Milioni di dimostranti iraniani in favore della democrazia stanno affrontando una violenta repressione. I leader del regime sono divisi, anche la minima spinta incide -- abbiamo bisogno urgentemente che i governi del mondo condannino la repressione e neghino il riconoscimento al nuovo regime. Firma la petizione e inoltra questa email -- Arriviamo questa settimana a un milione di voci contro la repressione:
Oggi, i cuori e le speranze della gente in tutto il mondo sono con i dimostranti che corrono rischi terribili per le strade dell’Iran. Non importa chi abbia vinto le elezioni, la domanda adesso riguarda i diritti umani fondamentali.
I leader iraniani sono divisi, per cui anche la minima pressione incide. Con proteste nuove e massiccie imminenti, gli attivisti iraniani fanno appello urgente a una risposta internazionale unita contro la repressione violenta.
Firma la petizione in basso facendo appello a TUTTI i governi per condannare le repressioni e negare il riconoscimento di qualsiasi governo iraniano fino a quando le incertezze elettorali siano risolte pacificamente. Poi inoltra questa email ad amici e familiari -- costruiamo una protesta compatta e globale da 1 milione di voci contro la repressione:
Noi consegneremo la petizione direttamente ai leader dei maggiori partner commerciali dell’Iran, all’Organizzazione della Conferenza Islamica, all’ONU e ad altri gruppi internazionali rispettati in Iran. Una risposta internazionale unita smentirà la scusa del regime che soltanto gli Usa e la Gran Bretagna sono dietro le critiche mondiali.
Il potere della gente sta ripulendo la politica mondiale. Ma quando i leader rispondono violentemente alle proteste non-violente, dalla Birmania allo Zimbawe fino all’Iran, la solidarietà mondiale è fondamentale per mostrare ai governi che la repressione indebolisce la loro autorità, anziché rafforzarla.
Avaaz significa "voce" in Farsi, la lingua iraniana. Mostriamo al popolo dell’Iran che, per chiunque abbiano votato, sosteniamo il loro diritto a far sentire le proprie voci. Clicca in basso per firmare la petizione, e fai girare la voce inoltrando questa email:< /b>
Bocciato l'emendamento che proponeva una sanatoria. Previste sanzioni anche per le famiglie che le ospitano
Decine di migliaia di badanti irregolari che da anni vivono e lavorano nel nostro paese rischiano adesso di ritrovarsi disoccupate e di precipitare nella clandestinità. Una situazione drammatica, che inevitabilmente finirà per ripercuotersi - anche dal punto di vista penale - sulle famiglie che le ospitano e che proprio alle loro mani hanno affidato la cura e l'assistenza di anziani, familiari malati e bambini.
E' quanto accadrà tra pochi giorni, quando il Senato avrà definitivamente approvato il disegno di legge sicurezza che, tra le altre cose, introduce anche il reato di clandestinità. Per scongiurare questa possibilità, che da settimane angoscia migliaia di famiglie e di lavoratrici, nei giorni scorsi il Pd aveva presentato un emendamento in cui si chiedeva una sanatoria per le circa 600 mila persone, tra badanti, colf e baby sitter che già oggi lavorano in Italia. Emendamento bocciato ieri dalle commissione Giustizia e Affari costituzionali al cui esame si trova il testo di legge, e dove sull'esigenza di mettere fine a una situazione paradossale, visto che riguarda persone fondamentali per l'assistenza familiare, ha prevalso quella di procedere il più velocemente possibile all'approvazione del ddl tanto caro alla Lega. Un voto favorevole alla sanatoria avrebbe infatti comportato un nuovo passaggio alla Camera (il quarto) ritardando così ulteriormente l'approvazione del provvedimento. «Oggi si poteva compiere un primo passo verso la legalità - commenta la senatrice Emanuela Baio, presentatrice dell'emendamento bocciato -, ma nonostante l'evidenza dei dati e l'importanza anche economica che la regolarizzazione delle badanti avrebbe comportato, la maggioranza preferisce il lavoro nero».
Le conseguenze, drammatiche per le lavoratrici straniere, non saranno leggere neanche per le famiglie che le ospitano. Sempre secondo quanto previsto dal ddl, infatti, chi ospita un immigrato irregolare rischia l'arresto da 6 mesi e 3 anni e una multa fino a 5 mila euro. «Ironia della sorte vuole che molte famiglie hanno chiesto ormai, una o due volte, di regolarizzare la posizione di queste collaboratrici - conclude Baio - ma il governo preferisce che siano clandestine».
Da settimane ormai ai centralini di associazioni come le Acli arrivano telefonate di persone preoccupate per quanto potrebbe accadere. Sono 600 mila le lavoratrici domestiche iscritte all'Inps, e si calcola che almeno altrettante siano in una situazione di irregolarità, pur lavorando stabilmente presso una famiglia. «Le conseguenze di questa situazione potrebbero essere drammatiche», spiega Raffaella Maioni, responsabile nazionale delle Acli-Colf. «Stando alla nostra esperienza le famiglie non rinunceranno comunque all'aiuto offerto da queste persone, ma è chiaro che il clima di terrore che si è creato intorno agli stranieri potrebbe creare reazioni difficili da prevedere. Stiamo pagando una gestione non coscienziosa dei decreti di ingresso - prosegue Maioni - mentre servirebbe la programmazione di un nuovo decreto flussi».
E dire che solo poche settimane fa era stata il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna a chiedere di non criminalizzare le badanti. Richiesta accolta da Roberto Maroni, che aveva promesso un suo impegno in tal senso. «Terremo conto - aveva detto alla festa della polizia il titolare del Viminale - delle situazioni che hanno un forte impatto sociale come quella delle badanti». Ma si trattava solo di promesse elettorali.
di Carlo Lania - ROMA
e come direbbe il Berly/papi:" ma agli italiani non interessano questebadanti eversive e comuniste, meglio pensare a regolarizzare delle brave ragazze che lavorano e col loro lavoro fanno sì che anche noi, Popolo della LIBERTA' possiamo meglio lavorare, lavorare per voi che state con noi, perchè gli altri, non vanno nemmeno presi in considerazione. (Prossima LEGGE: Detassazione e libero arbitrio della professione da escort per il bene del popolo della libertà anticomunista e per la giusta causa della dnaturale degradazione della femmina in quanto in quanto tale e nulla di più, come puro strumento culturale di divertimento naturale, biologico, o come area attrezzata al giusto compenso del maschio in quanto legittimo gestore assoluto del potere ) .. ed io, non mi drogo, ... io! W la LIBERTA'.
POZZO DI AFATARAH (Afataranga in francese) E’ REALTA’
UNA PROMESSA MANTENUTA
Justine, la responsabile de la Maison de la Joie a Ouidah , è al telefono tutta contenta: è appena ritornata da Afatarah, il villaggio a cui avevamo promesso nello scorso inverno la costruzione di un pozzo. Il pozzo è terminato, ed è stato fortunatamente pronto proprio nel momento in cui la siccità cominciava a far sentire i suoi tremendi effetti. Mi racconta di come la gente sia “elettrizzata” letteralmente dalla contentezza. Per la prima volta nella storia di questo villaggio: la parola “bature’”, (bianco), non è sinonimo di paura, sfruttamento o altre cose negative. I baturè lasciano un pozzo alla loro responsabilità e alla loro cura. Certo faremo una festa coi prossimi turisti e volontari, ma il messaggio che dovrà passare, sarà quello che vi è stato dato modo di crescere e progredire come comunità, ora tocca a voi dimostrare che siete uomini veri, avendo cura del pozzo e dell’acqua che è vita. La promessa che avevamo loro fatta è stata da noi mantenuta grazie a persone umili e sincere, che si sono fidati solo della nostra parola, e penso a: Renzo, Fabrizio, a Silvia e ai suoi amici; penso a Imperia e Vincenzo turisti di Viaggi e Miraggi che del pozzo ne hanno visto solo la prima pietra; penso a Simona che ha fatto lo sforzo maggiore per intestare questo pozzo a sua nipote Silvana e da cui è partita l’iniziativa, grazie anche a tutte quelle persone e sono state davvero tante che hanno donato qualcosa. Ringrazio infine il Comitato d’Amicizia di Faenza , cui senza il suo contributo non sarebbe stato possibile avere il pozzo in tempo, prima della “grande sete”. Grazie davvero di cuore a nome dei “villagiois” e a nome de la Maison de la Joie; una bella notizia a fronte di tante notizie negative che deturpano l’immagine di questo Continente dimenticato. Vi ricordo il prossimo viaggio di turismo responsabile in Benin, il gruppo che condurrò parte il 2 di agosto e ritorna il 16 agosto; c'è ancora qualche posto, ad un prezzo veramente stracciato, occorre però prendere subito contatto con Viaggi e Miraggi.org, spargete la voce.
Ø NO ad un welfare regionale che discrimini minori, studenti e famiglie in base alla loro provenienza ØNO ai contenuti demagogici del DdL Sicurezza Ø NO a razzismo, xenofobia e discriminazioni Ø SI' ad un welfare che promuova l’integrazione e la coesione sociale, i diritti alla protezione dell’infanzia, il diritto allo studio e al sostegno alle famiglie, che sono diritti di tutti ØSI' ad ogni diritto di cittadinanza Ø SI' ad un’Italia che rispetti il diritto d’asilo Ø SI'ad una Regione e ad un Italia in cui la sicurezza sia un bene per tutti e si garantisca con la crescita culturale di ciascuna e ciascuno.
PARTECIPA SABATO 27 giugno 2009 – UDINE ore 16.00 ritrovo in Piazza San Giacomo; ore 16.45 corteo attraverso il centro fino a Piazzale Venerio, con interventi di migranti, associazioni, sindacati e del Sindaco di Udine
Iniziativa promossa dalla Rete Diritti di Cittadinanza FVG, Centro Balducci, CGIL, ACLI, RdB-CUB, Associazione Immigrati di Pordenone, Donne in Nero-Ud, Associazioni “La Tela” e “Officina del Mondo”-Ud
Prime adesioni: ALEF FVG, ANPI prov. Ud, ARCI prov. Ud, ASEF FVG, ASGI FVG, Associazioni “Bhairab” e “Bimas”-Monfalcone, Associazione Ce.Si.-Ud, Associazion Culturâl "el tomât" di BUJE, Associazione dei Serbi Nicola Tesla FVG, Associazione “ICARO”, Associazione “PSII” – Ud, Associazione “Mediatori di Comunità”, Associazione Tricolorul di Romania, Associazione UNITA' ex URSS, Associazione “Vicini di casa”, Bande Garbe, CACIT - TS, Casa Internazionale delle Donne di Trieste, CIAM, Circolo Mediatori Culturali-Linguistici dell’Acli, Cobas Scuola, Comitato “Noi non segnaliamo” PN, Comitato per i diritti civili delle prostitute, Comunità “Arcobaleno” - GO, Conferenza Volontariato Giustizia del FVG, GR.I.S. FVG – SIMM, ICS – TS, Nigerian Association FVG, Radio Onde Furlane, UIL – FVG, Partito della Rifondazione Comunista FVG, Partito Democratico FVG, Partito Umanista FVG, Sinistra e Libertà FVG, Associazione Culturale PropitQmò
All'estero, sarà capitato a molti di leggere o di sentirsi dire: ma perché Berlusconi prende così tanti voti? Il presidente del consiglio è diventato un caso oltre le Alpi per storie giudiziarie che in nessuna altra democrazia avrebbero permesso a chiunque di restare al potere. Il risultato è che la sua vicenda sta rendendo di nuovo incomprensibile l'Italia all'estero, offrendo l'immagine di un sistema paese legato al leader del cucù.
La debolezza del Cavaliere sul piano internazionale è una Maginot che nei piani di Palazzo Chigi deve reggere almeno fino al vertice aquilano del G8 in luglio. Altro che complotto, siamo alla trincea con il Vaticano addirittura tra le prime linee nemiche.
A Strasburgo, Berlusconi ha perso praticamente senza combattere la battaglia per imporre alla presidenza del parlamento europeo Mario Mauro, il suo candidato. La Germania e la Francia si sono opposte, puntando su un altro parlamentare polacco. Il voto finale ci sarà il 7 luglio ma Berlusconi ha già alzato bandiera bianca, «ci siamo resi conto di essere arrivati un po' tardi». In realtà, è andata peggio: c'è stato un no carolingio che per lui suona ad personam.
A Berlino, il problema non è l'Italia: l'altro ieri il più importante premio letterario tedesco è stato dato a Claudio Magris con l'alta motivazione che «come pochi altri si è confrontato con il problema del vivere insieme e della cooperazione tra diverse culture». A Berlino, il problema è la credibilità di Berlusconi, tra i suoi scandali casalinghi (di cui la stampa tedesca continua a dare informazione quotidiana) e certi comportamenti sospetti agli occhi di interlocutori avvezzi a fare un tutt'uno di politica e affari, come la vicenda Opel. Dove il premier ha lasciato sola la Fiat, nonostante la partita industriale fosse gestita dal governo Merkel in prima persona.
A Parigi, la più che franca diplomazia francese ha sempre malvisto il capo del governo italiano, mai amato all'Eliseo dove per altro presidenti socialisti non si vedono da un bel pezzo. A Londra hanno altri guai cui pensare, ma non è un caso che l'attacco più chirurgico sia arrivato anche qui da ambienti politici conservatori, rappresentati dal Financial Times. «Berlusconi è un pericolo e un esempio malefico per tutti», ha scritto il più influente quotidiano economico mondiale, e senza fare nemmeno una domanda.
Nell'America di Obama, la considerazione del leader del cucù sembra ancora più bassa se si guarda ai passi ufficiali, attraverso cui la diplomazia manda i suoi messaggi e governa. Dell'Italia di Berlusconi non c'è nulla da capire, la sede dell'ambasciata Usa di via Veneto a Roma è ancora vacante e la nomina del nuovo ambasciatore tarda a cinque mesi dell'insediamento del presidente americano. Certamente un caffé alla Casa Bianca non si nega a nessuno, ma il presidente del consiglio l'ha pagato con soldi non suoi, mandando altri militari e mezzi in Afghanistan.
E' noto che gli americani ragionano esclusivamente in base ai rapporti di forza. Se Berlusconi è in sella nonostante tutto, per loro è ok. La scuola Kissinger insegna che la moderazione è una virtù solo per quelle persone che pensano di avere un'alternativa. Berlusconi non ce l'ha e dunque the show must go on. Al G8 si vedrà.
di Cinzia Gubbini - ROMA SICUREZZA - L'iniziativa «Sos diritti» dell'Arci Un telefono che sventa il razzismo quotidiano «All'inizio ci hanno chiamato soprattutto persone che ci chiedevano: ma mi devo sposare?». Le preoccupazioni che agitano la società italiana di fronte all'approvazione del pacchetto sicurezza a volte sono difficilmente registrabili. Poi qualcuno, per esempio i ragazzi dell'Arci, pensa che si possa mettere a disposizione un numero telefonico. Nasce così - era febbraio - il numero «S.o.s diritti», una «linea amica» per chi vuole segnalare discriminazioni e atti di razzismo. E si scopre che del pacchetto sicurezza non fanno paura soltanto i medici o i presidi «spia» (anche quelli). Ma soprattutto il divieto di sposarsi con un immigrato senza permesso di soggiorno. Indicatore più che eloquente di quanto la società sia più avanti della politica: l'amore scocca con o senza documenti. «Ne sono arrivate davvero decine di telefonate così. E noi cosa possiamo rispondere? Che se l'evento era già programmato o se almeno si pensa di essere davvero convinti, beh sì..conviene sposarsi subito». Valentina Itri è la coordinatrice del centralino anti-razzismo. Così è stato ribattezzato il numero 800-99-99-77 a cui rispondono tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 9,30 alle 18,30, operatori qualificati. L'iniziativa dell'Arci è nata in concomitanza con la campagna «Apriti agli altri-Non avere paura», che proprio ieri ha visto una raccolta straordinaria di firme a largo Argentina a Roma - presenti il presidente della regione Lazio Marrazzo, quello della provincia Zingaretti e del vicesindaco Cutrufo che rappresentava Alemanno - promossa da associazioni e sindacati. Ma l'iniziazione per il centralino arriva con un fatto concretissimo e soprattutto molto serio: un ragazzo senegalese che viene aggredito in pieno giorno nel mercato di via Sannio. Senza che nessuno muova un dito. Su un giornale legge che esiste questo servizio. E decide di rivolgersi al centralino. Per gli operatori è il battesimo del fuoco: lo incontrano, gli presentano un avvocato, lo assistono e lo confortano nella sua decisione di sporgere denuncia. E' questa la funzione del centralino. Valentina, Nat, Rosaria e Elvis sono in grado di mettersi immediatamente in contatto con 16 interpreti e con gli avvocati, attraverso telefonate «in conferenza». Di chiamate fino a oggi ne sono arrivate circa 500. Raccontano un'Italia pericolosa, e un razzismo che si annida dove meno te lo aspetti. Una dottoressa moldava, laureata in Italia, ha dovuto ricorrere al servizio «S.o.s. diritti» per ottenere l'iscrizione all'Ordine dei medici di Vicenza. Gli operatori si sono attaccati al telefono, chiamando a rotazione l'Ordine, il ministero della salute, gli avvocati, inviando e-mail con tutti i riferimenti giuridici che attestavano il diritto della dottoressa ad accedere all'albo. Solo dopo molte insistenze è stata iscritta. Poi c'è la storia di un uomo ruandese, sposato con una donna italiana, che lavorava all'Inps. I colleghi avevano preso l'abitudine di fargli trovare attaccato sul monitor del computer i titoli dei giornali in cui si parlava degli ultimi sbarchi a Lampedusa. Lui ha chiamato il centralino per denunciare la cosa. «Era veramente demoralizzato, offeso, incredulo», racconta Nat. I ragazzi del centralino hanno cercato di incoraggiarlo a fare delle foto per arrivare a una denuncia formale. Ma lui ha preso un'altra strada: se ne è andato. Si è trasferito in Belgio, con la moglie e le due figlie. «Lì - ha detto - le coppie miste sono più normali». Oppure c'è il caso della donna rumena vestita con un abito tradizionale per una festa, che il 10 febbraio a Roma è stata fatta scendere a forza dall'autobus 23. Nessuno ha fatto niente per difenderla. Episodi di discriminazione che non risparmiano le sedi istituzionali. Arrivano telefonate da tutta Italia per denunciare che i Comuni si rifiutano di concedere la residenza anagrafica. Una cosa illegale. «Noi inviamo tutti i riferimenti giuridici - dice Valentina - e poi telefoniamo agli uffici. Quasi sempre riusciamo a farli iscrivere». Decine sono le chiamate delle persone rinchiuse nei centri di permanenza «e che denunciano condizioni di sovraffollamento e maltrattamenti», racconta Valentina. Voci che nessuno vuole ascoltare. Ma ora basta alzare il telefono.
Obama sta chiedendo con forza al governo di destra di Israele di fermare gli insediamenti, che stanno distruggendo le speranze di pace -- diamo vita ad un coro globale di voci per aiutarlo a sovrastare l'agguerrita opposizione in Israele e negli Usa:
Le cartine della Cisgiordania mostrano come i Palestinesi siano ormai confinati in parti molto ridotte della loro terra:
Il Presidente Obama ha appena tenuto un discorso straordinario in Egitto, nel quale si è impegnato personalmente a costruire la pace nel Medio Oriente. La sua prima mossa è stata sorprendentemente di sfidare il nuovo governo di destra di Israele, alleato americano -- mettendolo sotto pressione per far cessare la politica autolesionistica degli insediamenti (colonie illegali sul territorio riconosciuto dagli Usa e dal mondo come palestinese).
Questo è un raro momento di crisi e di opportunità. L'ardita strategia di Obama deve fare i conti con forti resistenze, e avrà bisogno di aiuto da tutto il mondo nei prossimi giorni e settimane per rafforzare le sue intenzioni. Iniziamo subito -- con un coro globaledi voci a supporto dell'affermazione di Obama che gli insediamenti nei territori occupati devono finire.
Faremo pubblicare il numero delle firme su importanti giornali in Israele e a Washington (dove ci sono tentativi di alienare a Obama il supporto del Congresso Usa). Leggi le parole di Obama e aggiungi la tua firma andando al link qui sotto, poi fai girare questa mail ai tuoi amici e familiari così che possano farlo anche loro:
C'è ampio consenso sul fatto che gli insediamenti siano un impediment o importante al raggiungimento della pace, un punto di vista condiviso anche da una maggioranza silenziosa di Israeliani. In combinazione con una rete di barriere e posti di blocco queste colonie ormai tappezzano la Cisgiordania, occupando il territorio e obbligando i Palestinesi a vivere come prigionieri in enclavi sempre più piccole (guarda la mappa a destra).
Fino a che questo tema non sarà affrontato sembra impossibile costruire sia un vero stato paestinese che un pace durevole, di qualsiasi sorta Per gli stati arabi che cercano di impegnarsi ad aiutare la pace il fermare gli insediamenti è un test fondamentale per la credibilità di Israele.
Dobbiamo chiedere anche alle altre parti in causa di fare passi audaci. Se riusciamo ad aiutare Obama a mantenere questa linea sugli insediamenti, a far cambiare strada alla politica israeliana e a incoraggiare i Palestinesi e altri stati arabi a offrire una mano tesa, un nuovo inizio per il Medio O riente diventa possibile.
Ma nulla di tutto questo potrà accadere senza un movimento di opinione globale che agisca e supporti il processo.Leggi le parole di Obama, aggiungi la tua firma e fai girare la voce ora:
L’attacco finale alla democrazia è iniziato! Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.
Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l’obbligo di denuncia per i medicidei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC), è stato introdotto l‘articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet“. Iltesto la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l’articolo è diventato il nr. 60. Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.
In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all’estero. Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’ apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali. Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge? Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog di Beppe Grillo e tutta l’informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l’unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube. Vi rendete conto?
Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d’interessi. Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet? Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l’Italia come la Cina e la Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile. E’ ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani.
«Lo liberiamo come regalo di compleanno». Con una e-mail inviata agli organi di stampa, il Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (Mend) ha annunciato il rilascio di Mathew Maguire, il tecnico britannico ostaggio da nove mesi nella regione. «Oggi 1° giugno è il compleanno di Mathew Maguire. Come regalo, lo rilasciamo», ha scritto il portavoce Jomo Gbomo. Il gruppo ribelle ha messo in guardia l'esercito dal non intervenire nelle operazioni di rilascio «e organizzare un'imboscata in modo da prendersi la responsabilità della liberazione». La liberazione è stata annunciata per la notte, «salvo complicazioni».
Ma poche ore dopo, con un altro messaggio, Jomo Gbomo ha fatto sapere che lo stesso ostaggio «ha rifiutato il nostro regalo, sostenendo che ormai è un simbolo per il cambiamento nella nostra regione e un membro onorario del Mend».
Prima del messaggio di ieri, il Mend aveva sempre detto che l'ostaggio sarebbe stato liberato solo in cambio del rilascio di Henry Okah, il leader del gruppo arrestato nel settembre 2007 in Angola e poi estradato in Nigeria, dove sta affrontando un processo per alto tradimento con udienze segrete. Il rilascio di Okah, già noto con il nome «the master», è considerata la pre-condizione per accettare le offerte di tregua e di amnistia avanzate dal governo di Abuja nei confronti dei gruppi ribelli. Ora, anche l'ostaggio britannico ha fatto propria questa condizione e avrebbe detto - secondo il messaggio del Mend - che «non vuole essere liberato se non sarà liberato Okah dal governo nigeriano». Dicendosi «sorpreso», Gbomo ha aggiunto che «il Mend non può espellere l'ostaggio dal campo contro la sua volontà»
Un'ordinanza del sindaco leghista vieta l'utilizzo di strumenti musicali in piazza. Polizia municipale e carabinieri in assetto antisommossa contro gli studenti che si ritrovano la sera a piazza dei Signori. Multe, proteste e due fermi. E tante polemiche
L'ultima ordinanza del sindaco Flavio Tosi (7 maggio 2009 n. 39), che vieta l'utilizzo di strumenti musicali e sonori negli spazi pubblici aperti dopo le 22, ha mietuto le prime vittime. La sera del mercoledì, da più di un anno, gli studenti, universitari residenti e fuori sede, qualche liceale, si ritrovano nella centralissima piazza dei Signori, per i veronesi piazza Dante, con il monumento al sommo poeta che fu ospite degli Scaligeri. I ragazzi e le ragazze suonano, cantano, parlano, giocano a freesbee, disegnano col gesso per terra. Molti turisti si fermano, scambiano quattro chiacchiere, socializzano. Un modo per stare insieme fuori dal circuito commerciale di discoteche e bar, a due passi da piazza delle Erbe, dove invece infuriano gli "spritzettari" della Verona bene con i Suv parcheggiati a bordo marciapiede. In piazza Dante anche le "birrette" sono autoctone e la vendita va a finanziare il mercoledì successivo. Da quando è in vigore l'ordinanza è comparso anche uno striscione che viene steso a terra "Si vive di accordi non di ordinanze" - recita innocuamente - ma è sufficiente per vedere funzionari della Digos aggirarsi tra i giovani.
Mercoledì scorso la polizia municipale decide di mostrare i muscoli e intervenire per far rispettare l'ultimo simpatico divieto. Quattro automobili degli ex vigili urbani con motori accesi e fari puntati sul centinaio di ragazzi e ragazze presenti, funzionari della questura e carabinieri presidiano la piazza fin dalle 23. Nel frattempo alcuni gipponi della polizia sono visti stazionare nei pressi del ponte Navi, a due minuti dal luogo di ritrovo. I vigili comminano le prime multe da 100 euro a due giovanissimi "bonghisti". La protesta si accende subito, con gruppi di ragazzi a circondare le pattuglie chiedendo spiegazioni, mentre qualcuno, ironicamente, fa bolle di sapone vicino alle macchine della polizia locale. Si inizia ad organizzare una colletta tra le persone presenti per pagare le contravvenzioni. Si respira un'aria incerta, c'è tensione ma anche l'intenzione di non prendersela più di tanto. Improvvisamente, guidati dal vicecomandante Lorenzo Grella, gli agenti della municipale puntano un chitarrista, circondato da alcuni amici, che ha cominciato a strimpellare in sordina. Gli chiedono i documenti, il tono è aggressivo. Un amico si mette in mezzo, il rischio vero, a parte la multa, è il sequestro della chitarra. Viene afferrato per la maglietta, strattonato e portato verso le auto delle forze dell'ordine. Lui grida: «Se mi levate le mani di dosso vi dò i documenti», intorno i ragazzi e le ragazze urlano tentando di strapparlo alle mani della polizia. Improvvisamente si materializzano agenti e carabinieri con caschi, manganelli e giubbotti antiproiettile. Un altro giovane, intervenuto per salvare l'amico, viene letteralmente assalito e trascinato in un'automobile, altri, tra cui alcune ragazze, sono spinte via con forza. Qualcuno cade, altri si raggruppano: «Vergogna, vergogna», gridano. Alcune ragazze piangono, si scambiano sguardi disperati e increduli. Lo scenario, con le dovute proporzioni, ricorda il G8 di Genova. Mentre i due ragazzi vengono portati via a sirene spiegate, si forma un corteo spontaneo che percorre le strade del centro storico e, al grido di «Verona libera, liberi tutti subito» raggiunge la questura, presidiata da polizia e carabinieri. Le ripetute richieste di informazioni sul luogo in cui sono stati portati i due studenti cadono nel nulla. Alle 3 del mattino i due giovani vengono rilasciati, denunciati per resistenza aggravata. Da loro si apprende che sono stati identificati non in questura ma al comando della polizia locale. Uno dei due deve ricorrere alle cure dei sanitari, ha un occhio nero, numerose lesioni sul dorso e un'area del capo completamente senza capelli.
Due ore di vuoto dello stato di diritto, sostituito a Verona dal volere del sindaco-podestà, con le spalle coperte dall'amico Maroni e dal suo pacchetto-sicurezza. Del resto, siamo in tempo di elezioni. Se alle amministrative del 2007 il sindaco Tosi si pavoneggiava per la sua schiacciante vittoria dichiarando che la condanna sua e dei suoi sodali per propaganda razzista era servita a raccogliere voti - l'inchiesta partì da una denuncia delle associazioni antirazziste per una campagna promossa dalla Lega contro gli zingari - qualcosa si doveva trovare per accontentare il grande ventre leghista alla vigilia delle elezioni europee e provinciali. Cosa c'è di meglio di un centinaio di universitari capelloni, forse comunisti, sicuramente un po' freak?
Una vicenda tutto sommato molto triste, che però stavolta potrebbe rivelarsi un boomerang. Persino il centrosinistra, solitamente tiepido, se non muto, di fronte alle politiche repressive e autoritarie portate avanti da questa amministrazione, si decide ad alzare la testa. Nella seduta del consiglio comunale di giovedì la capogruppo del Partito democratico Stefania Sartori chiede informazioni al presidente del consiglio comunale sul fattaccio di piazza Dante, mentre un gruppo di giovani di Generazione democratica assiste dal loggione distribuendo volantini di protesta. Venerdì mattina una delegazione composta da rappresentanti di Sinistra e Libertà, Pdci e Rifondazione si reca in prefettura a chiedere conto dell'accaduto al viceprefetto vicario facente funzione (la carica prefettizia è vacante da qualche mese). Tra l'altro, gli esponenti dei partiti della sinistra fanno osservare come «l'azione repressiva dell'altra notte, ingiusta ed inaccettabile, sia anche costata molto. La polizia di Stato - dicono - si lamenta per non avere i soldi della benzina per le volanti, perfino per fare le fotocopie e perde tempo e denaro non per contrastare la criminalità ma per multare, reprimere e bastonare ragazze e ragazzi inermi che vogliono frequentare e vivere uno spazio che è stato costruito anche per loro».
Intanto fioccano i comunicati. Sinistra Critica, il circolo Pink e gli attivisti dell'ex csoa la Chimica, sgomberato e raso al suolo pochi mesi dopo l'elezione di Flavio Tosi, dichiarano: «Comportamenti usuali in tutte le città europee diventano un "problema di degrado e ordine pubblico" per il sindaco Tosi. Disturba il potere la socialità libera di coloro che vivono e si ritrovano senza bisogno di permessi, che stanno normalmente in piazza, per animare e rendere più accogliente e calda questa città. Ma è proprio questa normalità che è considerata sovversiva, nella città che si erge a capitale del delirio securitario». E ancora, sull'evidente differenza di trattamento della socialità di piazza e sulla collaborazione polizia municipale-questura: «A quando, sindaco Tosi e vicecomandante Grella, una bella irruzione in piazza Erbe, con tanto di celerini e di manganelli? A quando, signor Questore, un atteggiamento responsabile, che prenda le distanze dalle esigenze belluine di un sindaco despota?». Domande che forse non avranno risposta, se non quella dettata alle agenzie dal sindaco in oggetto: «Suonare oltre una certa ora - commenta Tosi - reca disturbo ai cittadini, tant'è vero che, chi voglia farlo, deve per legge chiedere l'autorizzazione dell'Amministrazione comunale che, secondo l'opportunità, può concederla oppure negarla. I bonghisti sanzionati e i loro amici, purtroppo, oltre a non avere rispetto per il sonno dei veronesi non l'hanno nemmeno per le forze dell'ordine, che ringrazio invece per il loro operato». Ordine e legalità, risposte che nulla tolgono agli inquietanti interrogativi posti da Graziano Perini e Fiorenzo Fasoli, rispettivamente segretari provinciali di Pdci e Prc: «Cosa ci facevano in piazza dei Signori - domandano e si domandano - le più alte cariche della polizia, come il vicequestore ed il vice capo della Digos, assieme ad un bel numero di poliziotti? Come mai numerose testimonianze, individuano nel comportamento del vice capo dei vigili la scintilla che ha poi acceso lo scontro? Come si spiega che alla prima reazione siano immediatamente intervenuti, in forze, i poliziotti con tanto di caschi e manganelli? Il fatto era forse preordinato? Il dubbio, in questo caso, è ben più concreto di una semplice ipotesi». E ancora, ricordando le numerose aggressioni di stampo neofascista fino all'omicidio, un anno fa, di Nicola Tommasoli: «Come mai in questa città ci sono spesso agguati, aggressioni personali, perfino uccisioni e questi fenomeni ben più gravi e problematici non vengono contrastati con la stessa decisione? Qual è la politica di questa amministrazione nei confronti delle istanze giovanili? Dove sono le proposte concrete?». La risposta è di nuovo nelle parole dei movimenti: «La realtà - dicono - è che Tosi e la sua giunta fascista stanno legittimando la violenza. Le ordinanze altro non sono che una riscrittura "moderna" delle leggi razziali, il risultato di tutto ciò è l'abbassamento della soglia di tolleranza e l'inasprimento della violenza squadrista e istituzionale. Nel barbaro assassinio di Nicola Tommasoli e nel pestaggio celerino di piazza Dante ritroviamo la stessa matrice ideologica fascista e intollerante. Oggi come ieri Tosi ne è il mandante morale e politico». Per contrastare questa deriva allarmante e pericolosa, gli studenti, i gruppi, le associazioni, i partiti della sinistra daranno vita oggi pomeriggio alle 17 ad un presidio assordante, rumoroso e creativo nella piazza teatro delle violenze.
Per finire, come in tutte le storie che si rispettino, c'è anche una una canzone, perché questa disgraziata città ha, nonostante tutto, i suoi menestrelli.
Qui nella mia Verona terra di amori e di bandiere una chitarra suona ... rispondon mille capi neri.
Le fotografie, i video girati mercoledì sera, le testimonianze si trovano sul sito vietatalavita.noblogs.org