14/01/08

Scandalo Italia: la classe politica che ci governa...


Povera Italia, non ci resta che... ridere
Il nostro paese è universalmente considerato un eccellente incubatore di creativi, di ogni genere e fattura: designer, stilisti, artisti, ecc. L’elenco sarebbe senz’altro molto lungo ma, a mio avviso, c’è una categoria che merita una particolare menzione: quella dei comici.
Qui, infatti, essi trovano terreno ideale per crescere e moltiplicarsi pressoché all’infinito;
l’enorme quantità di spunti che i nostri politici sono in grado di produrre quotidianamente, basterebbe già da sola a “nutrirli” a dovere con materiale a sufficienza per tutti.
A tutti i livelli e in tutte le posizioni occupate, la classe politica che ci governa (stiamo parlando di diverse migliaia di persone, anche se i veri danni sono quelli al vertice a farli), sembra prevalentemente governata da un unico e universalmente condiviso imperativo: mantenere la poltrona, tanto faticosamente conquistata e poi... godersela il più a
lungo possibile.
Dopo aver stabilito, con delle leggi fatte da loro stessi, l’entità del lauto rimborso per il loro prezioso contributo prestato a favore della collettività (meglio stendere un “impietoso” velo si silenzio sui compensi dei politici, ormai li conoscono tutti, ma non è mai successo nulla che li potesse far diminuire), devono aver stabilito, evidentemente di
comune accordo, che anche il personale che li accudisce ossequiosamente merita un simile trattamento, una sorte di cupola di secondo livello che sembra avvolgere silenziosamente e doratamente tutti coloro che hanno l’immensa fortuna di lavorare nei palazzi parlamentari.
E’ estremamente interessante, ma forse il termine più giusto sarebbe irritante, notare che all’interno di questi prestigiosi palazzi, sede delle assemblee legislative e luogo di lavoro per le più importanti cariche istituzionali del nostro paese, la legge in vigore su tutto il resto del territorio nazionale, qui venga dichiaratamente evitata, quasi rimbalzasse sulla misteriosa cupola che sembra avvolgere lei e tutti coloro che vi lavorano all’interno.
Un esempio? Potevate chiedermene anche una decina...
Sembra stiano decidendo, a gran fatica e solo oggi, di proporre (già solo proporre…) ai loro agguerriti sindacati interni da spostare l’età pensionabile a 53 anni, sicuramente un notevole sacrificio, se il resto del paese non dovesse
aspettare i 65 e oltre.
L’entità della pensione? Pari fino al 90% dell’ultima busta paga, percentuale molto al di sopra di tutti gli altri “comuni” lavoratori italiani.
E qui arriviamo al punto dolente dell’intera questione: ma a quanto corrisponde lo stipendio
di questi preziosissimi collaboratori? Facendo un’onesta e decorosa proporzione, direi che una media di tre, quattromila euro possano essere più che sufficienti, uniti a una corposa dose di benefit (biglietti gratuiti, viaggi, ecc.).
Se già questo vi sembra molto, allora vi consiglio di mettervi seduti e pronti al peggio:
nel 2006 il Corriere fece scoppiare uno scandalo pubblicando la scoperta che un dipendente medio guadagnava ben 118mila euro l’anno, un soffio meno di diecimila euro al mese...
Una esagerazione - direte voi - fortuna che qualcuno se ne è accorto e ha denunciato il tutto ponendo fine a questa vergogna e ripristinando la normalità.
No, purtroppo, sembra proprio che questa sia la normalità, almeno in un paese come il nostro in cui tutto sembra andare alla rovescia: infatti, oggi a distanza di poco più di un solo anno lo stipendio medio è addirittura aumentato arrivando a superare quota 131mila, cioè 13mila euro in più, nonostante lo scandalo ancora “fresco di stampa”.
Qualcun’altro, ancora speranzoso nel sistema, potrebbe pensare che il numero medio dei dipendenti sia diminuito, per far calare la spesa complessiva. Ovviamente no, anzi è decisamente aumentato, passando nel giro di dieci anni da 884 a 1.053. Quando un imprenditore (e oggi il mercato vorrebbe che tutti fossero degli imprenditori con i doveri dei dipendenti) che lavora giorno e notte per mandare avanti la propria azienda, si vede divorare il proprio guadagno da un fisco insaziabile, rischiando in ogni momento di finire nelle allettanti trappole preparate con l’avallo istituzionale dagli istituti di credito, sapere che anche un semplice usciere guadagna cifre da capogiro, decisamente ingiustificabili, sembra proprio difficile non farsi venire l’ulcera.
Qualcuno direbbe: “non ci resta che riderci sopra...” da qui lo straordinario sviluppo e diffusione della categoria dei comici, autentica valvola di sfogo della nostra, insana, società. Basterebbe solo avere un minimo di senso della realtà per evitare degli autentici paradossi, ma i politici
(Strassoldo docet) hanno ampiamente dimostrato di esserne completamente privi. E a noi non resta che piangere… dalle risate.
Gino Soccio
dal mensile FRIULINEWS.IT
dicembre 2007 pag.22

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