offerto ai giornalisti prezzolati.
Tramite queste conferenze stampa stanno dichiarando al mondo che gli obbiettivi delle bombe sono solo terroristi di Hamas, e non quei bambini orrendamente mutilati che tiriamo fuori ogni giorno dalle macerie. A Zetun, una decina di chilometri da Jabaliya, un edificio bombardato è crollato sopra una famiglia, una decina le vittime, le ambulanze hanno atteso diverse ore prima di poter correre sul posto, i militari continuano a spararci a contro. Sparano alle ambulanze, bombardano gli ospedali. Pochi giorni fa una «pacifista» israeliana mi avevo detto a chiare lettere che questa è una guerra dove le due parti contrapposte utilizzano tutte le loro armi a disposizione. Invito allora Israele a sganciarci addosso una delle sue tante bombe atomiche che tiene segretamente stivate contro tutti i trattati di non proliferazione nucleare. Ci tiri addosso la bomba risolutiva, terminino l'inumana agonia di migliaia di corpi maciullati nelle corsie sovraffollate degli ospedali che ho visitato. Ho scattato alcune fotografie in bianco e nero ieri, alle carovane di carretti trascinati dai muli, carichi all'inverosimile di bambini sventolanti un drappo bianco rivolto verso il cielo, i volti pallidi, terrorizzati.
Riguardando oggi quegli scatti di profughi in fuga, mi sono corsi i brividi lungo la schiena. Se potessero essere sovrapposte a quelle fotografie che testimoniano la Naqba del 1948, la catastrofe palestinese, coinciderebbero perfettamente. Nel vile immobilismo di stati e governi che si definiscono democratici, c'è una nuova catastrofe in corso da queste parti, una nuova Naqba, una nuova pulizia etnica che sta colpendo la popolazione palestinese.

Fino a qualche istante fa si contavano 650 morti, 153 bambini uccisi, più di 3000 i feriti, decine e decine i dispersi. Il computo delle morti civili in Israele, fortunatamente, rimane fermo a quota 4. Dopo questo pomeriggio il bilancio sul versante palestinese va drammaticamente aggiornato, l'esercito israeliano ha iniziato a bombardare le scuole delle Nazioni Unite. Le stesse che stavano raccogliendo i migliaia di sfollati evacuati dietro minaccia di un imminente attacco. Li hanno scacciati dai campi profughi, dai villaggi, solo per raccoglierli tutti in posto unico, un bersaglio più comodo. Sono tre le scuole bombardate oggi. L'ultima, quella di Al Fakhura, a Jabiliya, è stata centrata in pieno. Più di 40 morti. In pochi istanti se ne sono andati uomini, anziani, donne, bambini che si credevano al sicuro dietro le mura dipinte in blu con i loghi dell'Onu. Le altre 20 scuole delle Nazioni Unite tremano. Non c'è via di scampo nella Striscia di Gaza, non siamo in Libano, dove i civili dei villaggi del Sud sotto le bombe israeliane evacuarono al nord, o in Siria e in Giordania. La Striscia di Gaza da enorme prigione a cielo aperto, si è tramutata in una trappola mortale. Ci si guarda sconvolti e ci si chiede se il consiglio di sicurezza dell'Onu riuscirà questa volta a pronunciare un'unanime condanna, dopo che anche le sue scuole sono prese di mira. Qualcuno fuori di qui ha deciso davvero di fare un deserto, e poi chiamarlo pace. Ci aspetta una lunga nottata sulle ambulanze, anche se l'alba da queste parti è ormai una chimera. I ripetitori dei cellulari lungo tutta la Striscia sono stati distrutti, abbiamo rinunciato a contarci.
Spero di riuscire a rivedere un giorno tutti gli amici che non posso più contattare, ma non mi illudo.

Qui a Gaza siamo tutti bersagli ambulanti, nessuno escluso. Mi ha appena contattato il consolato Italiano, dicono che domani evacueranno l'ultima nostra concittadina. Una anziana suorina che da ventanni anni abitava nei pressi della chiesa cattolica di Gaza,ormai adottata dai palestinesi della Striscia. Il console mi ha gentilmente pregato di cogliere quest'ultima opportunità, aggregarmi alla suora e scampare da questo inferno. L'ho ringraziato per la sua offerta, ma da qui non mi muovo, non ce la faccio. Per i lutti che abbiamo vissuto, prima ancora che italiani, spagnoli, inglesi, australiani, in questo momento siamo tutti palestinesi. Se solo per un minuto al giorno lo fossimo tutti, come molti siamo stati ebrei durante l'olocausto, credo che tutto questo massacro ci verrebbe risparmiato.

Restiamo umani.

Vittorio Arrigoni